Test in aeroporto, la Lombardia è ancora in ritardo

Risale il numero di tamponi e crescono anche i casi di coronavirus, ma in modo meno allarmante di qualche giorno fa. A fronte di quasi 54mila test (+80% rispetto a lunedì), i nuovi positivi registrati ieri sono stati 403, il 25% in più. I decessi sono 5. E mentre i pazienti in terapia intensiva rimangono stazionari a quota 56, nei reparti ordinari ci sono adesso 843 malati di Covid-19, 33 in più del giorno prima.

Veneto (60 nuovi casi), Lombardia (50) e Lazio (43) sono le regioni più colpite. Tra una regione e l’altra si rilevano notevoli differenze nella gravità dei malati. Nel Lazio, ma anche in Puglia, i pazienti ricoverati sono oltre il 16% dei casi positivi totali, cioè quasi tre volte la media nazionale (6%). In Lombardia, Veneto e Toscana, meno del 3%. Dato che il virus è lo stesso, la stranezza si spiega solo con protocolli sanitari applicati in maniera disuniforme da regione a regione.

Il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia ragiona su un possibile lockdown in futuro: «Nessuno può dirlo, ma mi sento di escluderlo», potrebbe però cambiare la strategia: «In caso di focolai potrebbero esserci delle zone chiuse».

Sono ancora numerosi i casi importanti attraverso le rotte turistiche. Dei 43 casi positivi del Lazio, 15 sono stati rilevati agli aeroporti di Fiumicino e Ciampino, «in prevalenza ragazzi in arrivo dalla Spagna» secondo l’assessore regionale alla sanità Alessio D’Amato. Quattro i positivi sui 97 passeggeri arrivati a Torino Caselle da Ibiza. Anche in Toscana, diversi casi risalgono ancora a un viaggio a Corfù.

Mancano i dati sugli arrivi in Lombardia, dove i test in aeroporto devono ancora iniziare. «Quanto ci vuole per far partire l’esecuzione dei tamponi in aeroporto anche a Malpensa e negli altri aeroporti lombardi?» chiedono i consiglieri regionali dem della Lombardia Carlo Borghetti e Gianni Girelli all’assessore regionale al welfare Giulio Gallera. «Non vorremmo che i lombardi che rientrano dalle vacanze fossero dirottati (o si recassero autonomamente) agli ospedali in cerca di tampone, rischiando di veder ripetere l’errore della Fase 1, quando le strutture ospedaliere diventarono loro malgrado luoghi di diffusione del contagio».

Il timore è più forte che mai a Bergamo, la provincia più martoriata al mondo. L’aeroporto di Orio al Serio, il terzo in Italia con 49 milioni di passeggeri nel 2019 e il primo per i voli low cost, è a cinque chilometri dal capoluogo. Il vicino ospedale di Seriate, in un giorno e mezzo, ha visto affluire già 900 persone per i tamponi obbligatori. Dal canto suo, Gallera addossa al ministero della salute, da cui dipendono gli Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera, il ritardo con cui a Malpensa apriranno le prime postazioni per i test.

Gli viene in soccorso la destra, che cerca di scaricare sull’immigrazione il rischio sanitario. La capogruppo di Forza Italia alla Camera Mariastella Gelmini parla con toni salviniani di «una nuova crisi sanitaria legata ai tanti positivi al coronavirus che senza alcun controllo arrivano quotidianamente nelle nostre coste».

Peccato che i dati dicano altro. Intervistato dal Corriere della Sera, Franco Locatelli del Comitato tecnico scientifico ricorda le cifre reali: «il 25-40% dei casi sono stati importati da concittadini tornati da viaggi o da stranieri residenti in Italia – spiega il medico – Il contributo dei migranti, intesi come disperati che fuggono, è minimale, non oltre il 3-5% è positivo e una parte si infetta nei centri di accoglienza dove è più difficile mantenere le misure sanitarie adeguate».

Si congela per ora la vertenza tra il governo e i gestori delle discoteche costrette alla chiusura dall’ultima ordinanza del governo. Ieri era previsto un incontro tra il ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli e l’associazione degli imprenditori del settore Silb Filp, poi saltato per volontà del ministro dopo il ricorso al Tar contro l’ordinanza. Secondo il presidente Maurizio Pasca, il ricorso potrebbe essere ritirato «se ci sarà un impegno serio per aiutare economicamente tutte quelle discoteche che non hanno più riaperto dal 23 febbraio». Ma dal canto suo il governo non riaprirà il tavolo fino all’esito del ricorso. Risultato: locali chiusi e nessun indennizzo in attesa del giudice.

di Andrea Capocci

da il Manifesto del 19 agosto 2020

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