Alternanza scuola-lavoro – “E anche oggi…mi pagan domani!”

14721749_990593544382476_7510314338900495210_nPresidio contro il lavoro volontario non retribuito domani, ore 17, in Via San Paolo.

Abbiamo bisogno di reddito e dignità, non di sfruttamento e promesse. Siamo una categoria ampia: dai riders di Foodora&co. pagati 2,70€ all’ora alle cameriere e ai camerieri che lo stipendio lo vedono all’orizzonte come un miraggio fino a chi è soggiogato dal ricatto e stage e tirocini nella speranza di un posto di lavoro. Siamo una generazione precaria. E ognuno di noi, almeno una volta nella vita ha vissuto una di queste esperienze sulla sua pelle.

Con la riforma della “Buona Scuola” viene introdotto il progetto dell’alternanza scuola-lavoro. Qual è il senso di tale iniziativa? Avvicinare gli studenti al mondo del lavoro. Ok, ma in che modo? Questa pratica, già presente negli istituti tecnici e professionali, è stata introdotta, con la legge 107, anche nei licei con 200 ore da svolgere nel triennio, prerogativa fondamentale per l’ammissione all’Esame di Stato. Lo svolgimento prevede la dislocazione degli studenti in aziende, in alternativa l’ingresso di enti privati all’interno delle scuole. Nel corso del passato anno scolastico, ci siamo impegnati nel monitorare lo svolgimento di tale misura. I dati parlano chiaro: l’alternanza scuola-lavoro (o lavoro gratuito) si rivela un ostacolo alla crescita formativa e personale degli studenti, togliendo tempo e strumenti allo sviluppo delle capacità critiche di cui necessita ogni studente o studentessa. Per cominciare in alcune scuole i progetti vengono svolti fuori dall’orario scolastico o addirittura durante le vacanze estive, diminuendo cosi il tempo per studiare e sviluppare le passioni di cui ogni studente ha bisogno. In secondo luogo i percorsi di alternanza quasi mai seguono quelli didattici: corsi di formazione aziendale, catalogando documenti e lezioni di formazione digitale non sono l’applicazione dei concetti appresi a scuola. L’alternanza perciò risulta essere una perdita di tempo e un costo per le aziende, qualora gli studenti non vengano impiegati in semplice mano d’opera gratuita. Infatti, spesso le aziende non riescono a formare in poco tempo 30 studenti alla volta, perciò preferiscono far loro svolgere lavori che non richiedano una particolare formazione professionale ad esempio facendo fotocopie o catalogando documenti. Tutto questo ci fa interrogare sul senso di tale politica scolastica ed al cambiamento che la scuola sta subendo negli ultimi anni. Vediamo una scuola funzionale al mondo dell’economia e del lavoro, una scuola che ha perso il senso critico e didattico in funzione di quello produttivo. Tutto questo è reale, lo vediamo ogni giorno quando provano a impedirci di riunirci in assemblea o di svolgere iniziative all’interno delle mura scolastiche. Non solo, oggi il lavoro ha perso tutto il significato intrinseco che lo ha da sempre caratterizzato. Lavorare oggi in una metropoli come Milano non è sinonimo di dignità, ma piuttosto di sfruttamento. Tanti giovani per permettersi gli studi necessitano di un lavoro salariato, in questo modo l’accesso allo studio universitario diventa “d’elite”. Lavori? Vuoi studiare? Impossibile conciliare le due cose.

Siamo gli studenti che ogni giorno stanno nelle aule e nei corridoi delle scuole, per cui vogliamo essere noi protagonisti della scuola, non i ministri, non le aziende, non i privati e men che meno i presidi manager.

Ci vediamo Mercoledi 26 alle 17 in via San Paolo davanti alla sala delle Colonne della Banca Popolare di Milano, luogo in cui quel giorno parleranno coloro che guadagnano sfruttando gli studenti, vogliamo prendere parola perché siamo noi i protagonisti della scuola. Ci vediamo inoltre l’11 Novembre nelle piazze e nelle strade di Milano. Sfruttatori stiamo arrivando! Passiamo al contrattacco! Perché un’altra vita è possibile.

Io non lavoro gratis

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