Corrispondenze dalla Palestina

Quello che i media internazionali NON dicono.

Provate a cercare. È davvero difficile trovare informazioni e notizie riguardo questi argomenti. Perché? Ovviamente perché da parte di tutta la comunità internazionale non c’è l’interesse a divulgare simili notizie. Non è permesso, altrimenti il fragilissimo equilibrio politico nei confronti di uno degli stati più forti al mondo, Israele, secondo solo agli USA, con cui va terribilmente d’accordo, potrebbe sprofondare.
Quindi meglio tacere su quante volte l’esercito viola leggi sui diritti umani, con le incursioni notturne nei campi profughi (già perché qui in Palestina quasi ogni città della West Bank ha annessi anche dei campi profughi, ormai dei veri e propri quartieri, dal 1948), dove vivono persone che sono state cacciate dalle loro terre di origine, che ormai costituiscono città dell’affascinante e florida Israele, come Haifa, Nazareth…
Ad esempio qualche notte fa, verso le 3 del mattino, l’esercito è entrato nel campo profughi di Deisheh, uno dei tre campi attorno a Betlemme, con l’obiettivo di arrestare un ragazzo di circa 20 anni, perché attivo politicamente. Il ragazzo però questa volta è riuscito a scappare, grazie anche all’aiuto della sua famiglia che si è messa a combattere contro il suo arresto.

E ancora i media internazionali tacciono su quanto potere possa assumere l’esercito israeliano in seguito ad un attacco nei confronti di un colono per mano di un palestinese: per cercare il responsabile, tutta la zona di Betlemme ha subito un aumento dei controlli, oltre i consueti check point, bloccando interi quartieri. E così succede che un gruppo di 14 ragazzi palestinesi, non più di 25 anni il più grande, durante le esercitazioni per l’utilizzo di strumentazioni per fare video, quindi macchine fotografiche e videocamere, vengano bloccati per più di 4 ore. Sono stati richiesti tutti i documenti di identità, sono state visionate più volte tutte le strumentazioni, intimidazioni verbali personali.
Ci tengo però a fare una precisazione: Israele porta avanti una politica di colonizzazione e occupazione, nonostante le leggi internazionali lo abbiamo proibito, su tutto il territorio della West Bank. E lo fa con la costruzione di colonie ILLEGALI, sottraendo più territorio possibile alle comunità palestinesi. Per incentivare l’aumento demografico nelle colonie Israele elargisce agevolazioni fiscali, soprattutto a chi ha molti figli, permette l’uso di armi da fuoco già in adolescenza per la legittima difesa, e garantisce un accesso ai servizi (acqua ed elettricità) molto facilitato.

Sempre in virtù di questa politica questa mattina, dopo un anticipo di avviso di sole 12 ore, alcuni negozi situati nel campo profughi di Shu’afat, a nord di Gerusalemme, sono stati rasi al suolo dai buldozzer. Questo campo profughi non viene gestito dal governo palestinese, e in nome della sua “illegalità” molto spesso è bersaglio delle politiche repressive del governo israeliano. Inoltre si trova troppo vicino alla Città Santa, oggetto di contesa, sempre più aspra, fra Israele e Autorità Palestinese. L’obiettivo è cancellare la “parte araba” della città, per renderla così il fiore all’occhiello dello Stato israeliano.

Tutte queste “piccole” informazioni sono molto difficili da reperire anche in internet, e il vero motivo è che Israele non ci tiene affatto a passare per il cattivo della situazione. Ma, come questi fatti ci narrano, sono tutte azioni portate avanti in nome del Sionismo, per impadronirsi una volta per tutte della Terra Promessa, promessa da Dio nel Talmud. Quindi chiunque ostacoli questo progetto è antisemita. Il progetto finale prevede un unico popolo nella Terra Santa, è per gli israeliani non si tratta di quello palestinese. Il fine ultimo è fare in modo che con le buone (ovvero da soli, a causa di frustrazione e sfinimento) o con le cattive (deportazione e incarcerazione) i palestinesi siano cancellati da queste terre.
Nonostante questa realtà sia molto chiara a tutti i palestinesi, sono ancora sempre la maggioranza quelli che scelgono di rimanere e combattere, con qualsiasi mezzo possibile (ad esempio mettendo al mondo sei figli) per la loro terra, per la loro libertà, per il loro diritto al ritorno!
Ad esempio è due giorni che l’intera comunità del campo profughi di Deisheh si prepara per il ritorno di un prigioniero, rilasciato oggi (mercoledì) 21 novembre 2018, dopo quasi 20 anni di carcere israeliano. Lui di anni ne ha poco più di 40. Si dà così inizio ai festeggiamenti!
Palestina Libera!

G_M

Il rigido controllo israeliano

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