Lettera di una studentessa, dal Liceo Leonardo in mobilitazione…
Abbiamo ricevuto questa lettera da una studentessa del Liceo Leonardo Da Vinci in merito alle vicende recenti che hanno visto quella scuola, e la sua preside intransigente, protagonisti. Come richiesto la pubblichiamo integralmente senza alcuna modifica. All’interno del sito potete trovare altre cronache dalle scuole in mobilitazione a Milano. [la redazione di Milano in movimento]
MILANO – Ci ha chiamati fascisti, come se protestare per un diritto dovesse necessariamente prevedere un’etichetta. Quindi quello che dobbiamo dedurre è che protestare sia di destra? E chi è di sinistra come deve difendere i propri diritti? Cara Preside noi siamo innanzitutto studenti, con la certezza che la scuola non sia la sua scuola, ma la nostra scuola; con la certezza che quotidianamente ascoltiamo le lamentele degli insegnanti su tutto ciò che alla scuola pubblica viene sottratto e subiamo, noi per primi, le loro forme di protesta. Eppure siamo stati loro vicini, siamo stati solidali nella loro lotta tanto da farci portavoce dei loro diritti nelle nostre manifestazioni. E non solo, nessuno di noi si è presentato davanti ai cancelli della scuola con un passamontagna o in tenuta da sommossa, come del resto risulta evidente da tutte le immagini pubblicate. Perciò rifiutiamo sia la parola “fascisti”, perché Preside, quattro cose sul fascismo le abbiamo studiate e non ci piace, sia il termine “violenti”. Ci sorprende infatti che abbia dichiarato di essere stata malmenata, a meno che essere malmenata per lei non significhi urtare uno studente ben piazzato!
La nostra voleva essere una protesta propositiva, non distruttiva; noi siamo qui per difendere le nostre aule d’informatica, non per distruggerle. Il merito – perché di merito si tratta – è del collettivo “Ombre rosse Leonardo” e non dei centri sociali, cara Preside. I suoi studenti “fascisti”, “violenti” e “figli di papà” hanno speso tempo per organizzare tutto al meglio: avevamo provveduto a chiudere intere aree della scuola e a organizzare un vero e proprio servizio d’ordine per tutelare l’integrità delle aule che lei ritiene avremmo voluto distruggere. Avevamo programmato un’intera giornata di eventi sportivi, cineforum, assemblee e dibattiti su temi scientifici, filosofici, arte, diritto internazionale, rapporto uomo donna, studente maestro, musica, teatro, meditazione: temi che sicuramente anche lei avrebbe apprezzato se solo ci avesse dedicato un po’ di attenzione. La nostra idea non era di trascorrere un paio di giorni a bere, divertirsi e fumare; la nostra idea era quella di far sentire la nostra voce proprio in questo momento. Non perché occupare le scuole sia una tradizione del mese di novembre, bensì perché poteva avere un buon effetto mediatico in occasione della visita del ministro Profumo.
Se l’occupazione non ha avuto l’esito aspettato non è né per il per il blocco di Preside, docenti e bidelli né per l’intervento della Digos, bensì perché proprio quegli studenti che si definivano promotori di questa protesta hanno disatteso le aspettative dei loro compagni lasciandosi intimidire. Sia per le pressioni fatte alla famiglia, sia perché sono studenti dell’ultimo anno e quindi uscenti. Riteniamo che compito di un educatore scolastico sia soprattutto offrire agli studenti valori ed ideali nei quali credere e per i quali lottare. Pensavamo che tra studenti ed insegnanti ci potesse essere una comunione d’ intenti volta ad unificare questa protesta poiché crediamo che il dialogo debba essere portato fuori dalle strutture scolastiche, per dare un segnale importante a chi ha tra le mani il destino della scuola pubblica. Coloro che in passato hanno lottato fermamente e duramente per i loro ideali e ne sono usciti stanchi e disillusi non possono ora toglierci il desiderio di provarci ancora, come protagonisti e non come spettatori.
Noi crediamo nella scuola, nella scuola pubblica, nella scuola di tutti. Siamo nel terzo millennio, Preside, coscienti che il nostro potere saranno la cultura ed il sapere.
Questo potere non deve essere nelle mani della solita élite, ed è per questo che lottiamo e continueremo a lottare.
Una studentessa del Leo.
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