Zona rossa nel Bergamasco, Gallera ammette: «Potevamo farla»

Le pressioni di Confindustria ribadite ieri da Marco Bonometti: giusto non averla fatta. La Fiom: terrificante.

Ora è costretto ad ammetterlo anche l’assessore Giulio Gallera: «Ho approfondito e effettivamente c’è una legge che lo consente». La zona rossa ad Alzano e Nembro, i due comuni della Val Seriana che già a fine febbraio avevano fatto segnare un picco di contagi, poteva essere decisa dalla Regione Lombardia. Ma le pressioni – fortissime – a partire da Confindustria per evitare l’isolamento hanno fatto attendere due settimane, aumentando a dismisura la trasmissione dell’infezione con numeri di morti altissimi in tutta la provincia di Bergamo.

La legge che istituiva il Sistema sanitario nazionale – la 883 del 1978 – all’articolo 32 «Funzioni di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria» al comma 3 recita: «sono emesse dal Presidente della giunta regionale (…) ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni».

Dunque lo scaricabarile con il governo della giunta Fontana non funziona: la Lombardia ha scelto scientemente di non chiudere quei comuni e le sole zone rosse decise – nei comuni del Lodigiano e a Vò Euganeo (Padova) – sono stati decisi dal governo.

La ricostruzione di quei terribili giorni è stata oggetto della puntata di Report di lunedì sera: perfino il sindaco di centrodestra di Alzano – lodato pubblicamente da Matteo Salvini per il suo operato il 29 marzo – ha accusato esplicitamente Confindustria di aver fatto pressioni «in quei giorni sono stato sommerso di telefonate per cercare di evitare la zona rossa: le stesse imprese ora dovrebbero farsi un esame di coscienza».

A conferma c’è anche un video del 28 febbraio che Confindustria Bergamo – guidata da Stefano Scaglia – pubblica in inglese per tranquillizzare: «Le nostre imprese non sono state toccate e andranno avanti, come sempre» e pochi giorni dopo l’hashtag #yeswework.

«La zona rossa tutti la davano per scontata – spiega Andrea Agazzi, segretario della Fiom di Bergamo – Noi da tempo stavamo contrattando con le imprese per fare accordi sulla sicurezza. Le pressioni di Confindustria Bergamo ci sono state e lo sappiamo. Ci sono imprese che non hanno mai chiuso come la Db, multinazionale svizzera che produce quadri elettrici industriali».

La trasmissione di Report ha prodotto sui social commenti molto pesanti contro Confindustria, molti utenti hanno accusato Confindustria di avere «centinaia di morti sulla coscienza». Da sindacalista Agazzi non se la sente di unirsi al coro: «Certamente Confindustria ha grosse colpe e forse, più di tenere le imprese aperte, la colpa maggiore è stata non chiudere la Val Seriana come zona di passaggio: la valle è lunga e ci passavano tutti moltiplicando i contagi. Però è anche vero che tutti noi abbiamo sottovalutato il virus all’inizio e che anche il governo poteva fare la zona rosssa ma ha scelto di stare con Confindustria».

Un mese dopo con «decine di lavoratori contagiati», con «tanti conoscenti morti a casa senza neanche essere stati sottoposti al tampone», Agazzi trova invece «terrificanti» le parole di ieri dell’ineffabile Marco Bonometti, presidente di Confindustria Lombardia – associazione meno forte dell’Assolombarda di Carlo Bonomi ma comunque importante – che in un’intervista a Tpi ha dichiarato: «Ai primi di marzo con la Regione ci siamo confrontati, ma non si potevano fare zone rosse , non si poteva fermare la produzione. Per fortuna non abbiamo fermato le attività essenziali perché i morti sarebbero aumentati». E ancora: «Le polemiche le facciamo alla fine», motivando l’alto numero di morti in Lombardia con «la presenza massiccia di animali, con la movimentazione di questi che ha favorito il contagio».

Il segretario della Fiom non usa mezzi termini: «Sono dichiarazioni da fuori di testa – attacca Agazzi – rivendicare quella decisione ora non ha senso».

Intanto i medici lombardi hanno contato almeno «7 errori» nella gestione dell’emergenza in regione. In una lettera la Federazione regionale degli Ordini di medici chirurghi e odontoiatri (Fromceo) denuncia «un’ evidente assenza di strategie nella gestione del territorio».

di Massimo Franchi

da il Manifesto dell’8 aprile 2020

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