Dignità, cura e salute ai tempi del Covid (prima parte)

Nella giornata di ieri Mutuo Soccorso Milano APS ha organizzato un talk dal titolo “Dignità, cura e salute ai tempi del Covid”. A moderare gli interventi di Vittorio Angoletto di Medicina Democratica, di Cecilia Strada di AiutArci Milano e di Raniero Madonna di Stop Biocidio ci ha pensato Carlotta Cossutta, vice-presidentessa dell’Associazione di Mutuo Soccorso e attiva nelle Brigate di solidarietà durante il periodo del primo lockdown. Molti gli spunti interessanti emersi che cercheremo di riportare in due testi che pubblicheremo tra oggi e domani.

Carlotta Cossutta

Le Brigate si sono organizzate all’inizio del primo lockdown per colmare un vuoto che emergeva. Un vuoto di welfare e di pianificazione per cui c’erano e ci sono moltissime persone che si trovavano in isolamento e quindi impossibilitate ad uscire per acquistare cibo e medicine. Questo in un primo momento.

Successivamente abbiamo iniziato a vedere gli effetti economici del lockdown. Milano si presenta e vuole apparire come una città estremamente funzionante, una città che fa della capacità di produrre ricchezza il suo vanto. La crisi ha fatto emergere come questa ricchezza sia distribuita in maniera disomogenea e disuniforme. E come, soprattuto a Milano, ci troviamo di fronte a moltissime persone che lavorano in nero, lavorano a termine, lavorano a chiamata. Oppure vengono considerati piccoli imprenditori solo perché hanno una Partita Iva. Insomma, un mare di gente impossibilitata a percepire reddito.

Nei primi giri che mi è capitato di fare per consegnare i pacchi alimentari mi è capitato di imbattermi spessissimo in collaboratori e collaboratrici domestiche lasciate a casa da un giorno con l’altro per le famiglie per cui lavoravano. Persone che per i mesi e gli anni precedenti avevano lavorato in nero. Uno si immagina che nell’intimità del rapporto familiare si creassero dei rapporti di intimità e invece i rapporti di sfruttamento e potere, ancora una volta prevalgono. (…)

Crediamo che la mobilità che abbiamo sperimentato nei mesi dell’emergenza, che veniva da una storia di lavoro politico collettivo e di costruzione di comunità e solidarietà possa essere replicata. A Milano ci troviamo all’inizio di un nuovo lockdown e abbiamo la consapevolezza che il sogno che in tanti hanno respirato e cioè che bastasse far “sgocciolare” un po’ della tanta ricchezza che viene quotidianamente prodotta nella metropoli per permettere a tutti di vivere bene non basta e non è neppure giusto! (…)

Vittorio Agnoletto

Iniziamo col dire che la problematica non è solo medica, ma fortemente sociale. E questo, spesso e volentieri, nelle analisi della situazione non viene detto. (…) Nel libro “Senza respiro” uscito settimana scorsa c’è una prefazione di Lula perché dobbiamo tener presente che questa è una pandemia globale e mi interessava partire dal Brasile perché lì è lampante che il virus può colpire tutti, ma poi al sua evoluzione è sicuramente determinata delle condizioni socio-economiche del malato. In Brasile questa cosa è evidentissima, ma secondo me anche qui è evidente. (…) Se la Lombardia fosse una nazione indipendente come la Lega chiedeva anni fa noi saremmo il paese al mondo col più alto numero di decessi in relazione agli abitanti: 170 decessi per Covid su 100.000 abitanti. Sto parlando solo di dati ufficiali. E questa non è una provocazione, sono dati scientifici! Questo ci dice il disastro che abbiamo vissuto in primavera e che rischiamo di vivere ancora.

Ma noi non avevamo uno dei migliori servizi sanitari a livello italiano ed europeo?

Si tratta di intendersi. Se parliamo di una persona che deve fare una terapia oncologica avanzata allora è vero. Come se parliamo di un intervento chirurgico ad alta tecnologia. E’ questa l’unica medicina? La medicina che ci serve? La medicina per tutti? La risposta è assolutamente NO.

Come abbiamo fatto a trovarci in questa situazione?

-Abbiamo un servizio sanitario che è composto da sanità pubblica e privata convenzionata e accreditata. Il 40% della spesa sanitaria pubblica corrente in Lombardia va alle strutture private. Le strutture private convenzionate per i primi 15 giorni della pandemia non si sono mosse. Inoltre una struttura privata che obiettivo ha? Di fare profitto sulla merce. E la merce qual’è? La merce sono i malati e la malattia. Se ci sono meno malati la sanità privata guadagna di meno. La sanità privata quindi si convenziona con quei settori della medicina che danno più alti profitti. Non è interessata a gestire dipartimenti d’emergenza e pronto soccorsi.

-Mentre per la sanità privata la prevenzione è un “avversario” perché gli sottrae malati per quella pubblica è un risparmio di spesa. Ma nonostante questo, negli ultimi 20 anni, la sanità pubblica lombarda ha avuto gli stessi paradigmi e obiettivi di quella privata. E’ quindi stata distrutta la sanità territoriale. Abbiamo medici di medicina generale che, forzando la convenzione nazionale, sono costretti a seguire 1.800 pazienti quando il massimale era di 1.500. Sono stati chiusi ambulatori e laboratori. (…) Hanno ridotto al minimo i numeri della medicina del lavoro territoriale. I medici di quei servizi li hanno lasciati in smart-working nel momento in cui sarebbe stato necessario fossero in giro! (…) E poi, fino al 20 aprile e su questo ci sono le prove, hanno permesso ai datori di lavoro di autocertificare mandando dei semplici questionari sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

-Ma i medici che sono dentro la rete d’allerta regionale e che hanno visto, da fine novembre, un aumento delle polmoniti intersitizali, dove hanno mandato le segnalazioni? E queste segnalazioni che fine hanno fatto? (…) Chi è il funzionario che le ha tenute nel cassetto? Chi è l’assessore che non ha avviato un’indagine? Si sono persi due mesi!

-Qualche giorno fa hanno fatto una circolare in cui viene detto che i tamponi in Lombardia vengono eseguiti solo su persone sintomatiche. Ma siamo alla follia! E’ come alzare bandiera bianca e dire al virus di diffondersi come vuole. Noi, in Lombardia, secondo le leggi, dovevamo avere 200 USCA, le Unità Speciali di Continuità Assistenziale che avrebbero dovuto seguire a casa le persone con pochi sintomi garantendo la fornitura di medicine, saturimetri e bombole d’ossigeno. Ecco, in Lombardia, al momento ne abbiamo meno di 50! A Milano ne dovremmo avere 27, ma non arriviamo a 10! E’ chiaro che allora i pazienti vanno in pronto soccorso! E chiunque conosce un po’ di medicina sa che un’epidemia di questo tipo non può essere retta dal sistema ospedaliero da solo. (…)

Tutto ciò è stato causato:

-dalle privatizzazioni.

-dall’aver centrato la medicina sulla cura e non sulla prevenzione.

-dall’aver devastato la sanità territoriale.

Va rimesso totalmente in discussione il paradigma della saluta che sta governando oggi l’idea di medicina. Noi possiamo avere i chirurghi più bravi, le tecnologia più incredibili che possono salvare 10 persone, ma poi ne abbiamo fatte morire 17.000 che avrebbero potuto essere assistite e salvate in modo diverso. Insomma è il neoliberismo che ha imposto la sua concezione di considerare i corpi e la salute come merce. (…)

Siamo in emergenza mondiale e che cosa accade? Abbiamo 230 ricerche sui vaccini, ognuna che va per conto suo. Abbiamo gli stati che scommettono sui vaccini, sborsando moltissimi soldi alle multinazionali farmaceutiche in gara e ovviamente con ben poco riguardo nei confronti dei paesi che non possono permettersi tutto ciò. Abbiamo la legge del più forte e del più prepotente che vince con Trump che a giugno ha acquistato tutta la produzione di Remdesivir (un farmaco che serve nella fase avanzata della malattia) della Gilead (azienda biofarmaceutica americana, ndr.) per i prossimi 4 mesi lasciando sostanzialmente sguarnito il mercato. (…) Perché i governi anzichè concorrere l’uno con l’altro e concorrere con le multinazionale non hanno chiesto la modifica della proprietà intellettuale presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio? Quando ci sarà il vaccino ci sarà la corsa e non tutti potranno averlo! (…)

Questa pandemia è la dimostrazione plastica del fallimento del sistema sanitario basato sulla cura, per pochi, costosa. Dovremmo riflettere sul fatto che le nuove frontiere della scienza non dovrebbero essere solo la scoperta di nuovi farmaci, ma dell’organizzare un servizio sanitario che possa arrivare a tutti. E di fronte alle nuove pandemie è fondamentale la partecipazione della popolazione. Non si può delegare tutto alla scienza e ai medici. (…)

La sanità lombarda ha rinunciato a dare risposte ai bisogni collettivi e ha aperto la strada a un business enorme del privato. Non fanno tamponi perché dicono che non ci sono. Ma non è vero! I privati continuano a farne in massa, a pagamento ovviamente. Col blocco dell’erogazione di tutti gli interventi non-Covid un sacco di gente va dai privati che continuano a far soldi. Chi non se lo può permettere non viene curato. Se siamo in emergenza, si usino misure di emergenza. Le cliniche private devono essere requisite. Sto parlando di follie? No! In Irlanda nei mesi peggiori hanno stabilito che le strutture private e i medici che vi lavorassero facessero attività pubblica. Questo è durato per due mesi. E non stiamo parlando di un governo rivoluzionario.

Chiudo dicendo che non è che a Roma hanno fatto tutto bene…

La circolare che stabiliva che il tampone andava fatto solo a chi veniva dalla Cina è del 27 gennaio e ne ha sostituita una del 22 che diceva che il tampone si poteva fare anche da chi non veniva dalla Cina. Questo ci ha fatto perdere un mese!

Se dichiari l’emergenza sei tu che devi ordinare a livello centrale i vaccini antifluenzali e non fai concorrere le regioni tra loro.

Se ci tieni alla salute pubblica non fai finta che non ci siano 100.000 firme che ti chiedono di commissariare la sanità lombarda. Vai a commissariare quella calabrese perché lì i rapporti di forza sono facili, ma qui gli hai lasciato fare tutto quello che volevano!

Foto in copertina da Nursetimes.org

 

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