Lo sgombero di ieri in Barona

Nel giorno in cui in Corriere della Sera riprende a picchiare duro contro le occupazioni abitative a Milano Aler e Polizia si presentano in Barona per eseguire l’ennesimo sgombero.

In questa campagna elettorale il tema delle disuguaglianze viene sventolato un po’ da tutti. Quando però poi, si tratta di passare dalle parole ai fatti ed affrontarle queste disuguaglianze…beh…di solito arrivano i caschi e i manganelli a mettere le cose “a posto”.

Lo sgombero ha riguardato una signora di 53 anni subentrata al precedente assegnatario e che, per anni, ha pagato l’affitto. Questo non è servito a far recedere i funzionari dell’ALER e la Digos dalla decisione presa. Per spostare i solidali dall’ingresso del palazzo è dovuto intervenire il Reparto Mobile con i suoi consueti metodi sbrigativi.

Ricordiamo che a fine Novembre in Barona, uno dei quartieri dove la lotta per il diritto alla casa in città è più forte, è stato occupato dal CAAB uno spazio in Via Faenza.

Il comunicato sui fatti di ieri del Comitato Autonomo Abitanti Barona:

Un’altra mattina, nel quartiere popolare Barona, in cui le forze di polizia sgomberano una casa per lasciarla vuota, asservendo la speculazione di Aler sul patrimonio pubblico a spese di gente povera e incolpevole della propria condizione.

Stavolta è toccato ad A., donna di 53 anni, subentrata cinque anni fa al precedente assegnatario, del quale era diventata ospite lavorando come colf, nel cui alloggio in via Lago di Nemi 4 ella aveva anche preso residenza: pur avendo continuato a pagare l’affitto, la signora non risultava più in regola agli occhi dei funzionari di Aler, ragion per cui alle 8 e mezza di mattina la forza pubblica si è presentata alla porta di A. con due camionette della polizia e una dei carabinieri.

Gli abitanti solidali del quartiere, allarmati, si sono recati davanti all’ingresso del cortile, che è stato bloccato, ed è stato loro detto dalla Digos che la casa in questione era vuota e disabitata, affermazione smentita dalla vista di mobili portati fuori e da un giro di chiamate che ha permesso di capire chi abitava in quell’alloggio.

A., che si trovava ad un presidio sanitario per recuperare dei medicinali, è stata avvertita della situazione da una vicina ed è tornata in fretta e furia per occuparsi dei suoi effetti personali, che stavano venendo caricati su un camion per essere portati in un magazzino.

Fuori dal cortile, nel frattempo, i solidali stavano facendo richiesta alla Digos di lasciare le cose di A. dove si trovavano, sapendo delle difficoltà pratiche che si incontrano nel cercare di recuperare oggetti dai magazzini di Aler.

Gli agenti, inizialmente, insistevano per far scaricare il camion e farlo poi ripartire, ma alla signora A. e ai solidali premeva verificare che ci fossero ancora i suoi documenti (passaporto, bollettini di pagamento dell’Aler e carte dell’ospedale): purtroppo, nonostante la mediazione di una vicina che parlava e capiva l’italiano meglio di A., la Digos ha imposto la propria soluzione asserendo che ci fossero troppi oggetti, e lasciando a terra qualche borsa, qualche sacchetto e una valigia, sostenendo di aver lasciato anche i documenti, ha fatto ripartire il camion con tutto il resto.

Intanto, un’ambulanza era stata chiamata per soccorrere A., che si era sentita male durante il colloquio con la polizia dentro il cortile. Per far uscire il camion, gli agenti in tenuta antisommossa hanno caricato i solidali, tra i quali c’erano anche due bambine e persone anziane, e a colpi di manganello, spintoni e tirate di capelli li hanno spinti contro le macchine parcheggiate. A nulla sono valsi i propositi dei compagni di reperire un altro mezzo per prendere in carico le cose e strapparle alla rapacità di polizia e Aler, che senza lasciare ad A. alcun documento per il recupero degli effetti personali e, ciliegina sulla torta, portandole via i documenti al contrario di quanto la Digos aveva sostenuto, hanno contravvenuto ad ogni regolamento sul loro lavoro.

Ma a noi non interessa: non ci aspettiamo trattamenti dignitosi da questi terroristi in divisa, la solidarietà è la nostra arma più potente e sappiamo di agire nel giusto e per il giusto.
A. non è sola, uniti possiamo tutto!

 

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