Un anno vissuto intensamente – Istantanee della lotta contro l’alternanza scuola-lavoro
“La rivoluzione da fare è quella di sfatare il danno che ha fatto la mia generazione, ‘studia se no vai a lavorare’: ragazzi non si studia per studiare, lo studio è uno strumento”. Sono queste le parole di Andrea Pontremoli, amministratore delegato di Dellara, una delle 16 aziende in accordo con il MIUR per percorsi di alternanza scuola-lavoro.
Quando però in tutta Italia coordinamenti studenteschi si sono mobilitati contro l’imposizione del lavoro gratuito, arrivato con la Buona Scuola, la poca validità rimanente della legge ha iniziato a vacillare. Partendo dal primo corteo del 13 ottobre che a Milano ha visto scendere in piazza 5.000 studenti, il percorso milanese è continuato con azioni di sanzionamento verso i maggiori campioni dell’alternanza come Zara o Mc Donald’s, particolarmente noti anche per denunciate situazioni di sfruttamento sia umano che ambientale.
Il 17 novembre però, il punto vendita Zara di corso Buenos Aires è stato occupato per tutta la mattinata da due coordinamenti: Rete Studenti Milano e CASC Lambrate. Quattro giorni dopo, durante un convegno all’università Bicocca presenziato dal ministro Fedeli, i coordinamenti studenteschi, guidando prima un corteo interno all’edificio, riescono ad entrare nell’aula ed esporre per la prima volta tutti i problemi davanti al ministro che con risposte insufficienti ha cercato di marginare l’evidente problema.
L’attenzione ormai diventata centrale sull’argomento ha spinto, per forza di cose, il Ministro dell’Istruzione Fedeli a indire gli Stati Generali dell’alternanza il 15 dicembre (ovviamente a porte chiuse e con una delegazione studentesca accuratamente scelta). Il giorno degli Stati Generali le realtà studentesche si sono fatte trovare pronte, riempiendo ancora una volta le piazze al grido de “Gli Stati Generali siamo noi!”.
Gli studenti non vogliono lavorare gratis, e queste sono state delle chiare dimostrazioni. Usare la scuola per abituare i giovani a una vita lavorativa precaria futura non può essere accettato.
I giovani si riprendono il futuro.
Lisia
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