Covid19 – Qualche luce in un buio profondo

Era ancora il 30 gennaio quando è arrivata la prima comunicazione ufficiale sul Covid19. Ai tempi sembrava ancora qualcosa di ben lontano da noi, che sarebbe passato senza lasciare particolari segni, un po’ come era stato per Ebola, nel 2014: scoppia un’epidemia in un altro continente e a noi arrivano indicazioni e kit che, per fortuna, rimangono impolverati in un angolo dell’ambulanza.

Poi il virus è arrivato a Codogno. A differenza di molte realtà, il messaggio che la Croce d’Oro invia a volontari e dipendenti è molto chiaro: da ora in poi, mascherina obbligatoria su tutti i servizi, a noi ma anche ai pazienti, indicazioni precise sul non entrare in casa con la divisa sporca dopo il turno e su come sanificare l’ambulanza dopo ogni servizio. A nostra tutela, viene poi a più riprese sottolineato che, nel caso dovesse mancare anche solo una mascherina, l’ambulanza non verrà attivata. Girando per i vari Pronto Soccorso ci rendevamo conto di essere tra i pochi ad aver preso così seriamente questa cosa e un po’ temevamo di essere presi per matti, ma la Direzione continuava a dirci di non sottovalutare la questione, dunque ci siamo adattati. Erano gli ultimi giorni di febbraio, in fondo nemmeno a noi era chiaro cosa stesse accadendo di preciso, ma le notizie iniziavano ad essere sempre meno rassicuranti.

All’inizio del mese di marzo dalla Direzione sono arrivate le nuove indicazioni operative. Fino a quel momento, le 4 persone che compongono l’equipaggio dell’ambulanza entravano insieme in casa del paziente; da lì in avanti, per esporre il minor numero di soccorritori al contagio, sarebbe potuto entrare solo il Capo Servizio, coperto da capo a piedi con tuta, doppi guanti, visiera, calzari e mascherina.

Entrare da soli in casa di un paziente non è affatto facile: sai che potrai contare solo su di te senza che i tuoi colleghi possano aiutarti a gestire il servizio, sia dal punto di vista pratico che da quello psicologico. Sai che probabilmente non avrai le risposte a tutte le domande che ti verranno fatte dal paziente o dai parenti, ai quali ti troverai a dover dire che non potranno nemmeno accompagnare il proprio caro al Pronto Soccorso, chiudendo loro in faccia le porte dell’ambulanza. Assistendo, cioè, agli ultimi saluti di molte persone che non vedranno più i propri parenti uscire dall’ospedale.

È difficile mostrare empatia a qualcuno quando si è completamente bardati o immaginarsi come possa sentirsi una persona che non solo ha paura di aver contratto una malattia per cui si contano centinaia di morti ogni giorno, ma ha anche la consapevolezza di essere un potenziale pericolo per chi gli sta attorno e per chi lo soccorre. Questo timore abbiamo iniziato ad averlo anche noi stessi, sapendo che la minima distrazione avrebbe potuto mettere a rischio noi ed i nostri familiari.

Nel frattempo la situazione è letteralmente precipitata, i contagi in Lombardia si moltiplicavano ogni giorno. Per far fronte alle crescenti spese, abbiamo deciso di organizzare un crowdfunding, grazie al quale siamo riusciti ad assumere nuovo personale e addirittura ad inviare un’ambulanza a Bergamo, dove la situazione era ben peggiore rispetto a Milano, nonostante anche qui la quasi totalità degli interventi fatti riguardassero casi di Covid19 o sospetti tali.

L’intero paese era ormai in lockdown e noi abbiamo deciso di fare un passo ulteriore a sostegno della nostra comunità, attivando il servizio di spesa e farmaci a domicilio.

Le chiamate che abbiamo iniziato a ricevere sul nostro centralino, però, non erano ordinazioni di spesa ma richieste di aiuto: molte famiglie, a causa dell’emergenza sanitaria, sono rimaste prive di reddito e ci chiamavano per chiederci un qualunque tipo di sostegno.

Abbiamo così deciso di iniziare a collaborare con la Brigata Lena-Modotti che dall’inizio della pandemia si è occupata di fornire beni di prima necessità a famiglie in difficoltà economica. Appoggiandoci al loro centralino abbiamo preso in carico tutte le richieste provenienti dagli abitanti di Zona 4 e tuttora ci occupiamo di consegnare loro pacchi spesa gratuiti con all’interno quanto raccolto davanti ai supermercati e grazie alle collette dei numerosi condomini che hanno deciso di partecipare al progetto. Ci siamo letteralmente dovuti reinventare per aiutare la popolazione che, oltre a quella sanitaria, si è trovata ad affrontare anche una crisi economica.

Come chiunque abbia avuto un ruolo nella lotta al coronavirus che, è bene ripeterlo, non è finita, difficilmente ci dimenticheremo di questo periodo e di come abbia stravolto completamente il nostro modo di lavorare. Come soccorritori della Croce d’Oro Milano, però, siamo consapevoli di far parte di una realtà che nel suo piccolo ha agito con grande efficienza e che, fortunatamente, non ha sottovalutato la gravità della situazione fin dall’inizio, garantendo così nessun contagiato tra il personale dipendente e volontario dell’associazione.

Una volontaria della Croce D’Oro Milano

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