Nuke e gas fonti nocive, la tassonomia «verde» di Bruxelles nella bufera
Lettere e contro-lettere, pro e a sfavore, da parte di stati e gruppi parlamentari europei, minacce di ricorsi in giustizia, pressioni dei lobbisti fino all’ultima ora, denunce delle ong, parere negativo degli esperti Ue, persino forti dubbi da parte di gestori di grandi patrimoni: c’è confusione attorno all’ultima scadenza, ieri, per la bozza della Commissione sull’«atto delegato complementare» che riguarda l’inserimento dell’energia nucleare e del gas naturale come energie di transizione nella tassonomia europea, la classificazione dell’attività economiche giudicate sostenibili che ha lo scopo di indirizzare gli investimenti (la Commissione prevede investimenti annuali necessari intorno ai 520 miliardi per la transizione energetica della Ue).
Il Parlamento europeo è furioso, per il rifiuto della Commissione di consultare i parlamentari sull’ultima stesura e denuncia l’assenza di un’analisi costi-benefici sulle due fonti di energia. Ieri era l’ultima data limite, dopo che la Commissione non era riuscita a trovare un’intesa l’anno scorso e anche la nuova scadenza, il 12 gennaio, era stata sorpassata.
L’europarlamento chiede più tempo. Tanto più, che un ultimo parere di esperti Ue sostiene che l’energia nucleare, pericolosa, non rispetta il principio di «non nuocere», mentre il gas potrebbe passare come energia di transizione, ma solo a condizione di abbassare ancora il tetto permesso di emissioni di Co2. I ministri dell’Ambiente e dell’Energia sono riuniti a Amiens, in un vertice informale organizzato dalla presidenza francese della Ue, e anche qui le divisioni sono all’ordine del giorno.
La Commissione dice che una soluzione sarà trovata «il più presto possibile». La Presidente Ursula von der Leyen ha detto qualche giorno fa che le due energie sono «necessarie per la transizione». L’esecutivo di Bruxelles ha ricevuto varie lettere. Una da parte dei presidenti delle commissioni Ambiente e Affari economici del Parlamento europeo. Una dei gruppi S&D, Renew, Verdi e Left che si dicono «profondamente preoccupati dal processo relativo alla tassonomia delle attività durevoli», ma c’è anche una lettera a favore del nucleare. S&D e Verdi si dicono «preoccupati per il crollo del regolamento europeo sulla tassonomia, dove le parole non hanno più senso e dove il meccanismo inizialmente destinato a mettere in atto la regola d’oro per gli investimenti durevoli e lottare contro il greenwashing perde ogni credibilità». Ieri, il gruppo S&D ha proposto di mettere gas e nucleare «in una categoria a parte», non dentro la tassonomia, ma solo come energie che possono temporaneamente contribuire, in casi particolari, a tagliare le emissioni, per rispettare l’impegno di una diminuzione di Co2 del 55% entro il 2030 e della neutralità carbonio nel 2050.
C’è poi un’altra lettera, proveniente da 4 stati, dichiaratamente ostili al nucleare. «Troviamo la nuova bozza problematica – scrivono Austria, Lussemburgo, Spagna e Danimarca – sia dal punto di vista politico che tecnico». L’Austria minaccia un ricorso alla Corte di Giustizia: «nessuna delle due fonti di energia, nucleare e gas, è sostenibile», ha affermato la Ministra austriaca dell’Ambiente, Leonore Gewessel. Il Lussemburgo potrebbe aderire alla denuncia. Ma la coalizione di stati contraria non ha i numeri per bloccare la bozza: è necessario un accordo tra il 72% dei paesi (cioè almeno 20), che rappresentino almeno il 65% della popolazione. Più possibilità al Parlamento, che voterà in blocco sul testo e non potrà presentare emendamenti, ma potrà respingere la proposta della Commissione a maggioranza semplice (almeno 353 voti).
I dubi attraversano persino i governi, a cominciare da quello tedesco, tra Spd, Liberali e Verdi. «Consideriamo il nucleare una tecnologia pericolosa – ha detto il portavoce del cancelliere Olaf Scholz – ma per il momento il governo è d’accordo sul fatto che abbiamo bisogno del gas naturale come tecnologia di transizione» (ma ora sul North Stream 2 si addensano le nubi della tensione con la Russia sull’Ucraina). Nelle scorse settimane si è parlato di un deal tra Germania e Francia, per far passare sia gas (voluto da Berlino) che nucleare (difeso dalla Francia, con una manciata di alleati dell’Est). Martedì Emmanuel Macron è a Berlino, per incontrare Scholz. Il Presidente francese, mercoledì nel discorso al Parlamento europeo, ha precisato: «Dobbiamo riconoscere che l’energia nucleare è un’energia decarbonata, il testo della Commissione è buono perché riconosce anche che dobbiamo dare una mano ai paesi che passano dal carbone al gas». Ma anche tra gli investitori ci sono dubbi, «restiamo fortemente contrari all’inclusione del gas nella tassonomia» fa sapere l’Institutional Investors Group on Climate Change, che gestisce un pacchetto di 50mila miliardi.
Le ong e gli esperti sono delusi. Al Club di Roma, la co-presidente Sandrine Dixson-Declève, sostiene che la bozza della Commissione «non tiene conto di 4 anni di analisi scientifiche e finanziarie» e ricorda che la Cina ha escluso il gas dalla propria tassonomia, la Corea del Sud il nucleare e che persino la Russia, pur essendo produttore, sta preparando una tassonomia senza gas.
Greenpeace propone una consultazione pubblica, «senza, c’è il rischio di un disequilibrio dei voti» all’Europarlamento. Ma la Commissione non ne vuole sapere: «non siamo tenuti». Le lobbies premono: la produzione di Co2 del nucleare nel lungo periodo è uguale all’eolico, dicono gli uni, il gas ha un ruolo importante per rispettare l’impegno di una diminuzione del 55% delle emissioni entro il 2030, dicono gli altri (e chiedono di alzare il limite a 340 grammi di Co2 per kWh mentre la bozza lo fissa a 270).
di Anna Maria Merlo
da il Manifesto del 22 gennaio 2022
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