Automazione e lavoro
Il progresso tecnologico avanza, non chiede il permesso, si presenta e basta. E’ una realtà che la tecnologia, il braccio tecnico della scienza, abbia occupato un posto considerevole nell’attività e nella storia dell’uomo. Oggi siamo immersi in quella che viene chiamata “rivoluzione industriale 4.0”.
L’avanzamento tecnologico ha una caratteristica intensiva e pervasiva. Il XIX° secolo è stato il tempo della meccanizzazione dell’agricoltura, il XX° secolo è stato invece il tempo della meccanizzazione del lavoro in fabbrica e il XXI secolo si presenta come il tempo degli algoritmi, della robotica e dell’intelligenza artificiale.
Le macchine aiutano gli uomini e sostituiscono gli uomini. E’ una considerazione sensata affermare che molti lavoratori perderanno il loro lavoro a causa del processo di automazione spinto che caratterizza la civiltà del XXI secolo.
Molti economisti hanno glorificato l’Outsourcing (esternalizzazione di alcune fasi del processo produttivo) a partire dal 1982, e poi hanno continuato con l’Offshoring (delocalizzazione verso paesi stranieri) subito dopo il 1990. Innovazioni finalizzate all’efficienza del sistema produttivo e quindi portatrici di benessere per tutti. Ma la storia economica ha dimostrato che il beneficio non ha riguardato tutti i redditi e tutti i lavoratori. Ci sono stati settori produttivi che hanno subito un vistoso calo dell’occupazione. E nella dinamica tra vincitori e vinti abbiamo assistito ad un calo crescente dei salari.
Hanno esaltato anche la Sharing economy (economia della condivisione) quando ha fatto la sua comparsa sulle piattaforme tecnologiche della rete. Con il passare del tempo, i lavoratori si sono accorti che l’unica condivisione realizzata era la flessibilità dell’orario di lavoro e lo sfruttamento sistematico del lavoro. La “chiamata” e il “lavora quando servi” sono diventati il mantra di una nuova economia che assomigliava tanto all’economia di altri tempi, il tempo del primo capitalismo, quello dello sfruttamento brutale della forza lavoro.
C’è chi teorizza la “fine del lavoro” come conclusione della rivoluzione industriale che sta avvenendo a livello mondiale. Per alleviare la situazione sono state presentate molte ricette: più conoscenza e studio, alternanza scuola lavoro, centri per l’impiego, nuove organizzazioni del lavoro, formazione a vita.
C’è chi teorizza il “regno dei discount” in un mondo impoverito; lavoratori a reddito basso ed un esercito di disoccupati.
C’è chi teorizza il “latifondo digitale” in un mondo dove i lavoratori cambieranno spesso occupazione, dove saranno continuamente in attesa della chiamata.
Una cosa è certa. L’automazione che accompagna il cambiamento tecnologico ha aumentato la richiesta di professionalità qualificata e nello stesso tempo ha soppiantato i lavori di routine con le macchine. Questa tendenza ha reso ancora più evidente che la popolazione con minore istruzione ha pagato il conto della rivoluzione tecnologica e continuerà a farlo anche in futuro.
La robotica, il controllo computerizzato sono tecnologie che rendono obsoleti i lavoratori che svolgono compiti ripetitivi. Il lavoro dell’uomo diventa in questi casi inutile, una perdita netta. Le persone perdono il lavoro e dagli economisti questo fenomeno viene chiamato “disoccupazione tecnologica”.
La verniciatura a spruzzo, la saldatura, l’assemblaggio, la gestione magazzino sono ambiti dove l’automazione è penetrata in maniera significativa. I robots svolgono tutte le attività al posto degli uomini. Pallet, trasloelevatori, l’automazione logistica per lo stoccaggio e la distribuzione nell’industria farmaceutica. E’ un panorama composto da Lavoratori artificiali, molto affidabili, senza appartenenza sindacale e senza bisogno di pensione. Nel Parlamento Europeo esiste una risoluzione che propone di definire uno status legale per i robots, assimilandoli a “persone elettroniche”.
I lavoratori dei call center e dei contact server stanno subendo un drastico ridimensionamento a fronte dell’automazione nelle gestione delle pratiche di lavoro. L’utilizzo di applicazioni per soddisfare le richieste dei consumatori e la diffusione della RPA (Robotic Process Automation), tecnologia capace di soppiantare i processi ripetitivi, indicano un trend che si svilupperà su scala mondiale.
Operai, postini, taxisti, magazzinieri, telefonisti, bancari, commessi, agenti di commercio e di viaggio, addetti degli hotel e dei supermercati. Ecco un piccolo elenco delle professioni che lentamente saranno sostituiti da robot, App e siti web. Amazon, Airbnb, Booking, Uber, Foodora, Thredup, Foxconn sono i nomi di società che abbiamo imparato a conoscere e che fanno fruttare al meglio gli investimenti in tecnologia.
Nei supermercati le casse automatiche e la pistola laser per registrare i prodotti hanno superato la fase sperimentale. Muletti senza pilota operano nelle fabbriche. I servizi bancari possono essere gestiti online basta disporre di un pc o di uno smartphone, Da uno schermo touch screen si può ordinare cosa mangiare, comprare scarpe e vestiti, prenotare le vacanze, scegliere l’assicurazione dell’auto.
Anche nel campo della consulenza finanziaria avanza la nuova tecnologia dei robot advisor e delle piattaforme per gli investitori. Scenderà il numero dei consulenti e salirà quello degli Intelletti sintetici.
Si investe nell’hardware e nel software per ottenere il massimo di produttività e i bassi salari spesso accompagnano questo tipo di investimento. Crescono invece i compensi degli alti dirigenti che guidano il processo di rinnovamento all’interno delle aziende.
I bassi salari sono un indice importante che misura la diminuzione dell’importanza del fattore umano nell’attività lavorativa. Al contrario, i proprietari dei beni strumentali (tutte le risorse del processo produttivo), sono nelle migliori condizioni per ottenere una quota maggiore di profitto. I salari rimangono piatti mentre crescono profitti aziendali e spesa per le attrezzature tecnologiche.
I guadagni miliardari vanno alle aziende e agli investitori che dirigono il gioco, mentre i lavoratori perdono diritti, tutele, potere contrattuale e acquisiscono solo alta mobilità e precarietà.
Meno lavoratori e più produttività. Lo scenario non cambia, più profitti e meno reddito distribuito. Il mercato del lavoro del futuro non è roseo per quelli che restano in basso nella scala sociale mentre si presenta florido per un’élite globale che si arricchisce e poi nasconde i soldi nei paradisi fiscali per evitare di pagare le tasse.
Anche in passato ci sono state rivoluzioni tecnologiche che hanno cambiato profondamente la società. Quella che stiamo vivendo ha una caratteristica che le altre non avevano; la velocità. Il capitale finanziario si muove velocemente in tutto il mondo. Le transazioni finanziarie tra Wall Street e la City di Londra viaggiano in nanosecondi (un milionesimo di millesecondi). L’High Frequency Trading(trading ad alta frequenza) viaggia su macchine superveloci per agire sui mercati finanziari; azioni, opzioni, obbligazioni e strumenti derivati. Le imprese possono spostare la loro attività, in modo completo o parti di questa, in qualsiasi parte del mondo dove costa meno e in un tempo molto breve. Le imprese possono modificare i processi lavorativi con il supporto della tecnologia su scala globale.
Secondo alcune previsioni l’innovazione tecnologica, ormai inarrestabile, metterà a rischio sostituzione il 40% dei lavoratori nei paesi sviluppati. E’ la tendenza del nostro secolo; la tecnologia prende per mano il capitale e insieme tengono in basso i lavoratori facendo aumentare a dismisura le disuguaglianze di reddito.
Tag:
automazione lavoratori artificiali lavoro lavoro umano precarietà rivoluzione teconolgica robotica share economy tecnologia uomini