Un ricordo: la notte nera di Milano
Quando è successo ero all’estero a fare la tesi.
Ero appena arrivata. Paralizzata in un internet cafè, ho letto quello che era successo: davanti al locale che frequentavo spesso prima, all’ospedale San Paolo, proprio nel quartiere in cui sono nata, cresciuta e abitavo, dopo.
Ero raggelata dal fatto che un atto così terribile e incredibile fosse avvenuto proprio “dentro casa” in luoghi familiari, amici e in cui mi ero sempre sentita sicura.
Quella notte ha cambiato per sempre la mia percezione di quei luoghi.
Ho ascoltato, al mio ritorno, tutte le storie delle cariche feroci all’ospedale San Paolo: non volevo crederci. Perché accanirsi contro le persone venute a vedere lo stato di salute di qualcuno dopo un fatto del genere? Ancor di più quando la persona è morta o è in condizioni critiche, come è possibile aver gestito in questo modo la rabbia, la preoccupazione, lo sgomento dei suoi amici?
Nonostante non ci fossi, ho seguito sempre con apprensione la vicenda. I processi, l testimonianze, le mostre. All’estero e in giro per l’Italia, gli anni dopo, ho sempre raccontato a tante persone questa storia, a dimostrazione del fatto che a volte la nostra “democrazia” svela dei buchi neri e delle falle che fanno paura. Soprattutto, a dimostrazione del fatto che episodi di una gravità enorme vengono facilmente insabbiati e gettati nel dimenticatoio, quando sono scomodi e coinvolgono soggetti di potere o svelano contraddizioni.
Ad oggi ancora la vicenda di Dax mi dà i brividi e mi smuove qualche cosa di profondo, indignazione, rabbia, senso di impotenza. Il ricordo è sempre vivo e forte e la volontà di mantenerlo tale, anche. Per questo ci sarò al corteo del 16 marzo.
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