Sulla chiusura di McDonald’s in galleria a Milano

L’ultimo pasto “democratico” di McDonald’s in Galleria Vittorio Emanuele a Milano è una cosa che fa riflettere.
Nell’epoca della crisi globale, dei pochi soldi, delle incertezze sul futuro si potrebbe pensare che le oltre 5 mila persone che ieri dalle 13,00 hanno fatto la fila per mangiare e bere gratuitamente un hamburger, delle patite fritte e una coca cola fossero spinte dal bisogno di accaparrarsi un pasto, invece c’è molto di più.
C’è di più se pensiamo che l’amministratore delegato di McDonald’s si lancia in una serie di dichiarazioni come le seguenti :«Mi spiace che alcune parti che governano la città si dimentichino di sentire i bisogni dei nostri concittadini» «È un’ingiustizia. La Galleria non è frequentata solo dal mondo dell’alta moda ma da ragazzi e persone di tanti ceti sociali e noi riusciamo a coprire buona parte di questi bisogni». «Siamo un punto di riferimento per molti milanesi, speravamo di poter essere un bel complemento all’offerta con un locale rinnovato, mettere in Galleria soltanto turismo e alta moda per noi è un grande errore».
Prima di soffermarsi sulle dichiarazioni di un alto dirigente di una delle più grandi multinazionali al mondo è bene riportare alcune delle parole raccolte tra la folla in fila.
Mentre conducevo un programma su Radio Popolare ho avuto la fortuna di sentire le parole delle persone in attesa dell’ultimo panino in galleria raccolte da un inviato. Le persone erano un misto tra il triste e l’arrabbiato, definivano quel luogo come un punto di ritrovo e di aggregazione. Non solo, altri criticando i costi dei bar del centro consideravano McDonald’s come “pesce piccolo” che soccombeva alla volontà dei “pesci grandi” (cioè gli altri esercizi commerciali).

Sono cresciuto politicamente nella metà degli anni ’90 e tra il ’99 ed il 2001 ho vissuto all’interno di quello che è stato definito il movimento dei movimenti.
11 anni fa credo che il senso critico sul ruolo e operato delle multinazionali fosse molto più alto.
Credo che fosse diffuso e conosciuto il concetto di omologazione in fatto di gusti, usi e costumi che imprese con McDonald’s, Ikea, Starbucks, Nike ecc ecc determinavano.
All’epoca credo fosse impossibile che una catena di fast food potesse lanciare un’iniziativa chiamata “ultimo pasto democratico” perchè, suppongo, si sapesse tutto quello che dietro a quel pasto vi era.

Ora in questa fine 2012 cosa mette in moto la consapevolezza che un Mcdonald’s venga visto come spazio d’aggregazione, come luogo di “democrazia” perchè fornisce cibo a “basso” costo, come si reagisce difronte ad un amministratore delegato che definisce un’azienda che da sempre ha praticato la precarietà come rapporto lavorativo, lo sfruttamento delle riserve idriche e dei grandi latifondi, la globalizzazione del gusto e dei consumi come punto di riferimento per i cittadini e soggetto capace di rispondere ai bisogni delle persone?

Se Masi si permette di rilasciare certe dichiarazioni alla stampa nazionale e non, se migliaia di persone soffrono per la chiusura di McDonald’s (quando un altro è aperto a poche decine di metri) forse è un segnale che lo sviluppo massivo dell’economia neoliberista è arrivato ad un livello talmente alto da  ribaltare la bussola del senso e del controsenso. Viviamo nell’assurdo che una multinazionale si senta di predicare “democrazia”, “senso civico e sociale” e che persone si indignino per la chiusura di un esercizio commerciale e non per la chiusura (o lo sgombero) di spazi sociali, culturali, aggregativi e magari che offrono servizi a costi bassissimi o addirittura gratuiti.

Tristemente mi viene da dire che questo è uno dei sintomi della malattia, e che questa è una delle declinazioni dell’impotenza cultura e politica che il complesso mondo della “sinistra radicale” si vive in Italia (e probabilmente in senso più ampio in tutto il mondo occidentale) e con essa un’esplicitazione della sconfitta politica subita da quel grande movimento.
La crisi strutturale del capitalismo è una certezza, ma assieme a questa certezza mi viene da pensare che dovremmo essere certi che il paradigma del capitale neo liberale è inserito intrinsecamente nelle menti di molte persone e questo rende molto molto più difficile trovare una via alternativa che possa essere maggioritaria, e che un’alternativa che vuole essere maggioritaria debba passare tenere conto di fenomeni e sentimenti come quelli espressi ieri, non mettersi ad un livello superiore.

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3 risposte a “Sulla chiusura di McDonald’s in galleria a Milano”

  1. Jacopo ha detto:

    bravo cegna, quello che scrivi è vero, anche se mortificante. Discorsi sul “panino democratico” li ho sentiti fare anche a gente di sinistra (ci vorrebbero le virgolette, perchè seriamente vorrei capire a quale minimo atomico si dovrebbe ridurre questa parola). Questi discorsi (solo in parte aiutati dalle campagne pubblicitarie o dai pasti popolari da McDonald’s di Obama) suggeriscono l’idea assurda che McDonald’s abbia una “mission” anticlassista. Come se per McDonald’s l’importante non fosse, come è ovvio, vendere a più persone possibili. Come se dietro l’hamburger, le crocchette di pollo e le patatine non ci fossero il massacro di milioni di animali negli allevamenti intensivi, lo sfruttamento dei lavoratori, la deforestazione…In fondo sono riusciti a convincere quasi tutti che siamo solo consumatori; che il consumo è un fatto innocuo, che il nostro ruolo di consumatori si riduce alla difesa del diritto di un panino a costo basso. Punto. In questo schema di pensiero il “democratico” è colui che ti include nel proprio mercato. Quello che offre a (quasi) tutti la possibilità di comprare da lui. Se viene accettata questa assegnazione di ruoli, pensare a un’alternativa è impossibile.

  2. tonto ha detto:

    Che Mac Donald sia una multinazionale del cibo spazzatura credo sia scontato anche per chi ci va a mangiare. Che mangiare su tavoli sporchi serviti da schiavetti non abbia nulla di democratico mi pare evidente.
    Oltre al generale bisogna però anche guardare al particolare: la galleria e quindi “quel” Md.
    Il centro di Milano negli ultimi decenni si è trasformato in una succursale del Duty Free di Malpensa, sotto la galleria sono sparite quasi tutte le librerie, è sparita la telecom e si è riempito di pelatoi per turisti e per chi non è a caccia di griffe è rimasto solo un self service.
    Aprire spazi sociali in periferia è una consolazione un po’ snobistica per chi vive in una città che costruisce il suo turismo sui marchi (il duomo, il cenacolo, la moda) e che caccia gli abitanti dal centro.
    Sentire come proprio un posto che offre pasti a basso prezzo in centro vuol dire anche reclamare il diritto a fare parte della città e non farsi rinchiudere nelle riserve di periferia.
    La cacciata della plebe dal salotto buono è un’altra forma di repressione preventiva come lo è stato trasformare gli obei obei in un mercatino di natale dimenticandosi persino del patrono!

  3. KingLiar ha detto:

    McDonald sicuramente commette e ha comesso i peggiori crimini della storia. Però, per la maggior parte delle persone, il cibo è sfizioso e costa poco rispetto ad altro. Inoltre era veramente un luogo di ritrovo per le masse di qualunque estrazione sociale. Il mondo gira così e alla gente piaceva andare da Mcdonald in galleria. E se una cosa piace alla maggioranza della gente vuol dire che è democratica.
    Se poi ovviamente non va bene nemmeno questo… bhè chiudetevi con i vostri MacBook nei vostri “spazi aggregativi” e divertitevi lì.

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