[News] Expo dei popoli? La storia dal campo Rom di via Novara
Ieri pomeriggio le famiglie che da 14 anni abitano il campo autorizzato di via Novara si sono trovate davanti a Palazzo Marino per denunciare il mancato rispetto degli impegni assunti dall’amministrazione a fronte della chiusura del campo.
Il campo, costituito nel 2001 per l’inserimento di famiglie provenienti da Kosovo e Macedonia tra i quali alcuni rifugiati, è oggi abitato da diverse famiglie e dovrà chiudere per lasciare spazio a un parcheggio progettato in vista di Expo 2015.
La decisione di chiudere il campo, avvenuta nel 2010 ad opera della Giunta Moratti, è stata seguita, dal 2012 al 2014, da una serie di incontri tra la giunta Pisapia, la Consulta Rom e Sinti e gli abitanti del campo e ha portato all’identificazione di una soluzione abitativa per le famiglie: un progetto di autocostruzione.
Tuttavia, nonostante l’accordo raggiunto, nonostante il passare del tempo (4 anni dalla notizia della chiusura del campo, oltre due anni dall’approvazione della proposta di autocostruzione) e nonostante l’avvicinarsi dell’apertura dei lavori per il parcheggio (30 Giugno 2015) dal Comune non è arrivata alcuna soluzione concreta per l’attuazione del progetto di autocostruzione. Anzi, è proprio di domenica scorsa la comunicazione pervenuta ai residenti del campo di via Novare da parte dell’amministrazione: le famiglie saranno “sistemate” in centri di emergenza, in capannoni della Protezione Civile.
Un’emergenza lunga (almeno) 4 anni. Un’emergenza che porta queste famiglie, tra cui numerosi bambini, che frequentano regolarmente le scuole del quartiere, a trovarsi a sole due settimane dall’apertura di un cantiere in prossimità della propria casa senza alcun tipo di alternativa abitativa aldilà di quella non risolutiva e disumana dei centri di accoglienza.
Oltre al danno, la beffa: la notizia della prossima chiusura ha infatti causato ai residenti del campo una serie non indifferente di disagi: la situazione di incertezza ha portato a un mancato rinnovo dell’ente gestore, con una conseguente diffusione di degrado e stato di abbandono. E non è tutto: negli ultimi mesi gli abitanti del campo hanno ripetutamente ricevuto la “visita” della polizia locale per il controllo di documenti e permessi di soggiorno in orari quantomeno “antipatici” (21, 22 di sera).
«Non c’è nessuna soluzione concreta», si legge in un testo dei residenti del campo, «a sole due settimane dalla chiusura del campo non c’è niente di certo: né per il terreno, né per le case, né per i tempi di realizzazione del progetto…». E ancora: «Crediamo che dopo 4 anni di attesa e di incertezza sul futuro abbiamo il diritto di sapere come vengono rispettati gli impegni presi e che fine faremo».
Durante il presidio, alcuni rappresentanti del Comune hanno incontrato i manifestanti, raccogliendo le loro richieste in merito al progetto di autocostruzione. «Rifiutiamo di andare in un capannone della protezione civile», scrivono nero su bianco le famiglie, «e chiediamo di restare nelle nostra case fino a quando non saranno definite concretamente soluzioni possibili e condivise».
Ma il caso di via Novara, non rappresenta di certo un’eccezione. La sottrazione di abitazioni, anche malmesse, alle famiglie rom per fare spazio agli interventi urbanistici legati ad Expo 2015 sono numerose. Altri esempi ben noti sono il Triboniano, dove il campo è stato sgomberato per fare posto alla viabilità di accesso al sito dell’Esposizione Universale, e il campo rom di via Monte Bisbino, dove le ruspe sono entrate in azione per costruire lo svincolo Expo previsto dal secondo lotto del collegamento tra la SS11 all’altezza di Molino Dorino e l’A8 Milano – Laghi.
Alle parole chiave che ormai da tempo associamo al grande evento – debito, cemento, precarietà – viene facile aggiungerne un’altra: discriminazione.
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