Dieci anni fa la strage della Thyssenkrupp

Antonio Schiavone,  Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo e Bruno Santino. Sono i nomi dei sette operai morti nel disastro che avvenne nell’acciaieria Thyssenkrupp di Torino nella notte tra il 5 e il 6 Dicembre 2007.

“Pronto, sono della Thyssenkrupp in corso Regina. E’ successo un incendio. Ci sono 3/4 ragazzi bruciati!”. Queste le parole di Piero Barbetta, il primo operaio dell’acciaieria a chiamare il 118 per richiedere l’intervento dei soccorsi nella tragica notte di dieci anni fa. 

Era da poco passata l’una di notte quando, sulla linea 5 dello stabilimento torinese, sette operai furono travolti dalla fuoriuscita di olio bollente che scatenò immediatamente un terribile incendio.

Le dimensioni del disastro andarono via via delineandosi durante la giornata del 6 Dicembre.

Il primo operaio a morire, all’alba, fu Antonio Schiavone. Poi, in una tragica sequenza, nel giro di un mese, persero la vita gli altri sei lavoratori coinvolti nel rogo e rimasti gravemente feriti. Del gruppo di lavoratori coinvolti nell’incidente, l’unico a sopravvivere fu Antonio Boccuzzi, allora delegato UILM e rimasto anche lui ferito anche se in modo meno grave.

Durante i diversi processi, duramente avversati dalla multinazionale tedesca, emerse che lo stabilimento di Torino era in dismissione e che l’azienda aveva progressivamente ridotto gli investimenti in sicurezza.

Nelle testimonianze degli operai emerse che alcuni dei lavoratori coinvolti nella strage erano in turno da 12 ore e che al momento della tragedia alcuni estintori e idranti non avevano funzionato e che le linee telefoniche interne avevano fatto scena muta.

Il 10 Dicembre 2007 30.000 persone avevano sfilato a Torino in un corteo rabbioso aperto dallo striscione con la perentoria scritta: “Basta morti sul lavoro”. Un corteo che aveva testimoniato anche un forte senso di solitudine di un mondo operaio, quello torinese, che per anni era stato protagonista di un ciclo di lotte vincenti e che, come del resto tutto il mondo del lavoro negli ultimi 30 anni, si era trovato via via frantumato, messo ai margini e privato di una forte rappresentanza sociale e politica.

Dopo un iter processuale di 8 anni, il 29 Maggio 2015, la Corte d’Appello di Torino ha emesso le seguenti condanne: 9 anni e 8 mesi inflitta all’Amministratore delegato Harald Espenhahn, 7 anni e 6 mesi a Daniele Moroni, 7 anni e 2 mesi a Raffaele Salerno, 6 anni e 8 mesi a Cosimo Cafueri e 6 anni e 3 mesi a Marco Pucci e Gerald Priegnitz. Gli ultimi 5 tutti manager dell’azienda ai tempi del disastro. I reati contestati sono: omicidio colposo, omissioni di cautele antinfortunistiche e incendio colposo aggravato. 

Il 13 Maggio 2016 la Cassazione ha reso definitive la sentenza e la Procura Generale di Torino ha emesso gli ordini di carcerazione per i 4 imputati italiani.

Per quanto riguarda i due imputati tedeschi questi sono ancora liberi in Germania. L’Italia ha chiesto che, come da accordi bilaterali, scontino la pena nel loro paese. Ma dagli ultimi aggiornamenti di Ottobre, secondo il Fatto Quotidiano, mancherebbe alla richiesta solo un documento che, secondo la giustizia tedesca non sarebbe mai arrivato e secondo quella italiana sarebbe stato perso dai tedeschi in fase di ricezione.

Continueremo a seguire la vicenda in un periodo in cui, purtroppo, gli infortuni sul lavoro hanno ripreso ad aumentare.

 

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