993 decessi da Covid in un giorno. La Fondazione Gimbe: «Non va tutto bene»

Il bollettino dell’epidemia Covid ha fatto registrare ieri un triste record: le vittime sono state 993 contro le 684 di mercoledì (per un totale di 58.038); i nuovi casi sono stati 23.225, in risalita rispetto alle 20.709 del giorno precedente. Si tratta del numero di morti più altro da quando è scoppiata la pandemia in Italia. Secondo gli infettivologi, i decessi di adesso sono il risultato delle infezioni di circa un mese e mezzo fa, quando la curva dei contagi era in crescita.

Il numero di tamponi effettuati è stato pari a 227.729, 20.586 in più rispetto a mercoledì. Il rapporto tamponi-positivi risale a 10,2% (contro il 9,99 di mercoledì). In calo le terapie intensive occupate: 19 in meno, su un totale di 3.597. Così come i ricoveri ordinari: 682 in meno, 31.772 in tutto. La regione che ha registrato il maggior numero di nuovi casi è stata ancora la Lombardia (3.751) seguita da Veneto (3.581), Campania (2.295) e Piemonte (2.230). I casi totali dall’inizio dell’epidemia sono 1.664.829. Il numero di guariti 846.809. I malati attuali sono in totale 759.982. In isolamento domiciliare sono in 724.613.

Il monitoraggio della Fondazione Gimbe nella settimana dal 25 novembre al primo dicembre conferma «timidi segnali» di rallentamento dell’epidemia: «Le restrizioni funzionano, ma il colore delle regioni sbiadisce troppo in fretta». Rispetto alla precedente settimana, i nuovi casi sono passati da 216.950 a 165.879 a fronte di un calo nei casi testati (meno 13,6%) e di una riduzione del rapporto positivi/casi testati (24,7% rispetto al 27,9%). Sul fronte degli ospedali, sono diminuiti sia i ricoveri con sintomi (32.811 rispetto a 34.577, meno 5,1%) che le terapie intensive (3.663 contro 3.816, meno 4%), un segnale che la curva avrebbe imboccato la fase discendente. Ma sono stati i decessi a salire: 5.055 rispetto a 4.842 della settimana precedente, più 9,9%. Spiega Nino Cartabellotta, presidente Gimbe: «Se il calo dei nuovi casi da un lato è attribuibile alle misure introdotte, dall’altro risente dell’inspiegabile riduzione di quasi 106 mila casi testati».

La soglia di occupazione per pazienti Covid dei reparti di area medica rimane oltre il 40% in 15 regioni. La soglia del 30% nelle terapie intensive è superata in 16. Dove i tassi di occupazione sono elevati, «i pazienti Covid “invadono” gli altri reparti limitando la possibilità di curare patologie differenti». La Fondazione ha valutato anche l’impatto delle misure introdotte dal Dpcm del 3 novembre, con la divisione in zone delle regioni, esaminando il trend di 5 indicatori: Rt, nuovi casi, attualmente positivi, ricoveri e terapie intensive. L’analisi si è focalizzata sul periodo 6-28 novembre: a parte la riduzione dell’indice Rt, tutti gli altri indicatori sono peggiorati, tranne rare eccezioni. Renata Gili, responsabile Ricerca sui servizi sanitari: «Non si intravedono risultati tangibili a 3 settimane dall’introduzione delle misure. Sbiadire troppo presto il colore delle regioni rischia di determinare una risalita prima dell’indice Rt, poi della curva epidemica e quindi dei tassi di ospedalizzazione».

I ricercatori Gimbe fanno notare che il miglioramento potrebbe essere sovrastimato sia da ritardi di notifica e completezza dei dati comunicati dalle regioni, sia da altri fattori: «Diminuzione dei casi testati e dei tamponi; ritardo di comunicazione delle date di diagnosi, prelievo e inizio sintomi, che abbassano l’Rt; conversione di posti letto di area medica con conseguente riduzione del tasso di occupazione ospedaliera». Rispetto all’ipotesi di mettere l’intero paese in area gialla, Cartabellotta commenta: «Non va tutto bene: 17.374 decessi in 30 giorni. Al governo chiediamo la linea del rigore».

La speranza è affidata ai vaccini. Il commissario straordinario Domenica Arcuri ieri ha fatto il punto: «La campagna vaccinale partirà dall’ultima decade di gennaio, entro settembre porterà le fiale “anti Covid” a tutti. Sarà gratuito e non obbligatorio». Arriveranno 202.573.000 dosi da varie case farmaceutiche. All’inizio saranno 300 i luoghi di somministrazione del vaccino Pfizer-Biontech (il primo disponibile), perlopiù ospedali. La distribuzione di massa con la fase 2: da un hub (un struttura della Difesa) partiranno lotti di vaccino, con il supporto delle forze armate, in 1.500 punti di somministrazione. Uno ogni 30mila abitanti. Saranno operative anche le Unità mobili. L’obiettivo minimo è il 60% di vaccinati.

di Adriana Pollice

da il Manifesto del 4 dicembre 2020

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