Crisi Covid: l’istruzione “salvata” dai privati

Le politiche dei governi mantengono ormai da trent’anni il paradigma dei tagli all’istruzione pubblica, e adesso, in piena emergenza Covid-19, abbiamo appurato che la scuola non era minimamente preparata a livello economico ed organizzativo ad affrontare un’emergenza di questo calibro. Lo possiamo notare da come la didattica sia stata velocemente riorganizzata: il fantomatico e-learning, esortato dalla Ministra dell’Istruzione Azzolina, ha portato con sé una lunga serie di disagi, dalla trasmissione del sapere non garantita a tutte le classi sociali di studenti per la mancanza di dispositivi elettronici e reti internet, al lavoro degli insegnanti, spesso poco o per nulla capaci di utilizzare le varie piattaforme di apprendimento e comunicazione a distanza, per non parlare della mancanza di dialogo costruttivo tra professore e studente e dei danni alla salute che possono causare le troppe ore passate davanti ad uno schermo.

Dopo le prime direttive da parte del governo abbiamo assistito a una risposta nazionale disomogenea: l’assenza di indicazioni precise da parte del Ministero e la mancanza di piattaforme statali volte all’apprendimento a distanza hanno portato ad iniziative e soluzioni confusionarie e diverse per ogni scuola e talvolta anche docente e questo, oltre a confermare l’incapacità delle istituzioni di prendere provvedimenti democratici e univalenti per tutta la Nazione, non garantisce, come detto prima, un’uguaglianza sociale nell’accesso allo studio.
Ed ecco che la società, diventata ormai una sanguisuga che si nutre di soldi, si chiede: perché non ricavare profitto anche dalla cultura e dall’istruzione delle nuove generazioni?

Il Ministero ha infatti informato i cittadini italiani di aver sostenuto un incontro con esperti per allestire una task force che garantisca un’istruzione uniforme agli studenti durante questo difficile periodo storico. Gli ospiti? Tecnici di Rai e Treccani, ma soprattutto rappresentanti di Microsoft e Google.
Molte scuole italiane hanno adottato come piattaforme per le lezioni online Microsoft, che già prima dell’inizio dell’epidemia dotava le scuole del 65% dei suoi prodotti, Google e Apple, sistemi e software, tuttavia quasi sempre incompatibili con altre applicazioni poiché la scuola è da sempre terreno di scontro tra i colossi della tecnologia; in altri Paesi le multinazionali hanno occupato del tutto lo spazio educativo.

Agli inizi della pandemia, infatti, le grandi aziende del digitale si erano proposte per supportare il nuovo piano di apprendimento a distanza; Amazon promuovendo piattaforme di e-learning per scuole primarie e secondarie e assistenza web a pubblica amministrazione e imprese, Microsoft con soluzioni di smart working e assistenza tecnica ai lavoratori e Google, tramite servizi per le videoconferenze.

Già allora sarebbe stato opportuno che il Ministero dell’Istruzione avesse provveduto a emanare protocolli che regolamentassero e limitassero la libertà di questi e che, sopratutto, specificassero in modo chiaro che finita l’emergenza il controllo dei mezzi d’istruzione tornerà allo Stato.

La paura è però che questa sempre maggiore innovazione digitale si protragga oltre l’emergenza. Paura accreditata dal fatto che l’utilizzo obbligatorio dei digital devices privati nelle scuole stesse indirizzando già molto tempo prima della pandemia verso questa direzione, a favore di una didattica che portasse sempre meno allo sviluppo di capacità critica di fronte a ciò che viene imposto e dato come realtà stabile, immutabile e soprattutto benefica per il suo essere prodotto di uno sviluppo fortemente innovativo. Sono molte le aziende ad aver dichiarato che i benefici delle tecnologie digitali per migliorare il sistema educativo non saranno confinati nel periodo d’emergenza, e di star invece considerando la possibilità di proiettare i loro progetti nei mesi e negli anni a venire, verso un adattamento e un cambiamento dell’educazione su larga scala, per raggiungere i loro obbiettivi di trasformazione delle nuove generazioni e quindi della società futura.

A questo punto è necessario stare attenti, perché se durante la crisi sociale da virus sono i grandi investitori privati a decidere come dev’essere organizzata l’educazione a distanza, è ben poco probabile che il loro intervento nel settore sia propenso a fermarsi entro i limiti temporali della situazione attuale.

Ribadiamo quindi la fondamentale importanza per la scuola di essere ben distante da una logica di mercato, di favorire lo sviluppo di un sistema d’istruzione pubblico e di azzerare le disuguaglianze sociali, attualmente ancora più evidenti.

Rete Studenti Milano

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