La storia di Fatima, con due figli minori, in una casa senza luce e gas

Da una settimana donna con 2 figli minori in uno stabile vuoto e senza luce, ma per Comune e ALER non è un problema.

Qualcuno ha idea di cosa vuol dire per una donna e due ragazzi di 16 e 12 anni vivere in una casa senza luce, senza gas, in un palazzo completamente avvolto dalle impalcature, dove non vive nessun altro ed è stata tolta anche la luce delle scale? E per di più in pieno inverno, con il freddo di questi giorni e il buio che cala prima delle 5 di sera, con i figli studenti che si sono trovati in questa situazione in mezzo alle verifiche di fine trimestre e cercano di studiare a lume di candela?

Di certo non lo sanno i dirigenti dell’ALER che hanno fatto staccare la luce a Fatima, donna marocchina da molti anni in Italia, che le vicende sfortunate della vita hanno costretto, dopo una difficile e traumatica separazione dal marito, ad occupare un alloggio ALER nello stabile di via Tommei 3, ora in ristrutturazione all’interno del contratto di quartiere Molise-Calvairate.

Di certo non lo sanno i funzionari del Settore Casa del Comune di Milano che hanno istruito le domande di valutazione dello stato di necessità delle famiglie occupanti in via Tommei in modo approssimativo, con il risultato che solo 7 famiglie su 16 sono state valutate positivamente e molte famiglie in grave situazione socio economica sono ora a rischio sgombero.

Tra queste c’è Fatima, la cui domanda è stata bocciata dalla Commissione, malgrado il parere positivo alla regolarizzazione dei Servizi sociali, in quanto la sua posizione è stata presentata dai dirigenti del Settore Assegnazioni con informazioni incomplete, attribuendole la disponibilità di un alloggio di proprietà dell’ex marito, che invece non ha e non potrà mai avere, e ora gli stessi funzionari si rifiutano di risottoporla alla Commissione anche dopo che gli sono stati forniti elementi incontrovertibili sulla effettiva situazione.

E di certo senza luce e gas in un palazzo spettrale non è mai vissuto neppure l’Assessore alla Casa Rabaiotti e il suo staff, che informati da oltre una settimana della situazione, non vogliono o non riescono (il risultato non cambia e la cosa è inquietante in entrambi i casi) a convincere i propri funzionari a far esaminare il ricorso presentato da Fatima, cosa che darebbe la possibilità ad ALER di spostare la famiglia in altro alloggio o almeno permettere un riallaccio momentaneo della corrente.

Passano i giorni, tutti sono dispiaciuti ma la colpa è sempre di qualcun altro e intanto una famiglia povera e provata dalla vita, ma onesta e desiderosa di ricostruire una normalità, si trova ricacciata nell’età della pietra, senza la possibilità di lavarsi, di cucinare, di studiare e in più, vista la situazione dello stabile, con gravi rischi per l’incolumità personale.

Questo cinismo da parte delle Istituzioni preposte deve cessare, la situazione va risolta immediatamente, va data la possibilità alle famiglie a cui non è stato riconosciuto lo stato di necessità di poter ricorrere, come prevedono le norme generali in materia di diritto amministrativo, nel caso di Fatima vanno esaminati immediatamente il ricorso e i documenti presentati e posto fine ad una situazione di vera e propria violazione dei diritti umani.

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