NoExpo 2015 – intervista con gli autori di Expopolis

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Questa intervista con OffTopic e Roberto Maggioni nasce dopo la presentazione di Expopolis al centro sociale Strike di Roma lo scorso 10 Ottobre. Una chiacchiera intensa e interessante che ci ha convinto ancor di più che l’Expo è una questione nazionale, che ci ha aiutato a capire come Expo parli del futuro delle nostre città, dei bilanci indebitati degli enti locali, dell’ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro (leggi sfruttamento, stage, lavoro gratuito), di speculazione e delle mani della rendita sulle metropoli.

 

EXPO2015, sembra che manca molto mai il tempo che ci divide dal taglio del nastro non è poi così tanto, cosa si sta muovendo a Milano per contestare il grande evento?

A Milano dal 2007 è attivo il Comitato No Expo, una rete territoriale di cui fanno parte centri sociali e comitati di zona. Ma non c’è mai stata un vera opposizione sociale ad Expo. I motivi sono molteplici, a partire dall’oggetto stesso di cui stiamo parlando: Expo. Il mega-evento è appunto un evento e quindi percepito come una fiera, una grande fiera ricca di opportunità, attività, iniziative….in una parola eventi, appunto, come facebook insegna. Il Comitato No Expo ha fatto un lavoro puntuale e preciso di controinformazione e denuncia:  nel 2008 quando l’allora sindaco Moratti consegnò il dossier di candidatura ai commissari del Bie (il comitato privato che gestisce gli Expo), il Comitato riuscì a consegnare il proprio dossier No Expo. A denunciare le prime aziende indagate nei subappalti fu il Comitato con il centro sociale Fornace di Rho (altro soggetto attivo da sempre, vero faro sulle conseguenze di Expo nei comuni del nord-ovest milanese).

La svolta è arrivata con il gioco Expopolis (il Monopoli detournato in chiave ExpoMilano) ideato dal Laboratorio Off Topic e con il libro nato dal gioco di cui siamo autori. Questi due strumenti hanno allargato gli orizzonti del fronte No Expo, aggiunto modalità comunicative diverse, ideato con la FOA Boccaccio la giornata di protesta del 7 Luglio quando arrivò a Monza il gotha di Expo (da Barroso e Napolitano in giù). Un lavoro di monitoraggio apprezzato anche dalla Digos milanese che in un rapporto pubblicato dal Corriere della Sera ha definito il lavoro di controinformazione No Expo “un problema di ordine pubblico”.

In città di Expo si parla solo in termini di propaganda e ottimismo, non è facile far capire che le scelte di Comune, Regione e Governo ad esempio sull’uso dei soldi pubblici spesi per Expo, hanno poi ricadute concrete sulla vita delle persone e sulla nostra capacità di portare a casa le lotte di ciascuno. Per questo nella giornata a difesa dei territori del #12O sono stati fatti attacchinaggi comunicativi/informativi con azioni nell’unico cantiere Expo aperto in città, quello della Darsena sui Navigli per l’opera idraulica Via d’Acqua (80 milioni di euro per portare acqua al laghetto di Expo mettendo a repentaglio la vita di tre parchi cittadini).

 

Sfruttamento, lavoro non retribuito, stage e tirocini. Altro che settantamila posti di lavoro! Precarietà ed EXPO cosa è successo?

E’ successo che come da copione hanno deciso di sfruttare il mega-evento per restringere diritti sociali, lavorativi, territoriali. Per quando riguarda l’aspetto occupazionale, il 23 luglio è stato firmato un accordo territoriale tra Confindustria, Expo, Cgil, Cisl e Uil, per cogestire la flessibilità legata ai sei mesi dell’evento. L’idea di qualcuno a livello nazionale è generalizzare questo accordo territoriale, di scopo, a tutta Italia e a tutte le imprese. L’idea è semplice: se Expo è un evento nazionale, tutti devono poterne beneficiare. E quindi perchè non introdurre nuova precarietà per tutti? Perché non estendere la validità dell’accordo ad un periodo di almeno due anni?

In otto articoli e cinque allegati l’accordo prevede l’impiego di 18 mila lavoratori volontari, 195 stagisti a 516 euro al mese e circa 800 contratti a tempo determinato. Questo per quanto riguarda i sei mesi dell’evento e la società Expo SpA. Capite bene che il mega-evento genererà principalmente lavoro senza reddito. Vengono poi introdotte alcune figure come “l’operatore grandi-eventi” che difficilmente potrà ricollocarsi una volta finito Expo (a meno che non si portino le Olimpiadi 2024 a Milano…ma ci risulta le vogliate anche a Roma), e viene promosso l’uso dell’apprendistato.

Nei cantieri poi si lavorerà fino a 20 ore al giorno, su turni, per recuperare il tempo perso e ultimare tutto, forse, per la mattina del primo maggio 2015. Lavori affidati alle grosse imprese vicine al centro destra e al centro sinistra, Mantovani e CMC, e poi subappaltati a una miriade di piccole aziende, molte già indagate per reati di vario tipo. Un solo dato, su entrambi gli appalti principali indaga la magistratura e sappiamo dalle cronache che il presidente della Mantovani e il procuratore della CMC sono stati recentemente arrestati per vicende di appalti su altri lavori delle due aziende. Non proprio un bel biglietto da visita per chi si è intascato oltre 300 milioni di soldi pubblici.

 

Logica emergenziale e commissariale, questo portano con se i grandi eventi lo abbiamo visto per esempio per il G8 dell’Aquila. EXPO è anche una questione di democrazia, chi, come e dove prende le decisioni?

L’eccezionalità dell’evento giustifica l’eccezione. Questo il ragionamento di fondo. Così Expo è governato, emergenzialmente, da un commissario unico con poteri di deroga: l’amministratore delegato di Expo SpA Giuseppe Sala (il controllato che fa anche da controllore). Prima i commissari erano il sindaco di Milano e il presidente della Regione, che quantomeno dovevano rendere conto del proprio operato ai rispettivi consigli comunale e regionale. Il commissario unico rende conto solo agli azionisti. Ed Expo SpA è la società delle larghe intese per eccellenza: dentro ci sono Governo, Comune di Milano, Regione Lombardia, Camera di Commercio e Confindustria, Provincia di Milano. I poteri speciali generano eccezioni che si fanno norma. E se il mega-evento terminerà il 31 ottobre 2015, le sue conseguenze resteranno in eredità alla metropoli. E’ una logica replicabile ovunque: dalle grandi emergenze nazionali alla realizzazione delle grandi e medie opere.

 

Grandi eventi privati pagati con le casse pubbliche e diritto alla città, due visioni dello sviluppo della città inconciliabili…

Certo, anche perchè con Expo c’è chi di sicuro ci guadagnerà e ci ha già guadagnato: come Fondazione Fiera ad esempio, che nel 2008 aveva i conti in rossa e con la decisione di fare Expo su terreni in gran parte di sua proprietà ha risollevato il bilancio. E alla fine dell’esposizione potrà pure scegliere a chi vendere i terreni trovandosi un’area ex-agricola completamente infrastrutturata a spese del pubblico. Expo sarà una grande occasione per alcuni interessi particolari, come quelli della Camera di commercio, gli albergatori, il settore turistico. Interessi talvolta legittimi, ma particolari, di pochi. E il resto della città? E’ giusto che l’aumento Irpef, i tagli agli assessorati, l’aumento del biglietto dei mezzi pubblici, le nuove autostrade siano pagate dai cittadini? E’ giusto chiedere sacrifici a chi è colpito dalla crisi per pompare il mega-evento? E alla fine di Expo, che città ci ritroveremo a vivere? Una città con più diritti e servizi o indebitata e indebolita?

 

A partire da quali temi attorno all’opposizione ad EXPO possiamo costruire una mobilitazione in ogni città?

A lotte comuni un vocabolario comune: potremmo partire da parole e concetti che vediamo replicarsi quando si parla di grandi opere, mega-eventi e diritto alla città. E che secondo noi sono: debito, cemento, precarietà, poteri speciali, mafie, spartizione degli appalti, nemico pubblico, militarizzazione. Quello che sta succedendo a Milano con Expo è molto simile a quello che succede in Val Susa, a Niscemi, a Roma, città che sembra voler vivere di eventi e festival. A quale prezzo? Declinando queste parole chiave siamo già a buon punto della risposta.

Se Expo costa 10 miliardi di soldi pubblici, se indebiterà le casse pubbliche, se costruirà nuove autostrade, se permetterà a costruttori di destra e sinistra di far colare nuovo cemento e spartirsi gli appalti, se le mafie avranno la loro fetta di torta nei subappalti, se i contratti di lavoro saranno ancora più precari rispetto ad oggi, se si sperimenteranno forme di governo dell’eccezione con commissari unici a decidere per tutti, se il racconto dei media sarà sempre più e solo propaganda, beh, Expo 2015 e il mega-evento è evidentemente una questione nazionale per loro e lo deve diventare per tutti noi.

Come dicono i padrini di Expo: “una cosa che capita ogni 100 anni, sfruttiamola”. Lo stanno facendo.

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