Gaza, “l’isola che non c’è, ma al contrario”
“Seconda curva del tunnel di acciaio a destra, questo è il cammino”. Gaza è l’isola che non c’è, ma al contrario.
Nella Striscia più famosa del mondo dove i bambini diventano presto adulti, si perde la cognizione dello spazio e del tempo e ci si ritrova catapultati nella dimensione dell’eterna speranza limitata in quei maledetti 40 km di lunghezza per 8 di larghezza. È così che una settimana di progetti insieme alla popolazione è volata.
In quei giorni la Carovana partita da Milano ha lavorato duramente per realizzare il Secondo Festival tra sport, arte e cultura. Un percorso che al di là dell’evento finale aveva l’obiettivo di portare avanti lo scambio culturale e di competenze iniziato l’anno precedente e lo scopo di abbattere quelle pesanti barriere che rendono Gaza la più grande prigione a cielo aperto. La diversità tra gli ambiti di collaborazione ha permesso di coinvolgere differenti contesti e persone: bambini, adulti, adolescenti, studenti universitari. Formazione, comunicazione, costruzione di rampe e skateboarding, writing: questi i campi in cui ci si è sperimentato.
Dalla costruzione della città possibile con dei moduli di cartone disegnati dai desideri dei bambini e degli educatori alla realizzazione di una rampa in una zona disagiata, dai graffiti tra le macerie fino alla creazione di una app per Smartphone dove la storia della Striscia prende forma dai racconti dei suoi abitanti: un progetto eterogeneo per arrivare al cuore e aprire una breccia e un varco nel terrore dell’assedio e nell’immobilismo culturale voluto dalle istituzioni governative locali. In questo secondo anno a Gaza in collaborazione con il Centro Culturale d’italiano Vik, oltre all’ineguagliabile esperienza, rimangono alcune considerazioni da fare.
Il contesto postbellico dell’anno passato , tra rovine e disperazione, era caratterizzato da un’atmosfera di unità tra tutta la popolazione a prescindere dalle differenze politiche. Una situazione a cui ha contribuito sicuramente la decisione di istituire un governo di coalizione tra Hamas e Fatah. Il fallimento dell’unione di queste due forze, che invece di collaborare si sono perse in un vortice di dispetti che ha pagato solo la popolazione, è andato di pari passo alla progressiva frammentazione sociale alimentata dall’impotenza di cambiare la situazione, alla ricostruzione iniziata solo pochi mesi fa e ancora non accessibile a tutti, alle disastrose condizioni economiche date dalla spaventosa disoccupazione e dal lavoro non retribuito.
Una Striscia sicuramente più divisa al suo interno, nonostante rimanga la determinazione, l’energia e la forza di conquistarsi un’esistenza degna in cui ogni passo tende verso la libertà. Se la situazione di isolamento non cesserà, se le prigioni israeliane continueranno a gonfiarsi di prigionieri politici messi dentro per il minimo sospetto, se il numero di feriti e morti palestinesi continuerà a crescere a dismisura, il benessere psicosociale della popolazione potrebbe iniziare a vacillare lasciando spazio a dispute e controversie la cui importanza e’ nulla rispetto alla tragedia dell’occupazione.
Questo progetto a Gaza assume oggi un’importanza rinnovata: la speranza e’ l’ingrediente principale per alimentare la lotta verso l’autodeterminazione ed e’ compito di chi può andare oltre i confini fisici della Striscia raggiungere questo scopo.
Associazione Randa e Dynamoscopio
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