Covid e Sanità: 20mila medici esclusi dall’Albo perché cittadini stranieri

A fine febbraio il Covid19 è arrivato in Italia, cogliendo impreparato il Sistema Sanitario Nazionale. Dopo più di 37 miliardi tagliati alla sanità pubblica e la continua privatizzazione di questo settore negli ultimi anni, ai lavoratori e alle lavoratrici degli ospedali è stato chiesto di pagare il prezzo di queste scelte scellerate.

Gli ospedali di tutto il paese, e in particolare modo quelli del Veneto e della Lombardia, si sono trovati a gestire un’emergenza sanitaria di portata gigantesca senza avere gli strumenti concreti per poter operare in maniera rapida e sicura: la mancanza di dispositivi di protezione individuale, di respiratori e terapie intensive negli ospedali pubblici, di personale medico dentro le strutture e di ambulanze, ha causato una vertiginosa caduta verso una crisi pari a quella del secondo dopoguerra.

Con il sacrificio di molti lavoratori e molte lavoratrici – di cui si stima che 186 di loro da marzo a oggi abbiano perso la vita – il Sistema Sanitario Pubblico è riuscito a non collassare del tutto.

Durante il primo lockdown sono stati richiamati in servizio medici in pensione, e con il DL 9.3.2020 N.14 sono stati assunti anche specializzandi in medicina e infermieristica iscritti agli ultimi due anni di specializzazione; inutile mettere l’accento sul pericolo a cui viene chiesto di esporsi per quanto riguarda i medici ormai al di sopra dei 65 anni, e anche a vedere la condizione di precarietà a cui vengono messi i giovani specializzandi (contratti rinnovabili di sei mesi in sei mesi), possiamo comprendere perchè ancora oggi il nostro sistema sanitario si
sorregge sul sacrificio umano a discapito della dignità e della cura delle persone.

Nel 2018 si è calcolato che sul territorio italiano erano presenti 80 mila professionisti stranieri lavoratori e lavoratrici nel campo della sanità, di cui 20 mila medici. Il 65% di loro non ha la cittadinanza italiana.
Sono persone qualificate per operare nelle strutture sanitarie che vengono però sotto-qualificate e sottovalutate perchè non viene permesso loro di manifestare professionalità e maturare esperienza nelle strutture pubbliche perché originarie di altri paesi.

Per esercitare la professione quindi, molte di queste persone si sono rivolte a ospedali o cliniche private che elaborano assunzioni a tempo determinato solo per coloro che possiedono permesso di soggiorno per lavoro, per motivi familiari e per motivi di studi. Per questi ultimi, il contratto di lavoro non può superare le 20 ore settimanali, aumentando cosi la condizione di precarietà nellavita. In caso di mancato rinnovo del permesso di soggiorno, questi lavoratori e queste lavoratrici straniere vengono automaticamente cancellati dall’Albo, penalizzando la loro carriera.

Per operare nei settori pubblici – dove oggi più che mai c’è bisogno di personale giovane e qualificato – i requisiti non si limitano alla disponibilità e alle competenze della persona laureata, ma deve anche esserci il possesso della cittadinanza italiana.

L’AMSI (Associazione Medici di origine straniera in Italia) propone già da tempo di dare la cittadinanza a chi supera il concorso per Medici del settore pubblico, per integrarsi come d’accordo alla legge come ruolo da dirigenti dentro le strutture SSN. Oggi invece per i cittadini stranieri non esiste la possibilità di avere ruoli dirigenziali, posizionando le persone sulla base di questioni razziali e non di capacità.

L’emergenza Covid ha messo chiaramente in luce l’evidente mancanza di personale sanitario in Italia, dunque perché continuare a portare avanti questa discriminazione lavorativa anche nel campo dove c’è più urgenza di personale formato?

Si calcola che nel 2025 il servizio sanitario nazionale sarà privato di circa 16.700 medici e 52.500 dottori, per tre motivi: il pensionamento anticipato previsto dalla Quota 100, il mancato finanziamento statale per le borse di studio e per le specializzazioni, e per le limitazioni lavorative nei confronti degli stranieri nella Pubblica Amministrazione.

Sono sempre di più infatti i medici, gli infermieri e in generale il personale sanitario che sceglie di andare a lavorare all’estero o, nel caso degli stranieri, di tornare a praticare la professione nel paese di origine.
Questa disorganizzazione non può continuare a sopravvivere sulle spalle e sulla pelle dei cittadini e del personale medico oggi operativo.
Bisogna ripensare il sistema e immettere fondi nella sanità pubblica, sia per dar valore alle vite delle persone sia per preservare le vite di coloro che oggi continuano a tamponare questa pandemia.

Per questo è necessario che la Ministra degli Interni a il Ministro della Salute si assumano oggi la responsabilità di cambiare in generale la legge sulla cittadinanza e, in particolare, i requisiti per iscriversi all’Albo dei Medici e per praticare la professione di medico, svolgere il lavoro
di infermieri, oss; inoltre si devono velocizzare i tempi di riconoscimento del titolo per i medici stranieri già specializzati che vogliono lavorare in Italia, che lavorano sul territorio, e far tornare coloro che sono emigrati all’estero – italiani e stranieri – per i tempi di
attesa troppo lunghi.

Il 23 marzo abbiamo salutato con gioia e affetto la Brigada medica cubana Henry Reeve, decine di persone che da Cuba sono corse in aiuto nelle città di Crema e Torino quando in Italia già si contavano migliaia di morti per coronavirus.

Dare la cittadinanza italiana al personale medico con cittadinanza straniera garantirebbe oggi al Paese 20.000 medici specialisti in più settori, e sarebbe anche una conseguenza naturale al gesto di solidarietà arrivato da Cuba non solo verso l’Italia.

Lasciamo lavorare i medici stranieri che vivono in Italia, sia per rispetto degli studi svolti per riuscire ad ottenere il titolo e poter praticare una professione che salva delle vite, sia per rendere di nuovo centrali il sistema sanitario pubblico che – lo abbiamo visto alla prima ondata di contagi a marzo – è l’unico che può garantire la sopravvivenza di tutta la popolazione in caso di emergenza sanitaria.

CUB Immigrazione

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Una risposta a “Covid e Sanità: 20mila medici esclusi dall’Albo perché cittadini stranieri”

  1. Gianni Paolo Fumagalli ha detto:

    Fino a dove arriva la stupidità italiana.

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