Covid – Il business dell’emergenza in Lombardia tra tamponi e visite a pagamento
“Altro che Calabria! Gino Strada dovrebbero metterlo come commissario in Lombardia!”.
(un pendolare su un treno passeggeri della rete lombarda, novembre 2020)
“Se la Lombardia fosse una Nazione indipendente come la Lega chiedeva anni fa
noi saremmo il Paese al mondo con il più alto numero di decessi in relazione agli abitanti”.
(Vittorio Agnoletto durante la discussione “Dignità, cura e salute ai tempi del Covid”)
Con queste due sole frasi si porebbe sintetizzare la situazione in Lombardia in questa seconda ondata di pandemia.
Nella giornata di ieri, la nostra Regione ha raggiunto i 19.367 morti per Covid dall’inzio dell’emergenza. Una percentuale sconvolgente: il 42,5% dei morti totali in Italia da febbraio.
Da mesi, in un apposito speciale di MiM, riportiamo lo stillicidio di eventi che ci ha condotti inesorabilmente all’attuale disastro. Ancora una volta, la Lombardia si è fatta cogliere impreparata ed è veramente una magra consolazione che, anche a livello nazionale, non ci si sia comportati molto meglio. I mesi di “tregua” estiva sono stati sprecati, presi com’eravamo dalle inutili discussioni su discoteche, migranti, vacanze all’estero e con l’imperversare sui media di tante figure mediche che un giorno sì e l’altro pure mettevano in campo previsioni rassicuranti (per usare un eufemismo), per non parlare di una parte di classe politica capace di dire, nel giro di poche ore, tutto e il contrario di tutto.
È pur vero, d’altra parte, che i danni causati da trent’anni di dogma neoliberista non si sarebbero potuti risolvere in tre mesi. La sciagurata idea di associare alla parola “salute” la parola “profitto” ha causato disastri inenarrabili. Ma è anche vero che si sarebbe potuto fare di più e diversamente.
Di nuovo, la Lombardia si sta dimostrando non all’altezza, rivelando almeno quattro gravissime mancanze:
- di un sistema di tracciamento di massa e gratuito;
- di una valida assistenza territoriale volta a decongestionare gli ospedali;
- di nuove assunzioni di medici e infermieri.
- di prevalenza della funzione pubblica della salute rispetto al privato.
Ognuna di queste mancanze ha una sua responsabilità su alcune delle notizie (quasi tutte vergognose) che stanno emergendo in questi giorni anche attraverso i grandi media.
Abbiamo già parlato della mancanza di personale per l’Ospedale in Fiera. Proprio ieri, invece, il Corriere nella sua edizione milanese ospitava un articolo dal titolo eloquente: “Tampone Milano Covid, Ats: ‘E’ un business, servono più regole’. Il costo? Fino a 150 euro”. Del resto proprio ad agosto, assistendo all’imbarazzante sovraccarico dovuto all’imposizione dei tamponi per chi tornava dall’estero, prevedevamo che il sistema di tracciatura sarebbe saltato. E così è stato. Ma non è vero che i tamponi non ci sono! I privati continuano a processarli in quantità industriale facendosi pagare profumatamente.
Oggi, invece, nuova bomba su Repubblica, innescata proprio ieri dalla denuncia social di Vittorio Agnoletto, con un articolo che titola: “Coronavirus, polemiche per le visite a domicilio del San Raffaele a 450 euro: ‘Business inaccettabile sui positivi'”. Ed effettivamente, se uno va a verificare sulla pagina incriminata, i costi sono proprio quelli: 90 euro per un consulto video o telefonico e 450 euro per una visita domiciliare. Come a dire che chi non ha i soldi può pure arrangiarsi! E i cittadini che di soldi non ne hanno, tra casse integrazioni, chiusure forzate, sussidi statali centellinati e welfare familistico sempre più ridotto all’osso, sono sempre di più.
Insomma, in piena pandemia globale, il privato continua a lucrare sull’emergenza, mentre dovrebbe invece essere obbligato dalla politica a mettersi a servizio della salute pubblica.
Siamo un Paese strano (ma, magra consolazione, non l’unico) dove spesso e volentieri le considerazioni politicamente più sensate e condivisibili provengono dai comici. E proprio con la feroce citazione di un comico chiudiamo. Un comico che imita un noto virologo spesso presente in televisione. Un’imitazione in qualche modo definitiva: “Vede buonuomo, questo è il famoso distanziamento sociale. I ricchi di qua, i poveri di là. Più sono distanziati, più l’eccellenza sanitaria lombarda riesce a essere tempestiva con quelli di qua. Va da sé che quelli di là sono più di là che di qua”.
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