Uomo o trofeo?

Un uomo 30 anni fa, viene condannato per un fatto commesso 40 anni fa.
C’è stato un processo, erano altri tempi, la maggior parte dei processi di questo tipo, veniva celebrato avvalendosi di pentiti, che in cambio della loro collaborazione e testimonianza si guadagnavano quasi subito la libertà.
Tutto regolare, nella rispetto della legge, a quei tempi la legislazione di emergenza consentiva questo e altro.
Questo uomo evade dal carcere, si rifugia all’estero e viene arrestato.
Fino a qui sarebbe un caso abbastanza banale, come ne capitano e ne sono capitati tanti, ma quell’uomo si chiama Battisti ed è diventato un simbolo, un modo per acquisire consensi e voti.

E a simbolo devono seguire i simboli, le azioni simboliche, due ministri che vanno ad accoglierlo in aeroporto, per fare cosa non si capisce, gli stessi ministri di quel governo che quando tornò la bara del povero Antonio Megalizzi, il giornalisti morto nell’attentato a Strasburgo non si fecero vedere e siccome al peggio non c’è mai fine uno si mette la felpa della Polizia e l’altro, presentatosi in borghese, il giorno dopo posta una foto in divisa da agente penitenziario.
Ma ai simboli devono seguire le parole, meglio se a caso e roboanti: “Deve marcire in carcere!”, “Non dovrà mai uscire neanche 15 minuti!”, “Finalmente abbiamo preso l’infame!”.
Frasi dette non dall’uomo della strada ma da ministri, deputati e senatori.

Ci sono poi le foto dell’arrestato mentre ha le manette, mentre dorme, mentre viaggia, speriamo di non vedere quelle mentre è in bagno…
Perché a questo punto non siamo più di fronte a un uomo, ma a un simbolo, da esibire come un trofeo.

Seguono le interviste ai familiari delle vittime, che comprensibilmente chiedono giustizia, chiedono che l’assassino dei loro cari sconti la pena, tutto questo umanamente ci sta, il rapporto fra vittime, loro familiari e imputati è molto complesso e in un certo senso vale tutto o quasi.
Ci sono poi le visite dei politici ai familiari, che si ergono difensori dei loro diritti.
Non può però sfuggire come la Ragion di Stato allora creò vittime di Serie a e di Serie b, perché le vittime dei pentiti si trovarono il loro assassino libero magari dopo pochi mesi, di loro non si occupa nessuno?

Ed allora servirebbe non strumentalizzare storie dolorose da qualsiasi parte si vedano, servirebbe ricordarsi delle vittime, dei loro familiari, ma anche che la dignità di una persona uno stato democratico la rispetta indipendentemente dal reato che ha commesso.

E servirebbe anche ricordarsi che della pena, della dignità delle persone, detenuti compresi, ne parla un libro, che molti politici non conoscono o hanno dimenticato, si chiama Costituzione e ancora dopo molti anni è un bel libro.

Avvocato Mirko Mazzali

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