American Gods – Buona la prima, la seconda un po’ meno

Cosa ci fanno, in viaggio in giro per l’America profonda su una Cadillac Fleetwood Brougham 1966, un detenuto appena rilasciato dalla prigione e Odino, antico padre di tutti gli dei?

Se cercate la risposta a questa surreale domanda dovete guardare American Gods, la serie Prime ispirata all’omonimo romanzo di Neil Gaiman (2001). E, meglio chiarirlo fin da subito, non è detto che troverete la risposta che cercate.

Shadow Moon è un ex-detenuto appena rilasciato dalla prigione che accetta, non avendo più nulla da perdere, di fare da guardia del corpo all’enigmatico Mr. Wednesday.

Dicevamo che Shadow non ha più nulla da perdere perché ha perso l’amata moglie Laura in un incidente stradale proprio poche ore prima di essere rilasciato dal carcere, dove stava scontando la condanna per una rapina a un casinò.

Shadow e Wednesday iniziano un lungo viaggio on the road attraverso l’America profonda, grande tema portante di ogni buona narrazione americana. Lentamente, Shadow inizia a comprendere cosa si nasconde dietro le stravaganze e le stranezze del suo datore di lavoro.

Mr. Wednesday non è altro che Odino, la divinità più importante della tradizione germanica e scandinava, il quale sta cercando di arruolare le antiche divinità per quella che si preannuncia essere una guerra sempre più imminente.

Le antiche divinità, via via approdate sul suolo americano con il passare dei secoli, sono figure ormai scolorite e quasi dimenticate, che si sono adattate a sopravvivere all’interno della società americana stando ai margini e negli anfratti più nascosti. Vite ai margini dunque. E di pura sopravvivenza.

Odino invece propone loro di tornare all’antica magnificenza schierandosi al suo fianco per un nuovo, devastante, conflitto.

Ma chi sono queste antiche divinità che Odino cerca di arruolare?

Abbiamo Mad Sweeney, un leprecauno irlandese ex-dio Sole della sua isola ridotto a un rissoso alcolizzato. C’è Bilquis, l’antica dea africana dell’amore conosciuta anche come regina di Saba. Insieme a lei, sempre dall’Africa ci sono Mr. Nancy, l’antico dio ragno ghanese Anansi, e Mr. Ibis, ora compassato impresario di pompe funebri, ma un tempo divinità egizia di nome Thot.

Insieme a loro ci sono Jinn, antico demone del fuoco arabo, Černobog con il suo martello, antico dio slavo della morte e del male ed Easter, antica dea germanica della fertilità e della primavera.

Brillante l’idea di presentare le figure delle varie divinità associate alle storie del progressivo arrivo sulle coste americane di diverse ondate di popoli stranieri: vediamo quindi l’arrivo dei vichinghi, quello degli schiavi africani in catene, quello degli immigrati irlandesi in fuga delle carestie della loro isola e infine quello dei migranti messicani cui viene data una caccia spietata sul confine con gli States dai soliti redneck armati.

Ancora una volta, viene trattato il tema della ricerca del divino (come già in Preacher) e viene ribadito l’interesse per le divinità connesse alle religioni politeiste del mondo antico, come in Vikings.

Dicevamo che la guerra sembra imminente. Ma chi sono i nemici delle antiche divinità?

Non si tratta, come si potrebbe immaginare, delle divinità attuali, ovvero le divinità monoteiste al cui culto è rivolta la fede di gran parte dell’umanità. La guerra con queste divinità c’è già stata e gli antichi dei, sconfitti, sono stati relegati in vere e proprie riserve.

No, la nuova guerra è quella contro i nuovi dei. Gli dei del futuro guidati da Mr. World, le cui spalle più importanti sono Technical Boy e (New)Media. Si tratta degli dei che rappresentano il modello di vita occidentale che con la globalizzazione sta venendo imposto a tutto il mondo. Gli dei della civiltà della tecnica, come avrebbe detto Emanuele Severino, ma non tergiversiamo.

Dicevamo della guerra imminente. Una guerra imminente, ma non scontata. Perché Mr. World e i suoi tentano di blandire gli antichi dei per schierarli dalla loro parte con le tipiche “offerte che non si possono rifiutare” tanto tipiche della cultura occidentale.

In questo scenario, Shadow, che fino ad allora non aveva creduto a nulla, si trova via via incastrato nelle macchinazioni di Mr. Wednesday stabilendo con lui un rapporto insano a cavallo tra sudditanza e fedeltà. Shadow, alla fine, si trova a credere in Odino. E non c’è niente di meglio per una divinità che trovare qualcuno che creda in lei.

Fin qui le parti convincenti. Però, inutile nasconderselo, c’è un grosso ma.

Se la prima stagione, seppur allucinata e lisergica, ha un filo narrativo solido che guida gli eventi, la seconda stagione, come si dice, “si perde un po’ via”. La narrazione è frammentata. Vengono presentati molti temi e aperte molte parentesi che non vengono né approfonditi gli uni né chiuse le altre. La vicenda si sfarina e la comprensione diventa difficile, tanto da far sembrare che neppure gli autori sapessero bene cosa volessero dire.

Se poi si vanno a scoprire i retroscena della serie ci si rende conto che queste sensazioni trovano una solida conferma nel fatto che, come ci raccontano Esquire e Wired nelle loro recensioni, i due sceneggiatori originari della serie sono stati sostituiti in corso con risultati però, a nostro parere, non apprezzabili.

Insomma, la vicenda narrata merita, ma la seconda stagione non ha confermato le aspettative suscitate dalla prima. Aspettiamo a questo punto la terza.

Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *