Leoni da tastiera o solo stronzi?
No, noi non siamo come voi. Siamo meglio.
Ma che persona sei? Chiedetevelo, ponetevi un po’ questa domanda, contate fino a 10, 20, 10.000 se serve a farvi attivare il cervello per un minuto prima di poggiare le dita sulle vostre tastiere.
Sì, perché il boom di commenti da voltastomaco che sui vari portali social ha accompagnato la notizia del rapimento, avvenuto l’altro ieri sera, della ventitreenne milanese Silvia Costanza Romano, volontaria che operava in Kenya attraverso la Onlus Africa Milela, fanno tristemente, vergognosamente eco e sono se possibile ancora più intollerabili di quelli aizzati da Matteo Salvini contro le ragazze scese in piazza contro il suo Governo e le sue modalità di comunicazione e azione (politica?), modalità che sembrano essere in grado di risvegliare tutta la beceraggine latente nel nostro Paese.
Ricostruendo brevemente i fatti, nella serata di lunedì a Chakame, un villaggio isolato sulla costa del Kenya a circa sessanta chilometri da Malindi, tre assalitori armati di kalashnikov hanno fatto irruzione a bordo di un furgone seminando il terrore tra gli abitanti e ferendo diverse persone tra cui diversi bambini. Dopo essersi fatti dare soldi, entrati nella casetta di Africa Milele, pare che abbiano espressamente chiesto dove si trovasse “la straniera bianca”, che hanno portato con loro, non è chiaro se per avere una garanzia di fuga o ai fini di richiedere un riscatto.
Istruttrice di ginnastica artistica a Milano, la stessa Silvia ha raccontato sui propri canali social come in seguito a un viaggio in Kenya avvenuto quest’estate, durante il quale ha fatto un’esperienza di volontariato nell’orfanotrofio del villaggio di Likoni vicino Mombasa, avesse avviato una raccolta fondi online per ampliare la struttura in modo che potesse accogliere un numero maggiore di bambini che vivono attualmente nella discarica di Mombasa. Un mese fa, aveva poi fatto ritorno in Kenya con l’obiettivo di recarsi nel villaggio di Chakama come referente di Africa Milele, per prendersi cura dei bambini del villaggio che ancora non è dotato di nessuna struttura ricettiva a loro rivolta.
Si ritiene che gli autori dell’irruzione e del rapimento possano essere pastori Orma o jihadisti della cellula keniota di Al-Shabaab. Nel primo caso, si tratterebbe di membri di un gruppo di pastori semi-nomadi di religione musulmana messo a dura prova dalla siccità che ha colpito la regione a causa dei cambiamenti climatici, che ha iniziato a compiere rapine e sequestri in cerca di soldi. Ricordiamo per esempio quanto accaduto alla scrittrice italo-keniota Kuki Gallmann lo scorso anno, salvatasi per miracolo dopo essere stata ferita gravemente nella sua tenuta nella contea di Lakipia. Nel secondo caso, si seguirebbe invece la pista del fondamentalismo islamico, riconducendo l’azione al gruppo terrorista di matrice qaedista somalo responsabile degli attentati al centro commerciale Westgate di Nairobi e al campus dell’Università di Garissa, nel Nord del Paese. Ricordiamo che il Kenya si trova in prima linea nella lotta al terrorismo dall’ottobre 2011, quando è stata avviata la prima offensiva militare in seguito al sequestro di alcuni turisti stranieri. L’unità di Crisi della Farnesina sta lavorando ora in stretto contatto con l’Ambasciata d’Italia a Nairobi e con la famiglia della cooperante per ritrovare la ragazza.
Ora, i commenti di cui sopra riportavano profonde analisi sulla questione, del calibro di “Se l’è cercata, tenetevela!” o “Lo Stato non deve pagare per una scriteriata in cerca di emozioni forti!”. Signora Fanny, ci domandiamo perché invece noi dovremmo pagare per una sua eventuale pensione, ad esempio. O anche semplicemente perché dovremmo condividere il nostro ossigeno con lei. “Con tutti i poveri italiani che vivono in strada, dormono nei cartoni e non hanno cibo…Poteva restare qui e occuparsi di aiutare loro! Certo la bontà in casa propria non paga”. Gentile Patrizia, vada a cercare sul dizionario il significato della parola “volontario”. O forse intende dire che aiutare i “poveri italiani” non dà la stessa soddisfazione di aiutare i bambini africani? Non so, ce lo dica lei, che sicuramente ne avrà esperienza. Per non parlare della speranza di un altro genio “che quei selvaggi le insegnino le buone maniere sessuali”.
E qui non possiamo non fare rimando agli insulti gratuitamente sessisti che sono stati rivolti, su gentile e nemmeno tanto indiretto sollecito del Ministro degli Interni, ad alcune ragazze che venerdì scorso a Napoli e a Milano hanno manifestato in piazza proprio contro le derive fasciste, razziste, misogine e ignoranti verso cui ci sta trascinando questo Governo. Commenti che hanno riecheggiato la vicenda di Desirée Mariottini, ma anche di Carlo Giuliani, episodi di violenza che hanno portato alla morte di giovani colpevoli di vivere tutto il disagio che questa società ci regala o di scegliere di non essere indifferenti e di dichiarare il proprio dissenso. E questi sono i rimandi più acculturati che sono emersi tra un “Cosa ci mettiamo in quelle boccucce” e un “Quelle due della foto al centro sembrano brave a far b….”. Non sarà che forse, cari signori, i maniaci siete prima di tutto voi? E ci auguriamo ardentemente che il signor Silvano, che si domanda se “il sogno nel cassetto di queste oche spelacchiate è un uccellone nero che le farà schiave”, non abbia una figlia (o un figlio) soggetta alla sventura di crescere con un padre che ha una tale considerazione delle donne (ma, probabilmente, anche degli uomini) che non la pensano come lui, che probabilmente a pensare non è poi così avvezzo.
Certo, sicuramente Salvini sfrutta in maniera vergognosa (e non è né l’unico né tantomeno il primo) per un esponente del Governo la possibilità di comunicazione e istigazione dei propri elettori permessa dai social, ma attenzione. Se Salvini è dove si trova oggi e ritiene che questa forma comunicativa sia proficua (e, ahinoi, lo è), non è certo per colpa di uno scherzo del Fato. Siamo noi. Noi, che nel nostro disagio quotidiano troviamo l’unica consolazione possibile nell’insultare e disprezzare l’altro, il diverso e il più debole (sia donna, migrante, semplicemente un essere umano che non la pensa come noi, o piuttosto, che a differenza di noi pensa e agisce di conseguenza).
Anzi no, non siamo noi. Noi non abbiamo niente in comune con gente come voi, se non la sfortuna di dover condividere lo stare nel mondo. Anzi, da militante, e anche da donna, credo di parlare a nome di tutte dicendo che ci colpisce leggere parole come queste perché quella ragazze poteva essere una di noi, che scendiamo in piazza a manifestare nelle nostre città e che come volontarie siamo partite per terre lontane per aiutare i popoli oppressi, ridotti in povertà dal capitalismo di cui noi stessi ci nutriamo, piegati da guerre decennali grazie a cui i nostri Stati di provenienza si arricchiscono. Abbiamo viaggiato per aiutare i bambini poveri e soli, per sostenere famiglie decimate, per liberare le nostre sorelle dal fascismo religioso, per esprimere solidarietà e arricchirci di nuove esperienze, per conoscere nuovi amici e amiche.
Ci piacerebbe tirarvi fuori dalla vostra casa, da dietro le vostre tastiere e farvi ripetere ad alta voce commentando quanto avete avuto il coraggio di scrivere, magari davanti alla famiglia e agli amici di Silvia Costanza in pena per la sua sorte. Magari davanti anche alla vostra, di famiglia.
Ma per favore, non fatevelo domandare da noi che persone siete. Perché noi, con voi non vorremmo proprio doverci avere a che fare.
S_M
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cyberbullismo donne haters insulti razzismo sessismo social
Bellissima lettera che condivido completamente.grazie!