“Campagne di guerra”, un libro utile a smascherare la retorica bellicista dei nostri giorni

Il tema della guerra è tornato prepotentemente nel dibattito pubblico negli ultimi due anni. A questo hanno contribuito i conflitti in Ucraina e  a Gaza con la loro scia di morte e devastazione. E proprio di guerra parla Campagne di guerra, 150 anni di comunicazione, pubblicità, propaganda di Giuseppe Mazza pubblicato da Prospero Editore nel 2023.

Il libro analizza il connubio fortissimo tra il mondo della comunicazione e quello della guerra. E per fare questo, in un’introduzione molto ispirata va alle radici della nostra cultura scavando nel discorso di guerra inteso come capacità di giustificare il massacro e le stragi. Si parte quindi dalle origini epiche e mitologiche del discorso di guerra e l’autore identifica un preciso momento in cui, a suo dire, nella cultura occidentale la guerra passa da terreno di scontro fisico a terreno di strategia. Siamo al decimo anno dell’assedio di Troia e dopo l’uccisione di Achille i greci devono decidere a chi debba ereditare le sue armi. I candidati sono due: il grande guerriero Aiace e lo scaltro Odisseo. Sarà quest’ultimo a vincere lo scontro per l’eredità grazie alle sue doti dialettiche. E proprio qui l’autore vede il momento in cui il discorso di guerra diventa più importante della guerra stessa.

Subito dopo l’introduzione si parte subito fortissimo poiché il primo capitolo è dedicato all’arma con la a maiuscola: la bomba atomica che è ritornata nel dibattito pubblico ancor prima che con la pellicola di Christopher Nolan su Oppenheimer con i terrificanti dibatti del 2022 su una possibile guerra atomica tra Russia e Occidente. Dibattiti di una leggerezza e di una faciloneria sconvolgente per chiunque abbia un minimo di conoscenza del funzionamento delle armi nucleari. Qualsiasi persona con un minimo di formazione (e buon senso) sa che, per sua stessa natura, la guerra atomica, una volta iniziata non è più controllabile. La criminale leggerezza con cui si è dibattuto nei salotti di armi nucleari tattiche e armi nucleari strategiche la dice lunga sul livello infimo della nostra attuale “classe dirigente” intesa come politici, giornalisti ed esperti. I più cauti in questi discorsi sono stati, non a caso, proprio i militari. Capovolgimenti della nostra epoca oscura! L’autore spiega come sia stata studiata una vera e propria campagna tesa a giustificare l’utilizzo delle due atomiche su Hiroshima e Nagasaki ancor prima di averle sganciate e iniziata sin dal luglio ’45 con una fittissima pioggia di volantini sulle città giapponesi. Tra i giustificazionisti del doppio massacro emerge con la sua prosa accattivante l’allora Primo Ministro inglese Winston Churchill.

Si passa poi al tritacarne della Prima Guerra Mondiale con l’analisi del discorso dominante, quello del potere, basato sul celeberrimo e declinato praticamente in qualsiasi lingua: “Your country needs you”. Come controcanto vi è però l’altra faccia della medaglia ovvero un’analisi onesta della presa reale e relativa della propaganda di guerra verso le fasce cui era rivolta. La storia reale insomma non è proprio quella ufficiale raccontata dai libri di storia di masse entusiaste che per quattro anni sono andate a testa bassa e piene di convinzione a farsi massacrare nelle trincee che attraversavano l’Europa dalla Francia alla Russia.

Il celebre manifesto inglese del 1914 in cui il Segretario di Stato alla Guerra Lord Kitchener punta il dito verso l’osservatore con un aria accusatrice che punta a suscitare vergogna e senso di colpa.

Dopo vent’anni di pace precaria si arriva alla Seconda Guerra Mondiale dove, tra le altre cose, entra prepotentemente e definitivamente in campo il tema delle merci.

Un considerazione particolare merita uno dei paragrafi del quinto capitolo in cui titolo è Definisci Propaganda. Qui viene accuratamente studiata una vicenda che è diventato un caso di scuola ovvero il cosiddetto “Stupro del Belgio”. Nei primi giorni della Prima Guerra Mondiale il potentissimo esercito tedesco, per eseguire al meglio le manovre previste dal Piano Schlieffen viola la neutralità del Belgio invadendo il piccolo paese per arrivare prima in Francia. Già quest’azione di prepotenza del Golia tedesco contro il Davide belga crea solidarietà nei confronti dei belgi che, tra l’altro, combattono accanitamente per difendere il loro paese. In aggiunta a ciò ben presto iniziano a circolare notizie delle terribili violenze compiute dalle truppe tedesche nei confronti dei civili belgi. Queste violenze vengono amplificate a dismisura e oggettivizzate dal Bryce Report, un’indagine messa in piedi dal Regno Unito nel tentativo di dare una verità giuridica e ultimativa alla questione.  Citando l’autore:

“Il Bryce Report non era una totale bugia. Piuttosto fu un oculata esagerazione, edificando su fondamenta reali una costruzione in parte immaginaria. Dal punto di vista mediatico però il suo linguaggio fu infallibile. Il testo si presentava come un documento legale, arricchito da raggelanti diagrammi che ordinavano i morti in base al modo in cui erano stati ammazzati, se bruciati vivi, sgozzati, sventrati…e questa contabilità dell’orrore era proprio ciò che ci si aspettava. Suonò come un pronunciamento definitivo. Con i suoi toni oggettivi spazzò via ogni congettura”.

Se sul momento l’inchiesta ottenne l’effetto voluto ovvero quello di aizzare l’opinione pubblica delle potenze occidentali in guerra contro la Germania, ben presto iniziò un effetto boomerang. Al diffondersi delle notizie sulle esagerazioni e menzogne presenti nel report seguì una generale disillusione e disincanto dell’opinione pubblica che iniziò a dubitare di simili inchieste con effetti devastanti sulla percezione delle persecuzioni contro gli ebrei da parte del nazismo.

Dopo la il secondo conflitto mondiale l’idea di guerra e della sua promozione entra in una sorta di “crisi di vocazione”. Ne sono esempio lampante le guerre di Corea e soprattutto quella del Vietnam.

E’ con l’11 settembre 2001 e l’attacco alle Torri Gemelli che si riparte daccapo. E qui il nuovissimo della comunicazione video e digitale si unisce al vecchio del ritorno del discorso di guerra in fondo sempre uguale a se stesso. Da qui i discorsi sullo scontro di civiltà, sul noi sempre buoni e sugli altri sempre cattivi. E qui si torna addirittura al Rapporto Bryce quando l’allora Segretario di Stato americano Colin Powell sventolò alle Nazioni Unite la famigerata fialetta d’antrace per convincere le recalcitranti opinioni pubbliche occidentali del rischio rappresentato dalle presunte armi di distruzione di massa di Saddam Hussein cacciandoci a testa basse nel ginepraio della guerra in Iraq dopo quella afghana di due anni prima. Inutile ripetere, a vent’anni di distanza, i risultati di quelle “crociate contro il terrorismo e per l’esportazione della democrazia”.

Insomma, un libro adatto ai tempi pericolosi che stiamo vivendo. Utile a smascherare molta della retorica che passa ininterrottamente sui nostri canali mainstream. E con un apparato illustrativo molto ricco.

 

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