Linguistico Manzoni, le ragioni di un’occupazione
Scrivevamo ieri dell’occupazione del liceo linguistico Manzoni (da non confondersi col classico) di via Deledda. Un’evento in qualche modo “storico” poiché la scuola non veniva occupata da quasi trent’anni.
Qui il comunicato che spiega le ragioni dell’iniziativa.
Introduzione
Qualche settimana fa abbiamo fatto girare un questionario studentesco, per dare la possibilità alla componente studentesca di esprimersi liberamente e in modo anonimo su questioni delicate che troppo spesso non vengono trattate propriamente o vengono sminuite da chi queste situazioni non le vive. Abbiamo ricevuto tantissime risposte che, purtroppo, ma non inaspettatamente, delineano una situazione preoccupante all’interno della nostra scuola. Lo studio è generalmente accompagnato da sentimenti quali ansia e stress, con evidenti conseguenze sul benessere psicologico, come testimoniano le percentuali dei riscontri ottenuti.
Questo tipo di analisi è però solo un campione di quella che è una realtà estesa nel sistema scolastico italiano, che si fonda su concetti come il merito e la competitività che alimentano un continuo stato di pressione.
Serve un cambiamento: la scuola deve essere un luogo in cui ci si può sentire a proprio agio e liberə di esprimersi. Con questa occupazione vogliamo far sentire la nostra voce e far capire che la scuola non deve essere vissuta come una prigione, ma come un luogo dove potersi realizzare e crescere.
Un paese che non si interessa delle proprie scuole è un paese senza futuro ed è per questo che la nostra critica è rivolta soprattutto alle istituzioni, che non si rendono conto del disagio che si percepisce in ogni scuola italiana. La nostra critica, dunque, è rivolta alla nostra scuola, in quanto inevitabile proiezione delle problematiche sistemiche , di cui abbiamo avuto conferma grazie al questionario compilato da noi studenti, protagonistə di questo modello di scuola.
Alcuni dei punti che riteniamo importanti da mettere in discussione sono gli obiettivi e i metodi del sistema scolastico, non adatti a tuttə lə studenti, che portano ad un’istruzione standardizzata, la mancanza di attenzione alla salute mentale dellə studenti, le strutture fatiscenti delle scuole, il PCTO, il concetto di merito e le valutazioni e il rapporto con lə docenti.
Salute mentale
Studiare dovrebbe essere sinonimo di crescita e scoperta di sé. Eppure, per tanti ragazzi e ragazze, lo studio più che fonte di arricchimento e passione, finisce per essere sinonimo di ansia, frustrazione e sofferenza e moltə studenti subiscono il peso della competizione con i propri compagni e del giudizio attraverso il voto.
Il nostro istituto, purtroppo, non è esente da questa situazione. Chiaramente la scuola non è l’unico fattore da tenere in considerazione quando si tratta di salute mentale, ma gioca sicuramente un ruolo fondamentale e bisognerebbe prenderne atto. Per molti genitori e docenti il benessere psicologico non è qualcosa di cui preoccuparsi e talvolta sembrano voler mettere in difficoltà lə studenti per “temprarlə”. D’altronde, anche la nostra Presidente del Consiglio Meloni e il Ministro dell’Istruzione Valditara pensano che l’umiliazione e la competitività siano qualcosa di positivo, anziché un fenomeno da arginare, legittimando così comportamenti tossici per l’ambiente scolastico.
Per moltə docenti gli interessi dellə studenti al di fuori della scuola sono superflui e sembrano ignorare che possano avere difficoltà che impediscono loro di studiare. Infatti, gran parte dellə studenti sono incoraggiati ad abbandonare le proprie attività extrascolastiche per dedicarsi interamente allo studio. Questo è anche dovuto al fatto che la nostra scuola ha un monte ore molto più elevato di altri licei, che va a sommarsi all’elevato carico di studio.
La mancanza di empatia da parte dellə docenti è uno dei problemi maggiormente riscontrati nella nostra scuola e forse sarebbe ora di capire che l’eccessiva severità non è necessariamente funzionale all’apprendimento. Inoltre, bisogna riconoscere che lo sportello psicologico offerto dalla scuola (che in molte altre scuole è addirittura assente) non è assolutamente sufficiente a soddisfare le richieste di aiuto psicologico dellə studenti. Pertanto è necessario iniziare a prendersi cura della salute mentale sia nelle scuole che su tutto il territorio nazionale, facilitando l’accesso ai percorsi di psicoterapia.
Valutazioni
La riprova del buon funzionamento dell’apparato scolastico è interamente basata sulle valutazioni numeriche che lə studenti di tutta Italia ricevono quotidianamente perché sia certificato che il sistema sta funzionando. In base a come questa modalità ci viene presentata a scuola, il voto ha il solo scopo di misurare la nostra specifica prestazione in un determinato giorno per verificare le conoscenze e le nozioni apprese fino a quel momento. Spesso, quando dobbiamo sostenere una prova, verifica o interrogazione che sia, ci sentiamo dire che non dobbiamo preoccuparci del voto che prenderemo, perché l’esito del nostro lavoro servirà semplicemente a noi e all’insegnante per appurare che abbiamo capito ciò che abbiamo studiato, accertandosi di non essere rimasti indietro. Dunque, se unə studente ha fatto molta fatica a capire e studiare un certo argomento, non dovrebbero esserci problemi nel caso in cui la prova sostenuta vada male. Allora come mai l’idea di dover affrontare un’interrogazione o una verifica genera nellə studenti ansia, panico, agitazione, apprensione e tante altre spiacevoli sensazioni?
L’idea del voto è un tormento, la media un chiodo fisso nella mente dellə studenti.
Assegnare un numero per valutare la performance dellə studenti è un concetto arcaico, che non tiene conto dei fattori umani, delle aspirazioni e dei talenti personali di ogni studenti. Il voto si limita a certificare le conoscenze ma non le competenze, non essendo in grado di valutare la complessità di un percorso scolastico, fatto di diverse competenze e diversi approcci allo studio da studente a studente. In base a questi semplici numeri si viene giudicatə e spesso trattatə in modo diverso, creando ostilità all’interno delle classi, anziché favorire la cooperazione. Il voto arriva a definirci come persone: per gli altri, noi siamo il voto che prendiamo. Non tenendo conto dei talenti e delle attitudini personali, il voto mina l’autostima e la sicurezza: prendere un brutto voto viene percepito come un fallimento se non addirittura un’umiliazione, non perché siamo troppo suscettibilə, ma perché la narrazione che ci viene imposta è quella di dover sempre dimostrare di essere all’altezza, anche per guadagnarsi il rispetto di chi ci ha di fronte, di chi con quel voto ci ha etichettato. Se invece si è abituatə a prendere bei voti, l’ansia da prestazione non cala di certo. Al contrario, sentendo l’esigenza di essere sempre all’altezza delle aspettative, si è costrettə a fare ogni volta il possibile per non essere una delusione, talvolta spingendosi allo stremo per dimostrare, di valere qualcosa. Sono proprio questi meccanismi a generare ansia e stress all’interno delle mura scolastiche, dove si respira un’aria asfissiante e dove non è raro imbattersi in qualche ragazzo o ragazza in lacrime.
Vogliamo immaginare una scuola diversa, dominata da sentimenti più sereni, dove lo studio torni ad essere un interesse genuino, una forma di arricchimento personale che prescinde dal giudizio esterno, in cui lə studente non è costrettə a calibrare il proprio impegno in funzione del voto e della media.
Metodi di valutazione più sereni dovrebbero quindi abbandonare l’analisi numerica delle virgole e dei decimali, della media aritmetica e ponderata e avere come unico fondamento l’idea di aiutare lə studentə nel loro percorso, di aiutarlə ad individuare eventuali lacune o imprecisioni, fornendo consigli e direzioni da seguire, spronandolə a continuare, dimenticando l’approccio punitivo che vuole vederci o come eccellenze, piccoli trofei da esibire, o come quellə che sono stati schiacciatə dal peso della scuola e che non ce l’hanno fatta.
Merito
Non sono solo i voti a creare un’atmosfera di competitività e angoscia, ma anche il clima culturale, creato da politica, scuola e giornali, che considerano il successo accademico e la ricerca di perfezione l’unico obiettivo da perseguire. Coloro che riescono a raggiungere questi standard di perfezione vengono idolatrati e presi ad esempio, facendo sentire inadeguatə chi quei risultati li ha raggiunti impiegando più tempo o con più difficoltà.
Tutto questo è legato al concetto di merito, o meglio di meritocrazia, che è stato inserito nella denominazione del Ministero dell’Istruzione, ora diventato “Ministero dell’Istruzione e del Merito”. Il Ministro dell’Istruzione Valditara ha spiegato che questa parola sta ad indicare l’intenzione del governo di andare contro a una scuola classista, per permettere anche alle persone meno abbienti di accedere ai più alti gradi di studi, se meritevoli, seguendo l’articolo 34 della Costituzione. Tuttavia, la parola “merito” sta a indicare l’esatto opposto, poiché non fa altro che legittimare le disuguaglianze sociali. Questa tendenza a valutare l’impegno, la dedizione, il merito appunto, a partire dai risultati che si ottengono, senza considerare le condizioni di partenza che hanno permesso o impedito a una persona di raggiungere quegli obiettivi prefissati fa sì che la meritocrazia finisca per essere una giustificazione delle disuguaglianze e un’esaltazione del privilegio, più che del valore dell’individuo.
All’interno della scuola, la meritocrazia rischia di distanziarsi dal concetto di equità, creando un clima di conflitto e gerarchizzazione, perché stabilisce uno stesso livello (il massimo dei voti, il programma) a cui tutti devono tendere. Vengono quindi spesso ignorate le differenze di ogni studente, il suo background familiare, culturale e le differenze di partenza di ognuno. Il voto a scuola determina i meriti e i demeriti dellə studenti, così come il suo valore. In realtà, alle istituzioni scolastiche e allə docenti sarebbe chiesto di valorizzare le capacità di ogni studente, di adattare le modalità formative per far fruttare le aspirazioni e gli interessi in modo flessibile, ponendo al primo posto la persona che apprende, non i risultati da lei attesi. In questo modo la retorica meritocratica si trasforma velocemente in una forma di autolegittimazione delle élites, un meccanismo di amplificazione delle diseguaglianze e di colpevolizzazione di chi rimane indietro. Per dare potere, remunerazione economica, posizioni sociali elevate e credito ai “meritevoli” occorrerebbe che tutti avessero le stesse opportunità di partenza, cosa che non avviene nell’Italia di oggi.
Un sistema scolastico meritocratico riflette la nostra società sempre più individualista, che ci spinge a fare i nostri interessi e ci porta a screditare gli altri, anziché collaborare con loro.
Noi vorremmo costruire una società diversa, in cui eguaglianza e solidarietà (tra l’altro principi cardini della nostra Costituzione), vengano prima del beneficio individuale.
Docenti
Il rapporto tra docenti e studenti, altamente soggettivo e variabile, è generalmente vissuto come un rapporto necessariamente impari da parte di entrambe le parti. Non vogliamo mettere in discussione l’autorevolezza dellə docenti in quanto guide nel nostro percorso scolastico, ma pensiamo ugualmente che non dovrebbe essere uno strumento per dissimulare il dialogo con lə studenti, importantissimo per rilevare eventuali problematiche che possono riguardare ambiti molto diversi, partendo dal livello strettamente scolastico, arrivando anche a conflitti a livello interpersonale. La scuola è fatta di persone che, da ogni lato, possono commettere degli sbagli, mettersi in discussione e migliorarsi, come anche far valere le proprie posizioni. Ciò non vuole legittimare comportamenti arroganti per cui lə studenti hanno la presunzione di saperne di più dell’insegnante; al contrario, l’intento è promuovere il dialogo e l’ascolto, poiché in quanto studenti è facile sentirsi schiacciatə dal peso dell’autorità dellə docenti con cui abbiamo bisogno di confrontarci e con cui spesso sentiamo un inevitabile senso di impotenza che ci impedisce di far valere il nostro pensiero.
Nella nostra idea di scuola, lə docenti sono nostrə alleatə, non nostrə nemicə. Essendo la componente fondamentale della nostra istruzione, il rapporto che abbiamo con loro influisce molto più dei nostri singoli interessi e preferenze sul rendimento nella materia specifica. Per questo avere un rapporto sano e duraturo con lə nostrə insegnantə è essenziale.
Purtroppo, però, anche lə docenti devono affrontare enormi insidie nel mondo della scuola, dato che il precariato, ampiamente diffuso all’interno della scuola italiana, mette in estrema difficoltà sia docenti, che si vedono costretti ad un lavoro sempre in bilico, sia lə studenti che si trovano a dover cambiare figura di riferimento anche più volte in un anno, dovendosi adattare costantemente a nuovi metodi e strategie. I dati raccolti grazie al nostro sondaggio dimostrano che più della metà dellə studenti accusa di aver cambiato troppo spesso docenti e che ciò ha influito sul loro percorso di studi. Non è raro vedere un insegnante, a cui magari si è anche particolarmente affezionati e con cui ci si è trovati molto bene a livello didattico, abbandonare il proprio lavoro, consapevoli del fatto che questo cambiamento improvviso è spesso dettato da più che leciti ragionamenti di tipo economico sul lungo termine, per cui la persona in questione si vede costretta a scegliere fra il lavoro che vorrebbe realmente svolgere e il lavoro che le consente maggiore stabilità.
PCTO
Dal terzo anno di scuola superiore è obbligatorio svolgere delle ore di corsi formativi al mondo del lavoro. La quantità di queste ore varia a seconda del percorso di studi, ma la sostanza è la stessa: lə studenti devono partecipare a corsi spesso inutili e svolgere lavori non retribuiti che non arricchiscono la loro esperienza formativa.
Nella nostra scuola il 39,6% dellə studenti ha trovato il PCTO poco o per niente utile e riportavano di aver fatto esperienze completamente scollegate al loro percorso scolastico. Passare ore ed ore ad ascoltare persone che spiegano come viene fatto il loro lavoro, a fare fotocopie negli uffici, a dare indicazioni nei musei non arricchisce la formazione individuale e non avvicina al mondo del lavoro, ma anzi, porta lə studenti ad accettare e legittimare il concetto di sfruttamento e insoddisfazione. In quanto liceo siamo relativamente più fortunatə di altrə, perché i progetti a noi offerti non ci mettono in pericolo, mentre chi sceglie di intraprendere indirizzi tecnici o professionali è spesso espostə a situazioni pericolose, che in alcuni casi hanno anche portato alla morte di ragazzi quali Lorenzo Parelli, Giuseppe Lenoci e Giuliano De Seta, che ci hanno lasciato svolgendo attività lavorative imposte dalla scuola. Un sistema che legittima, insabbia e addirittura pubblicizza questo tipo di progetto non può esistere. Lo abbiamo detto in piazza, lo diciamo ora e lo diremo finché qualcosa non cambierà: non si può morire di scuola.
Il PCTO abitua allo sfruttamento e limita lə studenti: i percorsi proposti dalla scuola vengono stabiliti in base ad accordi con aziende che vogliono farsi pubblicità. Inoltre gli interessi dellə singolə non vengono quasi mai presi in considerazione, perché il sistema scolastico italiano non lascia spazio all’individualità, mira invece a plasmare le menti nello stesso modo senza curarsi delle diversità di interesse e predisposizione.
Inoltre, capita frequentemente che anche il PCTO si vada a sommare con le cause di stress: occupando gran parte del pomeriggio dellə studenti, limita il tempo che si può dedicare ad altre attività (come sport o socialità) e insegna un’ottica incentrata solo sul lavoro.
Crediamo quindi sia molto più utile che la scuola insegni un’ottica diversa, che trasmetta allə studenti la conoscenza necessaria per la vita adulta, come la gestione dei risparmi, quali sono i loro diritti in quanto lavoratori o lavoratrici, senza però imporsi sulla vita dellə studenti che deve essere lasciatə liberə di esplorare il mondo del lavoro secondo i suoi tempi e interessi.
Infrastrutture
Un elemento che senza dubbio contribuisce al malessere generale di studenti e docenti, è la povera qualità delle strutture che vengono messe a disposizione delle scuole. Nella maggior parte degli edifici scolastici non vengono infatti forniti strumenti essenziali all’igiene personale, come per esempio sapone o carta igienica, e molto spesso i servizi igienici stessi risultano chiusi o inagibili, lasciando così a disposizione di una grande quantità di studenti uno o due bagni al massimo.
Queste situazioni di inagibilità non riguardano solo i sanitari, ma anche le aule stesse dove si svolgono le lezioni, come per esempio le palestre e laboratori. In molte scuole, a causa della scarsa manutenzione dell’edificio, i soffitti cedono frequentemente e non sono equipaggiati per affrontare infiltrazioni di vario tipo che possono portare, per esempio, ad allagamenti e creano, più in generale, delle situazioni nelle quali la sicurezza del personale scolastico e dellə studenti non viene tutelata.
A causa della mancanza di spazi dedicati all’istruzione, le scuole si vedono costrette ad adoperare le aule aggiuntive, che normalmente non vengono dedicate allo svolgimento di lezioni frontali, come veri e propri magazzini. Questo porta alla perdita di opportunità di un insegnamento alternativo di determinate materie che presentano delle aree di apprendimento puramente pratiche, come per esempio educazione fisica, chimica e fisica, ed alla perdita di spazi che potrebbero essere equipaggiati per salvaguardare la salute, fisica e psicologica deglə studenti, come infermerie ed aule atte a sportelli psicologici.
Anche dal punto di vista dei materiali riservati all’insegnamento le scuole d’Italia si trovano in grande difficoltà; innanzitutto per la mancanza di adeguati supporti tecnologici e reti connesse ad Internet, quali LIM, proiettori, lavagne luminose, schermi e computer, ma anche per la carenza di semplici materiali scolastici che vengono utilizzati abitualmente dal personale scolastico e dai collaboratori, come ad esempio fogli A4 di carta per stampare, gessi e pennarelli per scrivere alla lavagna.
Non è poi raro il fenomeno delle “classi pollaio”, ovvero la formazione di classi di trenta o più studenti all’interno di aule pensate per venticinque alunni al massimo, che ostacola l’apprendimento.
Questo risulta essere, ancora una volta, un problema causato dalla mancanza di sufficienti strutture e strumenti scolastici per ospitare comodamente e in sicurezza tuttə lə studenti di una scuola, dovuta ai continui tagli ai fondi per l’istruzione da parte delle nostre istituzioni.
Conclusione
Questa occupazione vuole essere una protesta contro l’attuale sistema scolastico, volta a riportare il tema dell’istruzione al centro del dibattito politico.
Il nostro non vuole essere un attacco mirato alla nostra preside, che si è sempre dimostrata aperta al dialogo e attenta ai bisogni di noi studenti; vogliamo invece che questa sia un’occasione, sia per lə docenti che per lə studenti, per riflettere sulle problematiche legate alla nostra scuola.
Vogliamo che a seguito di questa esperienza cambi la percezione dellə studente, da macchina produttiva, a persona con la propria individualità e pensiero critico.
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