Processo G8: le violenze di Bolzaneto sotto la lente della Corte Europea
Valerio Onida: «C’è stata la violazione della Convenzione Europea». Lo Stato deve rispondere per la mancanza del reato di tortura, il ritardo dei risarcimenti nei confronti dei danneggiati e la mancata sospensione dei pubblici ufficiali.
Sono passati 12 anni dal G8 di Genova, quando nella caserma di Bolzaneto 150 fermati hanno subito da parte di pubblici ufficiali violenze fisiche e psicologiche. In quelle giornate di Luglio 2001, mentre arrivavano più di 300mila manifestanti da tutto il mondo, uno stabile della caserma di Bolzaneto, sede del Reparto Mobile della Polizia di Genova, era stata trasformata in istituto penitenziario provvisorio: un punto di smistamento dei fermati del G8, dove i manifestanti sarebbero dovuti velocemente passare solo per il foto-segnalamento e la visita medica.
Ma, invece di poche ore, i fermati sono rimasti anche due giorni, subendo maltrattamenti da parte di poliziotti, guardie penitenziarie e personale medico. Di questi pubblici ufficiali solo una quarantina sono stati identificati e per questo processati. 4 gli assolti, 7 i condannati penalmente; per gli altri imputati i reati penali sono caduti in prescrizione e sono stati dichiarati responsabili dei fatti ai soli fini civili, quindi condannati al risarcimento danni nei confronti delle vittime.
Per queste condotte criminose, la Cassazione ha condannato anche i Ministeri dell’Interno e della Giustizia al risarcimento. Secondo la legge avrebbero dovuto cominciare a pagare sin dalla sentenza di primo grado, 5 anni fa, ma così non è andata. Infatti, solo a fine Settembre di quest’anno il Ministero dell’Interno ha comunicato che si inizierà con il risarcimento di 31 parti offese, le uniche 31 che hanno fatto ricorso alla Corte Europea. Per gli altri non c’è ancora niente di ufficiale.
Nonostante per il processo di Bolzaneto la Corte di Appello parli di “trattamenti inumani e degradanti o azioni di tortura” che esprimono “il massimo disonore di cui può macchiarsi la condotta del Pubblico Ufficiale”, la tortura non è perseguibile come reato, perché nell’ordinamento penale italiano non esiste. Dopo aver raccolto il ricorso dei manifestanti, e in base ai termini dell’articolo 3 della Convenzione Europea che l’Italia ha ratificato nel 1955, ora è proprio la Corte Europea dei diritti umani a chiedere ufficialmente informazioni sull’adeguatezza delle sanzioni previste dalla legge italiana nei casi di tortura e di trattamenti inumani o degradanti.
Inoltre uno degli standard richiesti dalla Corte Europea è la sospensione dei pubblici ufficiali in corso di processo. Ad oggi, invece, le istituzioni non si sono ancora pronunciate su eventuali procedimenti disciplinari. Al contrario, come denunciano gli avvocati delle parti civili, alcuni di quegli ufficiali oggi condannati sono stati anche promossi negli anni. Anche di questo lo Stato dovrà rispondere alla Corte Europea per i diritti umani.
Le giornate del G8 di Genova hanno dato seguito ad altri processi e quello di Bolzaneto non è l’unico procedimento in cui sono stati coinvolti membri delle Forze dell’Ordine: la Cassazione ha confermato le condanne per le violenze della Polizia durante l’irruzione alla scuola Diaz-Pertini, mentre è stato archiviato il procedimento penale nei confronti del carabiniere che ha sparato a Carlo Giuliani.
Il processo per devastazione e saccheggio, per cui 10 manifestanti sono stati condannati lo scorso anno, vedrà l’ultima battuta domani (13 Novembre), quando verrà valutata la concessione delle attenuanti per 5 di loro. Il reato prevede comunque pene che vanno dai 6 ai 15 anni di reclusione, che i manifestanti stanno già scontando.
Tag:
bolzaneto corte europea G8 genova tortura