Aleph – Le ragioni di un’occupazione

Nel pomeriggio è stato occupato in via Licata 46 (zona parco Lambro) lo spazio studentesco Aleph che ospiterà alcune giornate di dibattito e incontro sullo stato in cui versa il mondo dell’istruzione dopo più di un anno di pandemia.

Qui la spiegazione di Studenti Tsunami del senso profondo di Aleph.

Aleph: la concretizzazione del percorso teorico che abbiamo affrontato in questi mesi. Un percorso che è stato a tratti complicato e ingarbugliato, in cui abbiamo tentato di osservare e analizzare la scuola nel modo più preciso e accurato possibile. Abbiamo scelto di chiamare il nostro progetto Aleph, come la prima lettera della lingua fenicia, la prima del primo alfabeto. Rappresenta l’inizio della cultura occidentale, ed è da lì che vogliamo partire con le nostre riflessioni e scendere il più a fondo possibile nell’analisi scolastica, finchè non rimarranno solo i suoi elementi, le lettere fondative, da modificare e combinare. Solo decostruendo e analizzando quello che già è stato fatto in passato, in commistione con la nostra sensibilità moderna e la creatività di un gruppo eterogeneo, si può costruire una realtà migliore.

Aleph è un esperimento: volevamo costruire una scuola che rispettasse il nostro modello  ideale e che riflettesse il contenuto di questo manifesto. Abbiamo deciso di occupare momentaneamente uno spazio abbandonato della nostra città per convertirlo in una scuola, rivendicando la necessità di dare più spazi all’istruzione e alla cultura. Abbiamo scelto uno dei tanti edifici che rimangono vuoti e inutilizzati, mentre le nostre scuole sono  costantemente sovraffollate e bisognose di nuovi spazi. Quando ci si ritrova ad avere più studenti che aule, si è costretti a creare dei gruppi classe molto numerosi, che risultano però molto più difficili da gestire per l’insegnante. Ogni alunnx ha delle necessità diverse, e più studenti ci sono, meno tempo si riesce a dedicare a ognunx di essx. Il problema delle classi  pollaio è stato ancor più evidente quando, durante la pandemia, non è stato possibile mantenere le distanze interpersonali all’interno delle aule. Il sistema scolastico ha fatto ricorso alla didattica a distanza e si è industriato nella ricerca di soluzioni più disparate: si è pensato di dividere la classe in due gruppi che si alternavano tra casa e scuola, si è pensato di fare lezione la mattina per alcunx e al pomeriggio per altrx. Gli ingressi e le uscite sono stati scaglionati e si sono cercate nuove vie di accesso agli edifici scolastici. Non si è pensato, però, di sfruttare gli spazi inutilizzati della nostra città, per permettere ad ogni studente di frequentare la scuola in presenza mantenendo le distanze di sicurezza. Per questa ragione Aleph sorge in uno luogo abbandonato, dimenticato: per dimostrare che gli spazi ci sono e  dovrebbero essere sfruttati al meglio. Nello spazio che abbiamo scelto abbiamo organizzato alcune lezioni divisx in gruppi di 15 persone per favorire la valorizzazione di ogni individuo in quanto singolo e non gruppo. Abbiamo cercato di impostare le lezioni in modo che si  staccassero dalle modalità tradizionali: esse si sono svolte in cerchio, in modo che tuttx potessero guardarsi negli occhi e per sottolineare come l’insegnamento secondo noi non debba essere unilaterale, ma un percorso collettivo. Le modalità stesse che vengono utilizzate da ogni insegnante hanno seguito questa corrente di pensiero: abbiamo chiesto alle persone che abbiamo invitato di distaccarsi dal modello di lezione frontale e nozionistica e di favorire il dialogo e la fluidità del pensiero attraverso gli argomenti. Le lezioni che si sono svolte sono state quelle canoniche: Storia, Letteratura italiana, Inglese… Le abbiamo però interpretate e adattate seguendo le nostre necessità e i nostri desideri e abbiamo introdotto anche educazione sessuale, educazione ambientale e l’ora di attualità e diritto. Nel pomeriggio abbiamo organizzato diversi laboratori di arte e musica.

Abbiamo fatto tutto questo perché quest’anno più che mai è stato mandato un messaggio chiaro: le nuove generazioni NON sono la priorità in Italia e non lo saranno nel futuro prossimo. A pari delle università, le scuole secondarie sono state gestite con delle toppe.

Sono state infatti le prime a chiudere e quelle con meno certezze sui protocolli da rispettare o sulle date di riapertura. Il sentimento collettivo è di forte amarezza da parte di una generazione che si vede accantonata, dimenticata per quella che si può riassumere con inefficienza e pigrizia. E non possiamo permetterci di stare zitti davanti a questo suicidio  indotto (perché un paese che non sviluppa i giovani muore), non possiamo permettere di accettare passivamente questi svantaggi, di rassegnarci alle difficoltà, come studenti abbiamo deciso di reagire, e di lanciare questo grido sordo, di autoaffermazione e di forza collettiva.

Dopo ogni crisi bisogna ricominciare e noi crediamo in un futuro dove si possa ricominciare dalle basi, da chi è giovane, dall’istruzione; dove si possa ricominciare dal principio del principio di tutto il sapere e l’evoluzione culturale, la prima lettera del primo alfabeto: che si ricominci da Aleph.

Il testo completo di ALEPH-Manifesto

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