Palestina – Sulla morte di Bar’a Hamammda, ucciso a 18 anni da Israele

Deheisheh, campo profughi sulla strada principale di Betlemme, Palestina – 14 Luglio 2017, ore 7 di mattina, muore Bar’a Hamammda, 18 anni, l’ennesimo martire della Resistenza.

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Cambiano strategie, modificano il metodo, ma tutto continua a far parte dello stesso piano.
Il piano D, ultima versione di un destino scelto per i Palestinesi da più di 50 anni, ben prima della Nakba, ben prima di quanto riportato dai libri di storia, quando la storia viene raccontata e non modificata.
Le incursioni notturne vengono piano piano sostituite dalle irruzioni mattiniere.
Da qualche settimana l’esercito torna a Dheeisheh quasi ogni mattina presto. Si arrestano minori, si fanno morti.

Stamattina (ieri) un ragazzo di 18 anni è stato ucciso. Gli hanno sparato direttamente alla gola, è morto così, in mezzo agli altri ragazzi accorsi per difendere i loro compagni dagli arresti.
Dheisheh piange il suo 78esimo martire, dopo due anni che le forze speciali hanno portato avanti la politica dello svilimento della dignità di chi resiste affollando il campo di disabili (secondo l’UNRWA più di 95 ragazzi sono stati gambizzati nell’ultimo anno e mezzo, molti riportano disabilità permanenti). E mentre l’assetto geopolitico del Medioriente cambia a immagine e somiglianza delle direttive di un Occidente ancora una volta capeggiato da Stati Uniti, Arabia Saudita e Israele, la Palestina affonda sotto l’egemonia dell’occupazione in un circolo vizioso che segue l’avanzare del progressivo processo di colonizzazione, assedio, apartheid e, sì, diciamolo pure, di pulizia etnica. Il silenzio della comunità internazionale è complice e i tentativi di normalizzazione da parte dell’Autorità Nazionale sono solo un goffo mascherare volontà di Abu Mazen e soci di creare una generazione distante dalle proprie radici e dalla resistenza per l’autodeterminazione e la lotta per il diritto alla resistenza.

Il patto iniziato con gli accordi di Oslo partorisce stanchezza, disillusione e delusione e rende vani e fini a se stessi i moti di ribellione allo status attuale. La corruzione dell’Autorità è palese, la scarsa innovazione della sinistra allontana l’energia locale e internazionale, l’immobilismo di Hamas contribuisce all’affogare nel buio di Gaza.

Vittima è una popolazione impossibilitata a sognare, a conoscere, a muoversi, a stringere alleanze, a produrre modelli di lotta nuovi a cui ispirarsi. La Palestina ha bisogno di una rinnovata solidarietà internazionale che sia capace di essere motore e specchio di una diversa realtà futura, che sia capace di oltrepassare l’apparente immobilismo istituzionale palestinese e cogliere la spinta dei giovani, che ancora arde e non si arrende nonostante l’isolamento.

Restiamo con la Palestina. Restiamo umani.

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