A Ventimiglia col Progetto 20K
Partito come un monitoraggio e un punto informazioni per i migranti, il progetto 20K, fedele all’idea che i progetti veri e concreti si misurano sul campo, dopo un paio di settimane a Ventimiglia vede i suoi attivisti già pienamente coinvolti nel campo autogestito che si è creato accanto a quello istituzionale della Croce Rossa Italiana.
Come l’estate scorsa il flusso migratorio è importante e il clima di tensione lungo i confini, nonché le misure di controllo attuate dai governi con pesanti filtri alle frontiere, ripropongono situazioni simili a quelle di altri punti di stallo diffusi in tutta l’Europa meridionale: la strategia di chiudere i confini si rivela come sempre una strategia poco lungimirante e disfunzionale sia per gli abitanti di Ventimiglia che per i migranti stessi, anche perché attuata ancora nell’ottica dell’Emergenza Migranti, quando di emergenza non si tratta più.
La città è gestita in due versioni parallele.
Da una parte Prefettura e Comune che, secondo palesi direttive statali, puntano a identificare e a mettere in difficoltà i migranti nei modi più fantasiosi: da diverse settimane vengono operate vere e proprie deportazioni da parte delle forze dell’ordine che riempiono pullman di persone (rastrellate per tutta la Liguria) senza documenti che vengono di conseguenza rispedite al punto di partenza nel Sud Italia, un po’ come in un triste gioco da tavolo; il tutto senza diritti riconosciuti dal punto di vista legale.
La Croce Rossa ha da poco attivato un campo il cui scopo sembra però tutt’altro che umanitario: da subito è risultato palese l’obiettivo di spingere le persone che usufruivano dei servizi a farsi identificare, pena l’obbligo di lasciare il campo dopo pochi giorni.
Ma i migranti non sono oggetti né greggi da portare a spasso, e si sono arrangiati: quasi subito accanto al campo istituzionale è sorto un campo autogestito dove i migranti stessi si sono organizzati con una cucina comune e tutto ciò che serviva loro. Se si prova a chiedere il perché di questa scelta la risposta è la LIBERTA’. Anche se l’autogestione è faticosa e ogni giorno pone nuove sfide, restare umani è l’unico vero obiettivo.
Con questa convinzione il progetto 20K sta recuperando i materiali necessari a soddisfare i bisogni delle persone che stanno nel campo, oltre a fornire supporto sul posto, con un’ottica mutualistica e non di beneficenza: differenza sottile ma fondamentale tra chi cerca di fornire gli strumenti mettendo al centro i migranti e le loro capacità e chi invece pensa che colmando le prime necessità il problema si risolva per grazia divina, peccato che tra l’altro i pasti distribuiti siano imbarazzanti e le polmoniti vengano curate con l’aspirina.
Il progetto 20K funziona anche grazie al supporto di chi nelle città organizza la raccolta dei materiali, come è stato fatto ieri a Milano alla libreria Les Mots dove in tanti si sono presentati con ciò che veniva richiesto e che in questi giorni verrà portato a Ventimiglia.
I bisogni materiali sono preponderanti ma è ugualmente necessario che si parli di ciò che accade a Ventimiglia, che si sappia e si racconti che dove lo Stato è assente, o peggio ostacola, l’alternativa dal basso rimane un’esperienza virtuosa, funzionale e soprattutto umana.
Per seguire gli aggiornamenti quotidiani la pagina del Progetto 20K.
Silvia
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