Arera fissa la bolletta: elettricità +59% ma i costi sono già raddoppiati
La prima mazzata sui consumatori italiani è arrivata. La prossima sarà probabilmente nel giorno dei morti ma avrà effetto retroattivo sul mese di ottobre.
Ieri pomeriggio, dopo aver preparato il terreno mercoledì, l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) ha fissato – come da legge e alla luce dei vari decreti Aiuti del governo Draghi – il prezzo dell’energia. «Dal primo ottobre 2022, il prezzo di riferimento per il cliente tipo sarà di 66,01 centesimi di euro per kilowattora». L’aumento è pari al 59% ed è quindi in linea con le stime di Nomisma energia (60%).
Niente tetto (price cap) italiano, niente disaccoppiamento tra prezzo dell’energia legato al gas (molto più alto) e prezzo dell’energia da fonti rinnovabili (molto più basso), con il governo Draghi. È rimasto solo il taglio dei cosiddetti oneri generali di sistema che valevano circa per un quarto della bolletta. Un solo e secondario strumento rispetto alle risposte degli altri governi europei.
Nonostante questo Arera parla di «intervento straordinario» che «evita il raddoppio».
L’intervento viene stimato per 30 milioni di utenze domestiche e oltre 6 milioni di piccole imprese, artigiani e commerciati, spiega l’Autorità. «Bonus sociali» per il quarto trimestre valgono invece per le famiglie con un Isee fino a 12.000 euro (soglia che sale a 20.000 euro per le famiglie numerose). I bonus sono erogati direttamente in bolletta.
Il raddoppio dei costi però è certificato dalla stessa Arera quando raffronta i costi annuali per una «famiglia tipo», ossia con consumi medi di 2.700 kilowattora all’anno: «per la bolletta elettrica la spesa per la famiglia-tipo nel 2022 sarà di circa 1.322 euro, rispetto ai 632 euro circa del 2021».
Andrà molto peggio con la bolletta del gas. E per questo la scelta di Arera (e governo Draghi) è di procrastinare l’annuncio per non assommare troppe brutte notizie, centellinandole per indorare la pillola. Con ogni probabilità sarà dunque il governo Meloni a dover informare gli italiani con effetto però retroattivo da ottobre. Insomma, come ieri con la Nota di aggiornamento al Def, il governo Draghi scarica un’altra patata bollente al nuovo esecutivo.
Dal punto di vista tecnico, lo spostamento di un mese viene così spiegato: «In base al nuovo metodo di calcolo introdotto a luglio da Arera, il prezzo del gas per i clienti ancora in tutela verrà aggiornato alla fine di ogni mese e pubblicato nei primi giorni del mese successivo a quello di riferimento, in base alla media dei prezzi effettivi del mercato all’ingrosso italiano. Il valore del prezzo gas, che sarà pagato dai clienti per i consumi di ottobre, verrà pubblicato sul sito dell’Autorità (arera.it) entro 2 giorni lavorativi dall’inizio di novembre».
Il commento del presidente di Arera Stefano Besseghini è improntato alla moderazione e a tenere a bada le probabili proteste delle aziende: «L’eccezionalità della situazione, con un conflitto che rende incerte le forniture e continua a spingere in alto i prezzi – afferma – ha meritato un intervento altrettanto eccezionale, anche considerando che il Parlamento e il governo sono impegnati in una fase di transizione. Un raddoppio delle bollette avrebbe potuto spingere all’aumento della morosità, mettendo ulteriormente in difficoltà le famiglie e il sistema energetico».
Il tema della morosità, delle centinaia di migliaia di famiglie e imprese che non sono in grado di pagare le bollette, è già reale anche se non esistono dati precisi: «Non abbiamo in questo momento un’evidenza di un’esplosione significativa della morosità», sostiene Besseghini. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta naturalmente di «morosi incolpevoli» visto che per la prima non riescono a pagare.
Per loro però non è previsto al momento alcun trattamento speciale: le norme attuali non li riconoscono e le regole per il distacco della fornitura ai clienti morosi è uguale per tutti.
E prevedono che l’azienda che fornisce l’energia elettrica invii prima un sollecito di pagamento tramite raccomandata o Pec con la contestuale «messa in mora del cliente». Il termine per adempiere al pagamento non può essere inferiore a 15 giorni. Se non si paga, entro altri 15 giorni viene ridotta del 15% la potenza della fornitura. Dopo quella scadenza, se non si è ancora saldato il debito, la fornitura verrà disattivata e dunque sospesa la fornitura di energia elettrica. Naturalmente il boom di morosità allungherà verosimilmente i tempi delle sospensioni.
In caso di pagamento con sanzioni di tutto il debito si potrà ottenere il ripristino della fornitura in 48 ore. Se invece la «morosità» persiste, dopo altri dieci giorni la fornitura verrà definitivamente chiusa. Per poterla riattivare, si deve stipulare un nuovo contratto, con costi molto più alti.
di Massimo Franchi
da il Manifesto del 30 settembre 2022
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