Nuovo Ministro, vecchia scuola
A poco più di un mese dall’insediamento dell’attuale governo l’idea di scuola del ministro Giuseppe Valditara è fin troppo chiara.
Già dal nuovo nome, Ministero dell’Istruzione e del Merito, ci si può accorgere di quanto la scuola stia a cuore a Meloni&co. Infatti parlare di “merito” in ambito scolastico significa solo non voler considerare le disuguaglianze che caratterizzano la nostra società e, di riflesso, anche lə studentə di questo paese.
Non partiamo tuttə dallo stesso punto. Considerare i risultati scolastici (che derivano direttamente da una valutazione sterile e ossessiva) senza tener conto di questo denota non solo un approccio superficiale alla materia, ma anche una mancanza di analisi delle dinamiche che regolano la scuola pubblica italiana.
Ma d’altronde cosa potevamo aspettarci da uno dei fautori della Riforma Gelmini, che ha avviato il processo di svalutazione culturale ed economica dell’istruzione in Italia, trasformandola in un salvadanaio per finanziare adeguamenti di bilancio?
Il neo-ministro, sconosciuto ai più nel momento del giuramento, è riuscito subito a farsi notare nelle sue prime dichiarazioni pubbliche, mostrando il suo vero volto, con una retorica tipica della destra più conservatrice e celodurista.
Parlare dell’umiliazione in ambito scolastico signfica non tener conto dell’importanza dell’inclusione e della cura, elementi fondamentali nella formazione e nella crescita di ognunə di noi; tornare a parlare della scuola come un luogo oppressivo e intransigente annulla quei (pochi) passi in avanti fatti nell’ambiente scolastico, ancora troppo legato alla concezione gentiliana, anacronistica e ottusa.
Come studentə non vogliamo più credere in questa narrazione, che nonostante non si sia ancora tramutata in una effettiva riforma spiana la strada a una visione della scuola che non ci appartiene e che si inserisce nel solco della Buona Scuola e della riforma Gelmini. Questi provvedimenti, che hanno spinto la scuola verso un modello aziendale, gettano studentə di Istituti tecnici e professionali in ambienti lavorativi non sicuri, come dimostrano i tre ragazzi uccisi nello svolgimento del PCTO nell’ultimo anno scolastico e le innumerevoli morti sul lavoro che ogni giorno riempiono le pagine di cronaca, mentre lə studentə liceali svolgono attività inutili e che spesso sono addirittura a pagamento, inserendo il mondo della scuola nelle dinamiche di profitto capitalistiche che già interessano tutti gli aspetti della nostra società.
Umiliare chi sbaglia non è nè formativo nè tantomeno risolutivo; al contrario, rifiutare la visione di cura comunitaria che la scuola deve necessariamente avere, non è altro che uno sterile intervento repressivo, nient’altro che una lavata di mani da parte delle istituzioni. Come ciliegina sulla torta, la comparazione dei comportamenti violenti nei confronti di studentə e professorə alle pratiche di lotta portate avanti nelle scuole, come occupazioni e picchetti: l’ennesima dimostrazione del progetto di demonizzazione e condanna dell’impegno e della lotta studentesca, dopo l’oramai celebre articolo 434 bis del Codice Penale.
Pretendiamo una scuola diversa, che abbia al centro la cura e lo sviluppo comunitario di tuttə noi, basata su principi educativi moderni ed inclusivi e non una scuola che insegna solo repressione, concorrenza e un individualismo malato; siamo conscə del fatto che questo Ministro, come coloro che l’hanno preceduto, ha altre priorità, ma la nostra rivendicazione generazionale di cambiamento e di riscatto della nostra condizione non si fermerà certo per questo.
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