A due anni dalla morte di Heval Barxwedan e Heval Agir, Martiri internazionalisti

Due anni sono trascorsi dalle morti di Heval Barxwedan e Haval Agir, martiri internazionalisti caduti sul fronte di Raqqa il 21 dicembre del 2016.

Con questo scritto, che ripercorre quelle giornate di dicembre,vorrei raccontare la storia dei due compagni, ma sopratutto di amici caduti esattamente due anni fa.
Uno scritto molto personale, che ho deciso di pubblicare proprio oggi, per tenere viva la memoria dei due compagni.
È importante tenere viva la memoria dei martiri internazionalisti caduti per difendere una rivoluzione sempre più in pericolo.

“Dovevamo andare sul fronte di Raqqa, in quelle settimane, era in corso l’operazione di avvicinamento all’ex capitale dello Stato Islamico.Esattamente il 21 Dicembre arrivò ad un compagno il video di un’attacco dell’Isis, il video durava 50 minuti e si vedevano i corpi di due compagni internazionali esposti come trofei, quei compagni erano
Heval Berxwadan ed Haval Agir.
Quando arrivai a Sulemania nell’agosto del 2016 la prima persona che conobbi fu Heval Berxwadan, un compagno inglese di soli 20 anni, venuto anche lui come me per unirsi allo Ypg. La prima cosa che ci unì molto fu che sia io che lui eravamo cuochi, nella settimana trascorsa a Sulemania insieme andammo in giro per ristoranti e mi porto pure in uno italiano.
Ci teneva che gli dicessi com’era la pasta cucinata a Sulemania.
Dopo una settimana di attesa, varcammo il confine insieme e il comandante dell’accademia ci mise nella stessa camera, insieme a Zana e un’altro compagno tedesco. Si scherzava sempre, si cantava e con quel poco di inglese che sapevo si parlava della guerra, delle proprie esperienze e quali percorsi politici ci hanno portato nel Nord della
Siria.

Era sempre di buon umore e ascoltava sempre musica curda, dopo aver terminato l’accademia ognuno di noi dichiaro’ in quale unita volesse andare. Heval Berxwadan, Zana, Robin e altri due compagni
dissero che volevano andare nel cantone di Kobane; io non volevo separarmi da loro, ma sapevo benissimo che con il mio inglese e curdo, con la poca preparazione militare non potevo andare in un’unita di movimento, in prima linea, questa scelta mi pesava molto ma decisi per un’altra unità. Dopo qualche giorno partimmo direzione Quamishlo, dove ci fermammo due giorni, in attesa delle macchine. Dopodichè il gruppo di Berxwadan, Zana e Robin partirono direzione Kobane, ci salutammo con Heval Berxwandan dicendoci “ci vediamo a Raqqa”…

La notizia della morte mi lascio senza parole, infatti non esistono frasi,parole o altro per descrivere il mio stato d’animo, di una cosa ero certo che Berxwadan e Agir erano morti, scoperto da un video in cui si festeggia la loro morte e con il loro corpo calpestato dai Daesh.

Agir un canadese di origini italiane era giunto in Rojava nel Giugno del 2016. Lo vidi arrivare in accademia con altri compagni, era di ritorno da Mambiji, non aveva partecipato all’operazione di liberazione, ma era andato dopo qualche giorno per tenere il fronte da eventuali attacchi.
La famiglia di Agir era originaria della Puglia, anche se non parlava italiano, qualche battuta la si scambiava insieme alle immancabili bestemmie. Dopo la formazione linguistica e ideologica iniziammo quella militare e heval Agir ci aiutò nell’addestramento. Agir aveva fatto già la formazione, per questo mentre si trovava all’accademia insieme ad
altri compagni ci addestrava un po’. L’addestramento era uguale a tutti gli altri fatti in precedenza, Agir partecipava molto volentieri all’addestramento, sempre contento e disponibile nell’insegnarci alcune tecniche militari. Io che già sapevo l’inglese pochissimo, ascoltare il canadese mi rendeva ancora più difficile capire, ma Heval Agir piuttosto
mi ripeteva le cose cento volte fin quando non capivo. Per questo lo apprezzavo molto, si vedeva che era contento di fare la formazione. Ogni tanto urlava “Italia, porco dio, Puglia, focaccia” e si finiva sempre con una risata.

Vedere le foto dei corpi di Heval Berxwadan ed Heval Agir cambiò molto le mie settimane successive. Se avevo riconosciuto il corpo di Berxwadan, quello di Agir era irriconoscibile, tutto gonfio pieno di polvere e con la pancia ricoperta di sangue, dopo qualche giorno capiì che era Heval Agir. Del gruppo di compagni internazionali partiti a
inizio ottobre verso Kobane, 4 erano morti e solo due si erano salvati.
Avrei voluto raggiungerli, vederli, salutarli, ma non e stato possibile.
In quei giorni pensavo molto, mi chiedevo “sono pronto per tutto questo dolore? E quando mi troverò al fronte mi
farò prendere dalla sete di vendetta? Sarò pronto a fare la guerra? “Troppo dolore e tristezza da colmare, “posso resistere a tutto ciò?”.
Credo che faccia più male il dolore e la sofferenza interna che lo scontro contro il nemico. All’inizio non te ne accorgi, infatti dopo un mese dalla caduta dei compagni iniziai a star male, vomito, mal di testa e insonnia, non tanto per gli scontri ecc, anche perché fortunatamente non ne avevo avuto, ma proprio per il dolore e la tristezza per la
caduta dei compagni e sopratutto per aver visto il video dell’attacco e i corpi di Berxwadan e Agir esposti come trofei, pensavo a quel video al volto tumefatto di Berxwandan, con la testa fracassata da un colpo di pistola che si era sparato per non essere catturato vivo. Erano quelle le immagini che mi giravano in testa e mi rendevo conto che non ero per niente pronto a tutto ciò, al dolore e alla guerra, perché noi occidentali non siamo abituati alla guerra non e la nostra quotidianità.

Paolo Azadi Pachino, volontario YPG

Fonte: http://agirebablisoke.wordpress.com

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