Incontro a Milano con due attivisti e il sindaco di Masafer Yatta

Masafer Yatta è un’area che si estende per circa 36 chilometri quadrati, situata nelle colline a sud di Al Khalil (Hebron) in Cisgiordania.
I circa 2.800 palestinesi che la popolano sono distribuiti in dodici villaggi e, da molte generazioni, si dedicano all’agricoltura e alla pastorizia.
Tali villaggi sono localizzati nel territorio che prima dell’occupazione del 1967 sarebbe rientrato nello Stato di Palestina secondo la linea di confine “Green Line” prevista dall’armistizio del 1949.
Dopo gli accordi di Oslo, però, Masafer Yatta è venuta a esser situata nella cosiddetta Area C, cioè sotto il controllo sia amministrativo che militare da parte di israele.
All’inizio degli anni ’80, in spregio al diritto internazionale che proibisce l’espulsione di una popolazione dalla propria terra e l’uso della stessa per scopi di addestramento militare, l’esercito israeliano ha dichiarato “Firing Zone 918” il territorio di Masafer Yatta.
Tale destinazione d’uso, in realtà mal celava il vero fine che era quello di espellere i palestinesi dalle loro case e dalla loro terra per favorire l’espansione di insediamenti coloniali israeliani. D’altronde, lo stesso Sharon nel 1979 aveva “candidamente” parlato di zone per addestramento militare finalizzate, in realtà, a creare la riserva di terra per insediamenti ebraici, come da fonti disponibili presso l’Archivio di Stato di israele. Da allora, la gente di Masafer Yatta vive ogni giorno nell’incubo della minaccia di demolizioni, sgomberi ed espropriazioni.

Tra ottobre e novembre 1999, i militari procedettero all’espulsione di circa 700 residenti, evento che scatenò una serie di ricorsi all’Alta Corte di giustizia promosse da 200 famiglie di Masafer Yatta.
Nel marzo 2000, la Corte emise un provvedimento provvisorio che consentiva agli abitanti dei villaggi di tornare alle loro case e coltivare la loro terra in attesa di una sentenza definitiva.
Dopo alterne vicende, nel luglio 2012 israele informò la Corte di voler procedere alla demolizione di otto delle dodici comunità all’interno della Firing Zone, impattando sulla vita di oltre mille palestinesi. Nuovi ricorsi si opposero a tale volontà e l’Alta Corte vietò momentaneamente l’espulsione dei cosiddetti “residenti permanenti”, cioè già presenti nell’area all’epoca della creazione della Firing Zone.

Naturalmente, la vita a Masafer Yatta si è via via trasformata in un inferno dove ogni velleità di sviluppo e pace è stata umiliata con progressive restrizioni, minacce e agguati di ogni sorta da parte di coloni ed esercito. Alle famiglie palestinesi viene ripetutamente negato l’accesso alla terra, alle strade, alle fonti d’acqua ed energetiche, alle scuole, ai servizi medici e agli ospedali. Intanto, accerchiando i villaggi, avanza la cintura di avamposti e insediamenti israeliani illegali.
Tale contesto in cui si è verificata anche l’impossibilità di approvvigionarsi delle risorse primarie ha generato da parte dei palestinesi un’attività resistente tesa a garantire le minime necessità quotidiane con la realizzazione di fabbricati e infrastrutture indispensabili ma ritenuti abusivi dagli occupanti israeliani.
Martedi 21 marzo alle ore 18.30 si svolgerà un incontro al CSOA LAMBRETTA (via edolo, 10 – Milano), organizzato da GAZA FREESTYLE in collaborazione con ASSOPACE PALESTINA, dove saranno presenti importanti figure della storia di resistenza di Masafer Yatta:
Saranno presenti Nidal Younes, sindaco di Masafer Yatta, Eid Hazelin, attivista e fotografo, Haitham Abu Subha, dirigente scolastico.

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