Positive al virus, 9 persone su 10 sono decedute

Quante delle oltre trentamila vittime italiane di Covid-19 si possono addebitare al virus come causa principale? Il tormentone ci accompagna sin dai primi giorni della pandemia.

Da un lato, è difficile spiegare le decine di migliaia di morti in più registrate nel 2020 rispetto all’anno scorso con motivi diversi dalla pandemia.

Dall’altro, il profilo delle vittime – per lo più ultraottantenni con altre patologie – fa venire il dubbio che molte di queste persone sarebbero morte in ogni caso, con o senza virus.

A chiarire la questione, ormai cinque mesi dopo l’inizio del focolaio italiano, arriva ora un rapporto elaborato dall’Istituto nazionale di statistica (Istat).

Solo due giorni fa, il primario di terapia intensiva del S. Raffaele di Milano Alberto Zangrillo sosteneva al quotidiano Il Tempo che anche le vittime di incidenti stradali, se positive al coronavirus, oggi vengono attribuite al Covid-19. Perciò, spiegava il medico, «in Lombardia nessuno muore per colpa del virus da almeno un mese».

Le cose purtroppo non stanno così. Stabilire le cause di morte è un’operazione più laboriosa di quanto racconti Zangrillo.

I ricercatori dell’Istat riesaminano le schede compilate dai medici al momento del decesso e classificano le cause di morte in base a standard internazionali. Il lavoro svolto finora sulle oltre trentamila schede di morte riferite a pazienti positivi al Covid copre circa il 15% del totale delle vittime.

Ma questa analisi preliminare mostra alcuni segnali chiari che smentiscono il medico milanese.

Il Covid-19 risulta essere la causa «direttamente responsabile della morte» nell’89% dei casi. Nel restante 11%, a causare il decesso sono state soprattutto le malattie cardio-vascolari (4,6%) e i tumori (2,4%), seguiti da malattie respiratorie, diabete, demenze e malattie dell’apparato digerente.

Il Covid è la causa principale della morte sia nei pazienti giovani che in quelli anziani.

Tra i 60 e i 69 anni di età spiega il 92% delle morti, ma anche sotto i 50 anni, dove contano maggiormente le altre patologie, il Covid risulta comunque determinante nell’82%.

Nel 28% dei casi il Covid ha portato alla morte anche senza altre concause. «Questa percentuale è simile nei due sessi e nelle diverse classi di età, con l’eccezione della classe più giovane (0-49 anni)», scrivono i ricercatori. «Tuttavia, è importante sottolineare che in circa un quinto dei morti di età compresa tra 0 e 49 anni non sono state segnalate concause e che quindi, secondo quanto riportato dal medico certificatore, COVID-19 è una malattia che può rivelarsi fatale anche in persone giovani».

Nel resto del campione, il 31% delle vittime aveva una concausa di morte, il 27% due e il 14% tre o più. Le complicanze di Covid-19 che più spesso portano alla morte sono la polmonite (79% dei casi) e l’insufficienza respiratoria (55%). Molto meno frequenti le altre complicanze fatali.

L’analisi dell’Istat è appena iniziata e queste percentuali andranno aggiornate con il progredire dell’indagine. Ma il campione studiato finora può essere considerato rappresentativo del totale delle vittime. I valori finali dunque non si discosteranno molto da quelli pubblicati ieri dall’Istat. È ragionevole affermare che senza il Covid-19 nove vittime su dieci oggi sarebbero ancora vive.

La ricerca metterà fine al dibattito tra chi minimizza l’impatto del Covid e chi invece consiglia cautela? Improbabile. Con il superamento dell’emergenza, il dibattito tra ottimisti e prudenti si è spostato dalle riviste scientifiche ai talk show estivi, dove una frase a effetto vale più di mille evidenze scientifiche.

di Andrea Capocci

da il Manifesto del 17 luglio 2020

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