Oktoberfest
Nell’Estate 2007, subito dopo lo sgombero dell’occupazione di Volturno 33, un gruppo eterogeneo di compagni decise di iniziare a raccogliere racconti ed interviste sui 20 anni precedenti di movimento a Milano.
Non era un periodo facile per chi faceva politica dal basso e l’intenzione era quella di produrre un libro che riuscisse a trasmettere un po’ di memoria su quel che era stato.
Poi, nell’Autunno del 2008, venne il grande movimento universitario dell’Onda e tante altre cose presero vita.
Ognuno si ributtò a seguire nuovi progetti ed il libro rimase una bella idea nel cassetto.
Approfittando del lancio del nuovo sito di MIM, iniziamo a pubblicare settimanalmente alcuni dei racconti che erano stati raccolti ormai 7 anni fa.
Ai tempi, quando proponemmo ai compagni di scrivere il loro vissuto, la traccia era fondamentalmente libera.
Ne vennero fuori tante storie interessanti, di cui molte, inutile negarcelo, parlavano di episodi di conflittualità di piazza.
Il movimento ovviamente è molto altro e non si riduce mai ai soli “scontri”. Noi però abbiamo deciso di pubblicare il materiale come lo ricevemmo all’epoca. Se vuoi proporre un tuo racconto scrivi pure a: milanoinmovimento@gmail.com
Buona lettura!
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Oktoberfest
Te la racconto così: hai presente il film “Once were warriors”?
Sai la scena in cui lui dice “stasera tutti a casa mia!” e poi si vedono macchine su macchine che partono dal locale dove stanno bevendo e poi parcheggiano davanti a casa sua e scende una cifra di gente, chi con una cassa di birra, chi con una chitarra, chi con salcazzo cosa!
Ecco, quella sera sembrava così: c’era un flusso continuo di gente che saliva in macchina e si gettava per strada alla velocità della luce. I compagni più tosti, certo, ma anche un casino di gente non ti dico sconosciuta ma insomma, del giro largo… ecco, frequentatori, persone diciamo non militanti. Tutti in macchina verso il Ticinese, più precisamente Via De Amicis, al centro anarchico occupato.
Lì davanti la stessa scena: macchine in doppia fila, un continuo arrivo di automobili che scaricano gente da ogni dove, chi con un legno in mano, chi con altro…
I nazi avevano per l’ennesima volta fatto non mi ricordo bene cosa, forse tirato delle sassate al De Amicis, comunque era da ormai un po’ di tempo che la storia andava avanti, c’era già stato l’accoltellamento di Andrea Rossini sul portone del Leoncavallo, quello fatto da Leo Tozza, Max Bergomi e compagnia. C’era stato l’accoltellamento del “gemello” dei punkabbestia alla vecchia Fiera di Sinigallia, quella in Via Calatafimi, dove effettivamente capitava di vederli il sabato pomeriggio e all’inizio non capivi bene com’era la storia, perché c’era ‘sta menata che erano skin, ma che non tutti gli skin erano nazi, perché c’erano gli apolitici, ma gli apolitici erano ambigui perché giravano coi nazi e salamadonna non si capiva un cazzo se non quello che vedevi, e cioè che questi erano brutti da far schifo, aggressivi e violenti e, insomma, se non erano tutti nazi erano comunque tutti una roba oscena e inguardabile.
Se non mi sbaglio c’era anche già stata quella volta del corteo che avevamo fatto in zona Fiera, coi nazi che alla fine erano arrivati e la Polizia che s’era messa in mezzo, noi eravamo di più, gli sbirri avevano fatto salire loro su di un pullman e li avevano portati via. Io ero abbastanza giovane e in cordone mi son ritrovato in prima fila, e a dirti la verità non è che mi sentissi proprio sicuro… cioè, urlavo e facevo tutto quello che c’era da fare, compreso il tentativo di sfondare il cordone di sbirri e andare ad acchiapparli, dopodiché io non sono mica Karatekid, cioè, io mi ci metto perché è giusto che lo si faccia, ma poi dentro di me spesso mi cago in mano. Cioè… è strano, perché è un misto di robe, di sensazioni: da un lato ho paura, ma dall’altro è una situazione che cerco, che voglio, che faccio in modo che ci sia. Alla fine basterebbe stare non dico tanto, ma solo cinque metri più indietro, fai il terzo cordone e non il primo, e già puoi star tranquillo che se vuoi non ti succede niente. Eppure non ce n’è, ti mettevi lì, sempre in prima fila, e anzi sgomitavi per esserci… un po’ incoscienza, un po’ cuore e generosità, un po’ coerenza di comportamento con le parole… un po’ mi piaceva e un po’ mi impauriva…
Vabbè, comunque, davanti al De Amicis arriva un botto di gente e ora non mi ricordo com’è partita, sta di fatto che l’Oktoberfest, il pub dove si ritrovavano ‘sti nazi, era esattamente a metà delle Colonne, quindi in linea d’aria uno sputo. Insomma, parte ‘sto assalto: tutti abbiamo qualcosa in mano e si carica che sembra veramente una carica come te la immagini che debba essere, con la gente che urla a squarciagola e corre in avanti… madò, sembra Braveheart a dirla così, cazzo mi vien da ridere…
Vabbè, si carica, loro non ricordo quanti erano, non pochi ma nemmeno chissà quanti, boh, quindici, venti e c’erano anche un po’ di tipe, mamma che brutte, quelle non le toccherei manco con un bastone. Comunque sta di fatto che un tot di loro scappano o cercano di scappare, altri ci si mettono, sai com’è, loro hanno ‘sta menata del cazzo dell’onore, dello spirito guerriero e via discorrendo, per cui li vedi che provano a mettercisi, che poi al di là dello spirito guerriero è che si devono salvare la pellaccia, che se no son cazzi. E insomma si prendono di tutto, robe che volano, bastonate, calci pugni… ‘na fracca di botte che era una figata da vedere che te lo spiego, poi non è che sul momento ci capisci molto, lanci, fai, disfi, ma è tutto un po’ confuso. Io l’unica cosa che se vuoi posso dirti per certo è che ad un certo punto uno di questi ha tirato fuori la lama e ha fatto il gesto di venirci sotto, ed il F., che all’epoca era proprio bello piazzato e palestrava dalla mattina alla sera, gli va sotto credo con un legno, o comunque con qualcosa, il tipo si prende una botta, ma anche il F. finisce che scivola in terra e una mini-ciapponata se l’è beccata, forse di striscio non saprei, sta di fatto che io ero lì dietro e a quel punto toccava a me farmi avanti, a tirar su il F. prima che ne beccasse un’altra, a proteggerlo, a cercare di tirar giù il tipo… per fortuna che mentre son lì che mi chiedo se puntare prima al pelato o soccorrere il F. ‘sto nazo di merda si becca una bottigliata in piena faccia che gli si rompe tutto e incomincia a grondare sangue. Marò, manco a prender la mira lo pigliavi così bene! Oh mica l’ho tirata io… eh, magari! Mi piacerebbe dirti che l’ho steso e tutto quanto, ma la verità è che non ho idea da dove sia arrivata ‘sta bottiglia, comunque bella lì! Il tipo barcollando si rifugia dentro l’Oktoberfest che ormai le avevano prese da tutti i lati e stavano cercando di salvarsi il culo che l’aria iniziava ad essere veramente pesa…
Le moto ed i motorini lì davanti finiscono tutti per terra, poi arriva P. con due bocce, una per mano, come un pazzo, così, a volto scoperto, una la butta sulla saracinesca, l’altra sulle moto che intanto già qualcuno aveva iniziato ad aprire i serbatoi così bruciavano meglio… Poi più nulla. Tutti spariti. O forse non ricordo io. Però è così.
L’ultima immagine che ho è delle moto che bruciano.
La sera dopo… Siamo al Leo a bere e ghignare, poi ovviamente i racconti sentiti mille volte, hanno detto di mille storie diverse che di bocce ce n’erano anche altre, e a questa ci credo, perché all’epoca insomma ne avevamo sempre un po’ pronte o comunque l’occorrente per farle, che tizio ha fatto così e cosà, e caio questo e quest’altro lascia stare, che le cose non sono proprio così! Tutti eroi dopo l’assalto ai nazi, ma in realtà quella volta è andata bene per un motivo semplice, e cioè che dopo quella sera sono spariti per anni!
Cioè, tu conta che tra chi ha dovuto lavorare per ripagarsi le moto, locali che non li volevano più perché avevano paura di quello che poteva succedere, il giro largo loro, quelli non tanto convinti, quelli che eran lì più per la moda di fare brutto che per radicata convinzione politica, che ovviamente dopo una nottata così si fan due conti e col cazzo che gli conviene andare in giro con gli altri pelatoni convinti!
Mettici anche che in quel periodo un par di loro son spariti, morti di aids, perché i signorini facevano tanto quelli contro ogni droga ma poi un bel po’ di loro si faceva delle mestolate di roba che in tutte le piazze d’eroina di Milano erano più conosciuti loro che Pippo Baudo in tv!
Metti che dopo un po’ è arrivato il Decreto Mancino, e sarà pure poco bello da dire, ma come succede a noi succede anche a loro e le ondate repressive non è che ti lasciano indifferente, e se sono botte robuste le accusi e non ci sono cazzi!
Insomma, diciamo che quella volta a Milano tra Decreto Mancino, morti di roba e botte in piazza nel giro di poco han preso una serie potente di uno-due-uno che li ha stesi per qualche anno.
Una di quelle botte che per rimetterti in piedi ce ne vuole, non ci riesci subito, e lo fai pian piano, lentamente, anche perché quelle botte non solo t’hanno stroncato le gambe e sei andato giù dritto, quelle botte soprattutto t’hanno minato dentro, nella testa, e non ti senti più sicuro, non hai più fiducia in te e intorno a te, e scorre scoramento, delusione e rassegnazione.
Questa è stata la potenza di quella volta, non la quantità di botte date al singolo, nessuno di loro quella sera s’è dovuto far medicare più di tanto, è che se la sono presa sul grugno sul più bello, quando credevano che ormai era fatta, s’erano conquistati un angolino di città dove stare e da cui partire per fare brutto in giro, e invece col cazzo, gli sei arrivato a sorpresa, proprio dentro casa loro, proprio mentre si sentivano che stavano svoltando.
Sbam!!! Dritto in faccia!
Per un po’ finalmente ci siamo potuti occupare d’altro.
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ma che anno era esattamente? Nel racconto non c’è scritto…
Poteva essere il 1990 o il 1991 (stavo tipo ai primi anni di liceo)?
Il fine settimana lo passavamo tra la fiera di Senigallia in darsena (in fondo, verso il mercato comunale, con i punkabbestia e gli indici di baba C.) e il circolo di via De Amicis, e da smilzo e per nulla allenato ricordo molto bene anche la paura di incrociare i nazipelati sui tram o per strada – che pajura quella volta che fecero la calata a passo dell’oca da via Torino… -. Per fortuna le poche volte che si affacciarono in fiera non durarono molto alle catenate e alla rabbia selvaggia di Pc e Tb e compagnia, e il dopo oktoberfest fu davvero liberatorio :)
I fatti narrati sono del maggio 1992.