Fallimento Afghanistan
C’è stato un ragguardevole primato di morti e feriti nella guerra dell’Afghanistan: più di 100.000 morti tra gli afghani e 3.500 nella coalizione occidentale ISAF (Operation Enduring Freedom). Dopo tante bombe e combattimenti i Talebani sono riusciti ad aumentare la loro presenza e il loro raggio d’azione in vaste aree del paese.
La linea d’azione dei paesi occidentali, sotto la guida degli Stati Uniti, è stata quella di sostenere i governi al potere, aiutare le Forze di Sicurezza Afghane e sconfiggere i Talebani sul terreno militare. In questa ottica devono essere inquadrati i piani indiscriminati dei bombardamenti aerei che hanno causato molte vittime civili. Le bombe lanciate dagli Stati Uniti sono passate da 24 al giorno sotto la presidenza Bush a 30 sotto quella Obama e 121 con il presidente Trump.
Negli ultimi anni della guerra, in Afghanistan é aumentata anche la presenza dell’ISIS e sono cresciuti in tutto il paese i suoi proseliti e attivisti. La crescita di questa organizzazione ha creato diversi problemi sia al governo afghano che ai Telebani. Sono aumentati anche gli attentati di matrice terroristica.
Non tutti i paesi occidentali, l’Italia era uno di questi, che hanno partecipato alla missione militare avevano la stessa strategia, ma erano gli Stati Uniti a comandare sia sul piano politico che militare. Mentre nel 2018 Jens Stoltenberg, il segretario generale della NATO, affermava che nessuno metteva in discussione l’impegno militare in Afghanistan, in dicembre dello stesso anno il presidente americano Trump annunciava un probabile ritiro della metà del contingente americano.
Di questi giorni la notizia di un probabile accordo di pace con i Talebani. Sono passati 18 anni (6.325 giorni di guerra) dall’invasione americana dell’Afghanistan (i bombardamenti iniziarono il 7 ottobre 2001, a meno di un mese dagli attentati dell’11 settembre), e questo annuncio certifica il disimpegno militare degli Stati Uniti da quel paese. Dopo il fallimento dell’operazione di pacificazione del paese, la presidenza americana, prende atto della realtà sul campo e prende una decisione che cambierà le sorti del conflitto.
L’accordo, non ancora ufficiale, prevede l’accettazione del cessate il fuoco da parte dei Talebani in cambio del ritiro progressivo dei soldati americani. La fase politica, trattativa con il governo afghano e condivisione del potere, avverrà in un secondo tempo.
Dopo tante distruzioni, tanta retorica sull’esportazione della democrazia (!) e tanti dollari spesi, gli Stati Uniti sembrano aver capito che l’Afghanistan non si può conquistare per via militare. Quella che viene presentata come una ritirata è una palese sconfitta per la potenza a stelle e strisce. Ancora una volta nella storia, questo paese montuoso, si è dimostrato un territorio ostico per gli eserciti stranieri e ha confermato la sua fama di “cimitero di imperi”.
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