Attacco a tutto campo contro i curdi

Dalla rimozione dei sindaci dell’HDP alla prevista invasione del Rojava.

Due articoli del Manifesto del 27 agosto 2019.


Sindaci Hdp rimossi, nuove proteste e Chp solidale

Turchia. Non cessano le manifestazioni contro il commissariamento delle città municipali Diyarbakir, Van e Mardin. E nemmeno gli arresti. Il Partito dei popoli incassa la solidarietà dei repubblicani, mentre appaiono foto che mostrano il ministro Soylu accettare regali da oltre 100mila dollari da uno dei commissari.

Non si fermano le proteste per la rimozione di Adnan Selçuk Mızraklı, Bedia Özgökçe Ertan e Ahmet Türk, rispettivamente co-sindaci di Diyarbakir, Van e Mardin, eletti a marzo con il Partito Popolare Democratico (Hdp).

La polizia turca avrebbe innalzato barricate e utilizzato gas lacrimogeni contro la folla nelle tre cittadine situate nel sud-est del Paese e a Istanbul. Secondo quanto riportato in comunicato stampa dell’Hdp, in centinaia sarebbero stati fermati dalle forze dell’ordine, mentre una dozzina di manifestanti sarebbero rimasti feriti durante gli scontri.

«La questione legata all’inserimento dei fiduciari non è solo un problema di Mardin, Diyabakir e Van. È una questione che riguarda l’intera Turchia e il sistema democratico e legale», ha detto Mızraklı all’agenzia turca indipendente Bianet.

Solidarietà ai tre co-sindaci rimossi arriva anche dalle fila del Chp, che ha dichiarato che quanto deciso da Ankara «è un fatto politico e non legale». Domenica Ali Şeker, parlamentare del partito popolare repubblicano aveva incontrato a Diyarbakir Türk e Mızraklı .

«Lo scopo della nostra visita è quello di dimostrare che siamo dalla parte degli elettori e dei sindaci che hanno visto non rispettato quanto deciso alle urne. Si tratta di un problema che riguarda non solo la regione ma tutta la Turchia», ha commentato Şeker.

Intanto alcune fotografie apparse su Instagram lo scorso novembre e rilanciate in questi giorni dai giornali dell’opposizione mostrano il ministro degli interni Süleyman Soylu e il ministro dell’ambiente e dell’urbanizzazione Mehmet Ökzhakesi mentre ricevono regali da Mustafa Yaman per un totale di oltre 103mila dollari.

Yaman è uno dei fiduciari del governo scelti per rimpiazzare i tre co-sindaci accusati di collegamenti con il Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, inseriti da Ankara, Stati Uniti e Unione europea tra le organizzazioni terroristiche. Nessun commento ancora dai funzionari turchi.

di Melissa Aglietti

Erdogan lancia le sue truppe a est dell’Eufrate

Turchia/Siria. Il presidente, incassata la safe zone dagli Stati uniti, annuncia l’operazione a Rojava “molto presto”. Ma subisce le prime perdite: cinque generali, tra cui due responsabili dell’esercito in Siria, si dimettono.

Per annunciare il prossimo ingresso delle truppe turche a est dell’Eufrate, il presidente Erdogan ha scelto la commemorazione della battaglia di Manzicerta. Qui, 948 anni fa, i turchi selgiuchidi guidati dal sultano Alp Arslan sconfiggevano i soldati dell’impero bizantino, aprendo al dominio turco dell’Anatolia.

Altri soldati, quelli del «sultano» Erdogan, sono chiamati ad attraversare il fiume, che divide in due la Rojava curda, «molto presto»: «Che nessuno provi a testare la determinazione della Turchia», ha avvertito il presidente tra figuranti corazzati.

Ma a lanciare le truppe all’assalto del progetto di confederalismo democratico curdo non ci sarà il generale incaricato appena pochi giorni fa. Ahmet Ercan Corbaci, comandante responsabile della fanteria a Idlib, e il suo vice, Ertugrul Saglam, sono due dei cinque generali che hanno presentato le loro dimissioni, secondo quanto riportato ieri dai media turchi.

Di motivazioni ufficiali non ce ne sono, ma fonti interne citate da Middle East Eye e dalla turca Veryansin Tv, molto vicina alle forze armate, indicano nella contrarietà alla safe zone nel nord della Siria e nella distribuzione degli incarichi le ragioni del passo indietro.

Malumori per il piano avviato dopo il tanto atteso via libera Usa in un momento di estrema debolezza: un convoglio turco bombardato da Damasco e una delle 12 postazioni militari di Ankara a sud di Idlib circondata dai governativi.

Da cui l’emersione di un’opposizione interna per una mossa letta come inefficace a eliminare la presenza curda al confine e utile solo a tenere occupata un’opinione pubblica che facilmente si accende a richiami nazionalisti e allarmismi.

Pochi i dettagli sulla safe zone, a partire dalla sua ampiezza: i 10 km chiesti da Washington o i 32 pretesi da Ankara? Si sa che a gestire la zona cuscinetto sarà un centro congiunto turco-statunitense, già operativo. E, a sentire il ministro della Difesa turco Akar, le truppe Usa avrebbero già provveduto a distruggere alcune postazioni delle unità curde Ypg/Ypj.

di Chiara Cruciati

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