Bufera Covid nelle Rsa, le direttive Fontana nel mirino della Gdf

Dopo gli uffici delle direzioni delle Rsa di mezza Lombardia, ieri la Guardia di Finanza è arrivata anche negli uffici della Regione per acquisire documentazione. Sotto indagine è tutto il «modello lombardo» della gestione della crisi dal 20 febbraio ad oggi. Tecnicamente non si è trattato di una perquisizione, la Guardia di Finanza si è presentata a Palazzo Lombardia dopo aver preso appuntamento con l’avvocatura regionale e si è fatta consegnare documentazione amministrativa e dell’ufficio dellAassessorato alla Sanità. Ci sono le direttive sulla gestione degli ospiti nelle Rsa per anziani e in modo più ampio anche il resto delle indicazioni partite dalla Regione dall’inizio della crisi. I finanzieri hanno preso una parte dei documenti, torneranno a Palazzo Lombardia anche questa mattina per prendere il resto.

I magistrati milanesi quindi vogliono fare chiarezza su tutta la gestione guidata dal duo Fontana-Gallera e puntano alle direttive inviate dagli uffici regionali alle Rsa e alle Aziende Territoriali Sanitarie. Sulle Rsa la madre di tutte le direttive è la delibera di giunta dell’8 marzo che chiedeva alle strutture per anziani di prendere pazienti Covid dimessi per liberare posti negli ospedali. I pazienti sarebbero poi dovuti finire in strutture separate dagli altri anziani, ma la Regione – hanno denunciato i presidenti di diverse Rsa – non ha mai supportato le case di risposo con materiale sanitario, logistico o personale dedicato. «È stato come mettere un cerino in un pagliaio» aveva sintetizzato Luca Degani di Uneba, un’associazione che rappresenta un migliaio di enti socio-sanitari, facendo infuriare l’assessore alla Sanità Gallera. La Regione insomma ha chiesto una mano alle Rsa lasciandole poi in balia della crisi e di gestioni spesso discutibili.

A fare da centro di smistamento verso altre strutture sarebbe stato il Pio Albergo Trivulzio. Al Pat i pazienti non sarebbero stati isolati come dovuto e questa commistione avrebbe trasformato la Rsa in un focolaio. Oltre alla delibera dell’8 marzo i magistrati dovranno verificare se ci sono state omissioni e mancanze nelle gestioni interne. Le testimonianze che arrivano da molte Rsa attraverso lavoratori che hanno deciso di parlare e familiari raccontano, nei casi più gravi, di referti occultati, mancata trasparenza verso i parenti, indicazioni rivelate errate, come quella di non indossare le mascherine per non allarmare ospiti e familiari.

Solo la Procura di Milano ha aperto 12 inchieste su altrettante Rsa del milanese. «Siamo impegnati a combattere il virus e a proteggere i lombardi, massima collaborazione verso chi svolge le indagini» ha commentato il Presidente lombardo Attilio Fontana, che poche ore dopo la visita della Guardia di Finanza negli uffici regionali ha detto che la Lombardia è pronta a tornare alla normalità. Dal 4 maggio la Regione chiederà al Governo di dare il via libera alle attività produttive nel rispetto delle «Quattro D», ha scritto in una nota. Le quattro «D» sono: distanza, dispositivi, digitalizzazione e diagnosi. La realtà però parla ancora di oltre 200 decessi al giorno e oltre mille positivi. Con i numeri reali schizzati alle stelle.

Ancora ieri il Sindaco di Bergamo Giorgio Gori sottolineava come i decessi nella bergamasca siano aumentati del 370%. Anche a Milano il numero dei decessi reali è in aumento, segno che la città sta affrontandoo in questi giorni una fase molto delicata. Ieri l’assessore ai servizi civici Roberta Cocco ha fornito i dati di marzo e aprile. Nel marzo 2019 c’erano stati 1.224 morti in città, quest’anno 2.130 (+906). Nei primi dieci giorni di aprile i decessi sono stati 825, con un aumento di 473 rispetto a un anno fa. A conferma della distanza tra Regione Lombardia e realtà, l’Azienda Sanitaria di Milano ha inviato a tutte le case di riposo del territorio milanese una comunicazione per avvisarle che i tamponi dovranno recuperare da soli. «La fornitura dei tamponi deve essere autonoma» ha scritto l’Ats in una comunicazione. «Dopo la fornitura iniziale dei tamponi effettuata al fine di consentire l’inizio in emergenza delle attività si rimanda alle singole Rsa l’approvvigionamento dei tamponi, così come dei dispositivi di protezione individuali necessari». I tamponi mandati in provincia di Milano sono 2 mila, un numero decisamente inferiore al numero di ospiti e personale delle Rsa.

Il Governatore lombardo Fontana ha parlato di «via lombarda alla libertà» a proposito della possibile riapertura dal 4 maggio. Un’espressione che suona particolarmente infelice nella regione con più morti per Covid al mondo. Lo ha ridimensionato Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: «La Lombardia è il pilota di quanto accadrà nelle altre regioni, dovrà essere estremamente cauta e valutare sia rischio che protocolli per renderlo pari a zero: stato di salute dei lavoratori, classe di età a rischio, quale stato immunitario e suscettibilità al contagio e rischio esterno al posto di lavoro».

di Roberto Maggioni

da il Manifesto del 16 aprile 2020

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