Erdogan ri-perde Istanbul

Ekrem Imamoglu, dell’opposizione repubblicana kemalista, è il nuovo sindaco di Istanbul distanziando il suo avversario dell’AKP, il partito di Erdogan, di 700.000 voti.

Pochi forse lo sanno, ma la scalata al potere assoluto in Turchia da parte di Erdogan iniziò proprio il giorno in cui Silvio Berlusconi trionfava per la prima volta nelle elezioni politiche italiane…

Sì, perché se se l’uomo che avrebbe influenzato la politica e la società italiana per più di 20 anni trionfava nelle urne il 27-28 marzo 1994 proprio quel giorno Erdogan, espressione del Partito del Benessere di ispirazione islamista (sciolto dalla Corte Costituzionale turca nel 1998) vinceva le elezioni comunali a Istanbul iniziando una lunga e impressionante carriera politica.

Ieri, dopo più di 25 anni di potere incontrastato, Erdogan ha perso Istanbul.

A nulla è servito il colpo gobbo con cui il potere politico centrale dell’AKP ha fatto annullare le elezioni di marzo dove il candidato dell’opposizione laica e socialdemocratica aveva vinto con un margine risicatissimo.

Questa volta il candidato dell’opposizione Imamoglu ha vinto col 54% dei consensi staccando il candidato sponsorizzato da Erdogan Yildirim di 700.000 voti.

E che il Sultano si fosse reso conto che le sue scelte fossero un boomerang lo si era intuito visto che aveva diradato le sue presenza.

L’autoritatio leader turco perde quindi un grimaldello del suo potere: la città più grande della Turchia con i suo 16 milioni di abitanti e la gigantesca mole di affari che si porta dietro.

E che ci sia una parte, forse non maggioritaria, ma consistente della società turca stanca delle parole d’arroganza e di odio di Erdogan, delle sue misure repressive (migliaia e migliaia le persone nelle carceri) e della “questione curda” utilizzata come arma di distrazione di massa quando serve è evidente.

Erdogan, oltre ad aver perso Istanbul, non controlla neppure Ankara e Smirne.

Una dinamica del 21° secolo che vede le metropoli e le aree cittadine votare più “progressista” e la provincia votare più “conservatore” sembra dunque riprodursi anche in Turchia.

L’incredibile aumento della distanza tra i due candidati nelle due elezioni a soli tre mesi di distanza dimostra che moltissimi non hanno gradito l’annullamento con motivi risibili delle precedenti elezioni comunali.

Sembra che oltre al voto curdo molto sostenitori dell’AKP abbiano storto il naso di fronte a una manovra così sfacciata.

La vittoria delle opposizioni a Istanbul è un passaggio importante, ma una rondine non fa primavera. Va ricordato che Erdogan, dopo aver cambiato la Costituzione e vinto di un soffio il referendum su questa tematica nel 2017 (51% contro 48%) ha vinto le successive presidenziali del 2018 col 52% dei voti.

La crisi economica ha sicuramente inciso nel voto di quest’anno e forse anche una certa stanchezza della società turca verso l’aggressività in politica estera e il conflitto in Kurdistan, tanto è vero che, la più volte annunciata offensiva finale verso il Rojava non si è concretizzata.

Staremo a vedere cosa il Sultano si inventerà per rinsaldare il suo potere. Una cosa che ci hanno insegnato questi 25 anni è di non darlo mai per spacciato.

 

 

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