Guantanamo: la guerra contro gli scioperi della fame
Nonostante le promesse dell’amministrazione Obama, la prigione di Guantanamo rimane aperta, continuando a rappresentare una delle più gravi violazioni dei diritti umani “legalizzate” e “autorizzate” dall’opinione pubblica e dai governi occidentali.
Da qualche mese un’ondata di scioperi della fame senza precedenti ha coinvolto numerosi detenuti, facendo anche parlare del fatto che siano state adottate, a suo contrasto, pratiche di nutrizione forzata.
Nonostante questi provvedimenti, tuttavia, sembra che gli scioperi siano in aumento: Osservatorio Iraq in questo articolo parla di una diffusione a macchia d’olio di questa forma di protesta, e della rilevanza della pratica data da una petizione lanciata recentemente su Change.org, firmata da 150.000 persone.
Intanto, resta dubbia la sorte per 25 prigionieri di Guantanamo le cui condizioni di salute sembrerebbero molto gravi a causa dello sciopero della fame, ma il cui trasferimento in strutture sanitarie non è ancora stato effettuato da parte dei responsabili della gestione del carcere.
Le pratiche di nutrizione forzata sono al centro di un dibattito internazionale, faticando ad essere riconosciute e classificate come metodo di tortura. D’altra parte, le tecniche utilizzate nel corso dei dieci anni di vita di Guantanamo sono sempre state giustificate, nonostante palesemente associabili a tecniche di tortura (basti pensare al “water boarding” utilizzato spesso durante gli interrogatori).
Ai circa 160 prigionieri rinchiusi in questo “buco nero” ( molti di essi trovati in territorio afghano o pakistano e accusati a volte arbitrariamente di collaborazione coi reparti di addestramento, senza regolari processi né indagini) non resta che l’ultima forma di protesta possibile, quella sulla propria vita, sperando di riuscire a farsi sentire. Anche questo “diritto”, quello dell’autodeterminazione e della libera scelta rispetto alla propria vita, viene loro negato.
Mentre Al Jazeera pubblica un documento in cui viene spiegata la metodologia alla base dell’utilizzo della nutrizione forzata sui prigionieri in sciopero della fame, la petizione internazionale lanciata in queste ore non fa che aumentare i dubbi rispetto alle responsabilità non solo del governo Usa, ma anche di tutto il sistema internazionale (e del governo cubano, nel cui territorio si trova il carcere) nel mantenimento in funzione di questo luogo di tortura e violenza.
Si attende dunque di sapere cosa ne sia stato delle promesse fatte 4 anni fa dal governo Obama di mettere fine a una delle più vergognose pratiche di violazione dei diritti umani portata avanti e autorizzata dal mondo “democratico” occidentale.
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