Milano 23 Gennaio, una bella giornata
Milano 23 Gennaio.
Che non sarebbe stata una piazza ordinaria lo si è iniziato a capire la mattina.
Quando il profilo Fb della Regione Lombardia ha iniziato ad essere travolto da un vero e proprio fiume in piena di commenti critici contro l’improvvida scelta di Maroni.
Non dieci, non cento, ma migliaia.
Un passo indietro…
Quale improvvida scelta direte voi?
Quella di comporre la scritta “Family Day” sul grattacielo Pirelli in versione notturna.
Una scelta oscurantista capace di far sprofondare Milano, una metropoli contraddittoria e difficile, ma spesso e volentieri dinamica e avanzata, indietro di anni e anni.
Del resto Maroni e i suoi non sono nuovi a queste trovate.
Dopo una serie di leggi e regolamenti studiati appositamente per sfavorire i migranti sul piano dei diritti ecco una nuova scelta di campo.
Quella di far partecipare la Regione al “Family Day” di settimana prossima.
A difesa della “vera famiglia”.
Di quale “vera famiglia” si parli poi non si capisce bene…
Ma torniamo alle tematiche importanti.
Una piazza piena come non si vedeva da tempo nei giorni in cui la fascisteria varia cerca di ritagliasi uno spazio in città.
Difficile muoversi e fendere la folla ieri pomeriggio.
Una piazza variegata, sia per composizione sociale che anagrafica. Ci potevi incontrare colleghi di lavoro così come amici delle superiori che non vedevi da anni.
Una piazza che si è mobilitata, oltre che per la vergogna in cui ci ha fatto sprofondare la scelta del governatore leghista anche per affermare che forse è giunto il momento che l’Italia la smetta di essere il fanalino di coda europeo nel campo dei diritti civili.
Siamo ormai stati superati dalle Grecia di religione ortodossa e rischiamo di essere superati dalla cattolicissima Irlanda (dove la potentissima chiesa locale ha pagato pesantemente gli scandali degli ultimi anni) dove però, giova ricordarlo, l’aborto è ancora illegale.
Qui la CEI (la Conferenza Episcopale Italiana) cerca ancora di dettare la linea, ma i tempi di Ruini, del suo interventismo e della sua organica alleanza col centro-destra sono lontani.
Sul “Family Day” lo stesso Papa Francesco è stato tiepido.
In aggiunta a ciò anche in Italia gli scandali pesano e CL non sembra nelle condizioni di forma migliori tutta protesa com’è nella continua ricerca di un nuovo referente politico dopo Berlusconi (ma forse lo hanno già trovato…).
Quello che preoccupa, più che la forza del mondo integralista (tutti contro l’integralismo islamico…ma quello di casa nostra va bene) è la continua autocensura di ampi settori della sinistra istituzionale.
Alcuni, a poche ore dalla discussione della proposta di legge sulle unioni civili, cercano di dimostrarsi più realisti del re cercando di compiacere non si sa bene chi.
Altri tentennano e rimettono tutto in dubbio.
Peccato che tutti questi tentennamenti non si siano visti in occasione dell’approvazione del Jobs Act che ha fatto ulteriore carne da macello dei diritti dei lavoratori. Oppure quando si è trattato di approvare la Riforma Fornero sulle pensioni che ha bastonato un’intera generazione di lavoratori (quelli nati nei primi anni ‘50) che hanno visto spostarsi di anni l’agognata meta del riposo.
Evidentemente i dubbi e i tremori emergono solo quando c’è da allargare l’offerta dei diritti.
Ma probabilmente sottovalutiamo la società italiana.
Ripiegata su se stessa e in balia dei populismi di destra, ma ancora capace di stupire.
Del resto è successo già negli anni ‘70.
Molti ricordano un PCI a dir poco balbettante su divorzio e aborto.
I dirigenti comunisti dicevano che i questiti referendari avrebbero “minato l’unità delle masse popolari”.
Tutti sanno come andò a finire…
Nel Maggio ‘74 gli Italiani mandarono a casa Fanfani e le derive bigotte della DC.
Occhi e orecchie aperte quindi.
Nella consapevolezza che il diritto al “matrimonio” non è la tappa finale.
Che le battaglia sui diritti è molto più ampia e tutta in salita.
E che anzi, non deve essere un’unica battaglia, ma più battaglie capaci di intervenire nei vari settori della vita sociale.
Da quelli legati al genere a quelli del lavoro, passando per la scuola e arrivando ai migranti.
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