Italia 2015: il paese di Expo
Milano 2015 la città di Expo. Lunedì scorso il ministro Lupi ha ratificato un accordo che trova (drena) diversi milioni di euro per finanziare opere additorie ad Expo (Tem, Brebemi, Pedemontana ecc ecc), opere che sicuramente non saranno pronte per il maggio del 2015, anzi nemmeno saranno iniziate.
Expo inizia a mostrarsi per quello che è, non una possibilità di rilancio della città ma una scusa per drenare risorse pubbliche e realizzare opere impattanti per il territorio. Particolare il fatto che molte di queste opere finanziate con denaro pubblico saranno gestite da aziende private (con partecipazione pubblica).
Ridurre Expo alla sola città di Milano è un po’ riduttivo, nemmeno il concetto di metropoli e tutto il suo dinamismo in continuo movimento e senza confini può racchiudere e perimetrare il raggio d’azione del grande evento che il 1 maggio 2015 si abbatterà nel nostro paese.
Qualche avvisaglia si poteva già avere pensando al lascito che le Olimpiadi hanno lasciato laddove negli ultimi anni si sono svolte. Cosa accomuna Expo alle Olimpiadi? La scusa. I grandi eventi sono scuse che giocando sul valore sportivo/turistico/culturale/economico dell’evento permettono di vendere trasformazioni sistemiche e invasive del territorio per riqualificazioni di alcune aree delle città, o dei luoghi dove l’evento si svolgerà. Trasformazioni permanenti e praticamente irreversibili per eventi temporanei.
Non si può negare il valore sportivo/turistico/culturale/economico delle Olimpiadi (o dei mondiali di calcio) forse ci sarebbe qualcosa da obiettare sulla questione Expo che è un opera/evento fuori dal tempo per il suo senso, ma assolutamente attuale non solo per creare la scusa per speculare, cementificare e drenare denaro pubblico ma anche per giocarsi partite geopolitiche legate a piani economici.
Sarà forse per questo che sino ad oggi non si parla molto dei contenuti e degli accordi Anci – Expo e di tante altre questioni che di giorno in giorno svelano il lato nascosto di Expo 2015 ma quello che viene agitato con potenza e forza è uno spot all’evento. Da Vandana Shiva a Emma Bonino, dalla Rai con il canale tematico alla politica di palazzo, dalla regione alla città invasa di manifesti bianchi con il logo.
Di Expo non si sa nulla, ma si sa che ci sarà , che inizierà il 1 maggio per finire con il mese d’ottobre.
L’uscita di Lupi di lunedì fa capire un pochino di più qual’è il progetto Expo 2015, un progetto che vuole andare a modificare con forza non solo la metropoli milanese ma tutta l’area a lei collegata, aggiungendo cemento al cemento, spendendo denaro pubblico invece che usare gli stessi soldi per dare servizi ai cittadini, servizi o welfare state che in un periodo di crisi dovrebbero essere preservati, aiutati e finanziati per provare a dare e permettere un futuro possibile a tantissime persone.
Ma non ci fa capire solo questo, ci fa capire come Expo sia già di per se iniziato e soprattuto che Expo non finirà con il mese di Ottobre del 2015. Gli accordi che in questi giorni vengono pensati, agiti e ratificati avranno un’onda lunga, che andrà molto oltre la fine di Expo e non parliamo solo (per quanto la cosa di per se non è da poco) di trasformazioni permanenti dei territori finanziate con soldi pubblici (con conseguente ampliamento del debito pubblico, debito che è motore dell’ultima fase della crisi economica e forma di ricatto delle banche nei confronti dei paesi) ma anche di sottrazione di risorse economiche collettive, come nel caso dell’accordo di Lunedì che purtroppo non è il primo e probabilmente non sarà l’ultimo, senza dimenticare che all’interno del decreto “svuota carceri” e “del fare” ci sono articoli che se approvati permetteranno lo sfruttamento di forza lavoro gratuita tra popolazione carceraria, stage, e volontariato oltre le percentuali già permesse per legge. Eh si, Expo è un evento di utilità pubblica e collettiva e per questo si può chiedere sforzi e sacrifici.
La logica del grande evento non è dissimile da quella della crisi, ovvero creare le condizioni “sociali” per chiedere e ottenere senza opposizione l’autosfruttamento per poter raggiungere un “obiettivo salvifico”.
La logica del grande evento è molto più ampia di quella delle grandi opere, come abbiamo visto il grande evento diventa da un lato “giustificatore” di opere attorno a sè, ma può puntare anche a diventare norma giuridica e creatrice di debito a diversi livelli.
Insomma Expo 2015 è un affare, una scusa, un’occasione ghiotta di declinazione selvaggia del paradigma finanziario su un territorio che può essere sfruttato e sui cui fare legislazione. Il territorio è ampio e mutevole e può avere i contorni della metropoli (e suoi intorni), per quel che riguarda le trasformazioni e le speculazioni edilizie, ma può avere i contorni del paese per quel che riguarda drenaggio di risorse pubbliche (non che Città, province e regioni non ne siano investite) e del sovvertimento dei diritti sul lavoro (forse non solo).
Insomma Expo 2015 rischia di diventare elemento di discontinuità trasformandosi in norma e soprattutto in esempio riproducibile altrove, un nuovo step nella logica del grande evento, uno step che nemmeno le Olimpiadi di Torino e neppure quelle di Atene avevano raggiunto. In Brasile per i mondiali di calcio 2014 alcuni degli elementi di novità di Expo si ritrovano.
Un futuro tetro si aggira sopra di noi, un futuro fatto di grandi eventi e grandi opere. Ma un futuro si può subire o si può scrivere in altra maniera.
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