Un po’ della mia Metropolix….

 

Metropolix

Nell’Estate 2007, subito dopo lo sgombero dell’occupazione di Volturno 33, un gruppo eterogeneo di compagni decise di iniziare a raccogliere racconti ed interviste sui 20 anni precedenti di movimento a Milano.
Non era un periodo facile per chi faceva politica dal basso e l’intenzione era quella di produrre un libro che riuscisse a trasmettere un po’ di memoria su quel che era stato. 
Poi, nell’Autunno del 2008, venne il grande movimento universitario dell’Onda e tante altre cose presero vita. 
Ognuno si ributtò a seguire nuovi progetti ed il libro rimase una bella idea nel cassetto. 
Approfittando del lancio del nuovo sito di MIM, iniziamo a pubblicare settimanalmente alcuni dei racconti che erano stati raccolti ormai 7 anni fa. 
Ai tempi, quando proponemmo ai compagni di scrivere il loro vissuto, la traccia era fondamentalmente libera. 
Ne vennero fuori tante storie interessanti, di cui molte, inutile negarcelo, parlavano di episodi di conflittualità di piazza. 
Il movimento ovviamente è molto altro e non si riduce mai ai soli “scontri”. Noi però abbiamo deciso di pubblicare il materiale come lo ricevemmo all’epoca. Se vuoi proporre un tuo racconto scrivi pure a: milanoinmovimento@gmail.com 
Buona lettura!

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2 Marzo 2000 ore 8.00 circa

Fa freddo nella gabbia, sono fradicio, il gas dei lacrimogeni ti taglia il respiro, l’acqua dell’idrante che ci sparano addosso e il suo vapore mi annebbiano la vista.
Non capisco bene cosa stia succedendo, ma sento dei corpi a me cari che si stringono, diventiamo una cosa sola.
E’ questa la nostra unica forza….

1 Marzo 2000 ore 20.00 circa

La gabbia è proprio di fronte al portone di casa, al civico 6 di piazza Minniti.
La gabbia è fatta di tubi Innocenti saldati tra di loro nei punti fondamentali, la stanno costruendo Marione, Lollo e Krastini, sono armati di saldatore e occhiali da sole, stanno facendo proprio un bel lavoro.
Ormai è buio, ma in strada c’è fermento, c’è chi sta portando fuori le ultime cose, chi parla con la gente della zona per spiegargli quello che si preannuncia per le ore seguenti, etc …
Io ho portato fuori il mio stereo, quello che mi ha accompagnato in questo anno e mezzo di vita a Metropolix, ho fatto una selecta di cassettine importanti, ho steso uno telo verde fluo di 1 metro per 10 proprio al centro della piazza, mi guardo un attimo intorno, apro i colori e inizio a scrivere: “Metropolix Teenage Riot”, una lettera sotto l’altra, in rosso e nero, vogliamo appenderlo da una delle finestre del 4° piano, come fosse la nostra bandiera pirata.
Ci sentiamo un po’ dei pirati, un po’ degli apache, un po’ i penultimi dei moichani.
Il giorno prima ci siamo rasati tutti la testa, chi con la cresta storta, chi dritta, chi lunga, chi corta, chi a pelle, come in un rito collettivo, pronti al peggio.
Luogo della cerimonia: la cucina del terzo piano aka la Casbah.
Più che una semplice stanza all’interno della casa occupata, qui per un anno e mezzo una decina di ragazzi e ragazze hanno imparato cosa vuol dire vivere insieme: dal riuscire a mangiare tutti i giorni, al non soffocare nel casino e nei piatti sporchi, dal non impazzire ogni due per tre perchè qualcuno ha fatto la cazzata, allo star bene con poco, a volte con niente.
Una cucina dove la mattina era più facile fumarsi un chilom che fare colazione, dove sul frigo c’era segnato chi aveva messo i soldi per la spesa e chi quelli per la ganja, dove il giorno del mercato il frigo era pieno e alla sera si era già in carestia viulenta.
Era anche un luogo dove dare libero sfogo alla creatività, perché a parte le discussioni dalle quali nacquero pregevoli iniziative al Deposito Bulk o in giro per la città, bisogna ricordare che tutte le pareti della stanza, soffitto compreso, erano piene di scritte e disegni: dal testo completo di “Bom Cilomo” dello zio Gruff, agli insulti verso sbirri e politici, alle cazzate più totali.
Gente ne era passata veramente tanta e chiunque lasciava un suo ricordo, il giorno in cui ci apprestavamo ad andarcene il giallo ocra con cui avevamo tinteggiato le pareti quasi non si vedeva più.
Una Casbah all’interno di una casa dove succedeva un po’di tutto; dove una mattina mentre eri nella reception dell’ostello arrivavano persone a dir poco stravaganti: Matteo il bresciano tatuatore e cilumaio, Nello ‘o poeta, Marino importatore di coralli, Sandrino il leccese, … e tu con carta e penna ti ritrovavi a segnarli così sul registro, internet non era ancora per tutti e i registri erano dei quaderni rossi a quadretti con l’adesivo di Metropolix appiccicato sopra, quello con il detournement del logo di McDonald che avevano fatto il Gatto e la Tizzy.
Pensieri, ricordi, facce, risate, crisi, tragedie….…
Come quando un paio di mesi prima bruciò il tetto di casa, me lo ricordo ancora come fosse ieri. Mezzogiorno, sono in casbah vicino ai fornelli, guardo fuori dalla finestra che dà sul cortile e vedo del fumo, il tempo di uscire dalla stanza e arriva Maurino che mi dice: “Andiamo a fuoco! A fuoco!”, scendiamo le scale per cercare gli altri e capire che fare, ma invece dei nostri soci incrociamo due simpatici poliziotti, che pistole alla mano ci dicono: “Fuori tutti ! C’è un incedio”. Con molto savoir faire gli facciamo notare che gli incendi non si spengono con le pistole, che quella è ancora casa nostra e quindi è meglio che escano.
Mentre li facciamo uscire, arrivati sul portone di casa ci rendiamo conto che la piazza è piena di macchine di sbirri e quando arriverà l’autopompa dei vigili del fuoco bisognerà aspettare che tutti quei geni in divisa spostino le loro inutili macchine per poter iniziare a spegnere il fuoco..
Ma la situazione diventa ancora più surreale quando in piazza si presenta…Udite! Udite!: l’assessore al demanio Antonio Verro, non gli sembra vero di poterci sgomberare per l’inagibilità dello spazio.
Da quando abbiamo occupato l’abbiamo messo alle strette, non sa più cosa inventarsi per dire che l’unico ostello per i giovani a Milano va sgomberato, ed ora rilascia dichiarazioni mentre noi lo subissiamo di insulti, trattenuti da un improvvisato cordone di canazzi.
Io sono un misto di incazzatura e principio di congelamento, è Gennaio e sono in tuta e ciabatte, dopotutto mi ero appena svegliato, per fortuna che ci sono gli zii e le zie di Pergola e Garigliano che vista la situazione portano giacche e scarpe a noi sfollati.
Sfogo tutta la mia rabbia su un carabiniere pieno di gradi e patacche sulla divisa, che se ne sta compiaciuto in mezzo alla piazza, gli vado sotto riempiendolo di parole solo per il fatto di essere lì, tanto che a un certo punto i miei mi portano via prima che mi portino via i loro.
Penso un po’ a tutto questo mentre finisco lo striscione, che intanto è diventato un lavoro a più mani con l’aiuto di Alice e della Manu, penso che tra un tot di ore lui sarà appeso e noi saremo a difendere casa senza troppe speranze ma sicuramente con molta determinazione e soprattutto con la voglia di continuare a cercare una casa per tutti noi, dove sperimentare ancora la vita che in questo ultimo periodo ci ha fatto crescere tutto d’un colpo,

3 marzo 2000 ore 12.00 circa

La gabbia la stanno ancora smantellando, si vede che i loro non sono esperti come i nostri.
Il marciapiede davanti a casa è ancora bagnato dall’acqua dell’idrante, per terra c’è sparso ancora il polistirolo con cui i “Veneziani” e i NZO$ ci avevano decorato la gabbia, i poliziotti non capendo che dietro il polistirolo c’era una gabbia di ferro sono arrivati alla carica con manganello alla mano pensando di poter distruggere tutto e tutti, ma quando hanno capito che così non era ci sono rimasti molto male e noi una risata sotto il passa ce la siamo fatta.
Gh ghh ghhh !!!!
La prima nottte senza casa l’ho passata insieme ad altri a casa della Cami, tra the caldi e la consueta scarica di chilom, da domani mi hanno dato ospitalità in Pergola, ma a breve si occupa di nuovo che senza tetto non ci si può stare e soprattutto senza fratelli e sorelle si impazzisce.

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