Rivolta in Bielorussia – Un’intervista

Il 27 agosto Radio Zeta AM ha intervistato Valeryia Sinkyevic sulla situazione in Bielorussia. Valeryia nasce nel 1987 a Minsk e si trasferisce in Italia all’età di 6 anni. Vive e studia a Milano, dove si laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali. Dal 2017 si sposta a Berlino. Attualmente lavora nella capitale tedesca come visual merchandiser, mantenendo un forte interesse verso la situazione politica e sociale degli Stati ex-URSS.

*** di ieri la notizia della sparizione dell’oppositrice Maria Kolesnikova. L’opposizione accusa del sequestro i servizi segreti militari. Il governo nega ***


Tu sei a Berlino adesso Valeria?
Sì.

Abbiamo visto che in questo periodo si sono sviluppate delle proteste in Bielorussia e ci piacerebbe capire un po’ meglio cosa succede e come si sta evolvendo la situazione. Ma prima dell’attualità vorrei fare un po’ un salto nella storia. La prima domanda che ti faccio è questa. Com’è uscita la Bielorussia dal crollo dell’Unione Sovietica? E’ vero che fu una delle repubbliche meno entusiaste nell’affrontare il nuovo corso?
Sì, assolutamente vero. In Bielorussia l’idea era di rimanere nell’URSS. Ci fu addirittura un referendum nel 1991 e nonostante bisogna sempre prendere un po’ con le pinze le percentuali da quelle parti l’82% dei votanti si era espresso per rimanere all’interno dell’Unione Sovietica. E infatti, tra la popolazione bielorussa c’era una forte componente anti-Gorbacev e anti-perestroijka perché si vedevano tutte queste riforme come importate dall’esterno. Riforme che nessuno aveva voluto. Il tutto nonostante il disastro di Chernobyl del 1986 che aveva colpito duramente il paese. La Bielorussia quindi si poneva fortemente contro le riforme per il libero mercato. Dopo il tentativo di golpe dell’agosto del ‘91 contro Gorbacev non ci fu più molta scelta e anche la Bielorussia si dichiarò indipendente senza troppa convinzione.

Nel 1994 come sale al potere Lukashenko? Qual’è il retroterra?
Lukashenko era stato eletto già nel 1990 all’assemblea nazionale del Partito Comunista. Lui era un direttore di un sovchoz, una fattoria collettiva. Aveva fatto degli studi d’agraria e anche degli studi pedagogici se non sbaglio. Non era mai venuto all’onore della cronaca prima degli anni Novanta. Appena eletto si pone a favore del cambiamento e contro la nomenklatura del partito che c’era ai tempi. Per spiegare la vicenda della Bielorussia va detto che, a differenza delle altre repubbliche sorte dal crollo dell’URSS, nel paese, fino al 1994, nell’attesa dell’approvazione di una nuova Costituzione, rimase al potere il Parlamento eletto ai ancora ai tempi dell’Unione Sovietica e quindi il Partito Comunista conservò il potere. Molte sessioni vennero mostrate in televisione, Lukashenko interviene spesso e diventa conosciuto. Viene messo a capo di una commissione contro la corruzione e diventa ancora più popolare. Nel 1993, rendendosi conto della contrarietà della popolazione alle riforme che introducevano il libero mercato, fece una sorta di marcia indietro diventando il difensore dei valori sovietici, ma sempre in contrasto coi “poteri forti” della vecchia nomenklatura. La sua strategia è quella di mantenere un forte controllo dello Stato nell’economia, ma cambiare il quadro delle forze politiche nel paese. Se volessimo fare un paragone con la politica italiana l’avremmo potuto paragonare ai 5Stelle. Nel ‘94 si candida ottenendo un grande successo in chiava anti-sistema sconfiggendo gli uomini della nomenklatura nonostante la pubblicità negativa dei media contro di lui.

Com’erano i rapporti della Russia, sia a livello di governo che di popolo?
Culturalmente e storicamente i paesi erano molto simili. A differenza di paesi baltici, Ucraina, Kazakhistan e repubbliche asiatiche dove, tra l’altro, cc’è una forte componente mussulmana, in Bielorussia mancavano le forti spinte nazionaliste che hanno contribuito al crollo dell’URSS. Una delle prime misure attuate da Lukashenko dopo la sua elezione fu quella di elevare il russo a lingua di Stato insieme al bielorusso, tanto che nel paese oggi si parla correntemente russo. Il bielorusso ormai è parlato un po’ come un dialetto. C’è un forte legame. C’è un unione doganale e la gente va a lavorare in Russia. Sin da quando ero piccola si parla di fare una moneta unica. C’è da dire che mentre negli anni Novanta c’era un rapporto di parità tra Lukashenko e l’allora Presidente russo Elstin con la Bielorussia che rispetto alla Russia godeva di stabilità e tranquillità, Putin ha subito cambiato rotta mostrandosi come “uomo forte”. Nei primi anni 2000 ci fu l’annuncio che l’idea di una moneta comune veniva accantonata. Rimaneva l’unione doganle e la collaborazione sulle forniture di gas che veniva venduto alla Bielorussia a prezzi molto convenienti. In Bielorussia passano dei gasdotti che vanno a nord verso l’enclave di Kaliningrad. E’ evidente che la Russia ha molti interessi nel paese, ma a differenza di quello che è successo in Ucraina, il popolo bielorusso non ha interessi contrari a quelli della Russia. Non c’erano quindi connotazioni geopolitiche. Forse le sta assumendo in questo momento perché Putin ha fatto delle dichiarazioni che non sono piaciute a chi sta scendendo in piazza. Pensate che inizialmente era Lukashenoko ad accusare l’opposizione di essere finanziata dalla Russia e di essere troppo vicina alle posizioni del Cremlino! Poi c’è stato uno switch nelle opinioni di Lukashenko nel post-elezioni e c’è stato un riavvicinamento a Putin dimenticandosi quali sono state le sue posizioni degli ultimi anni.

Quando e come inizia la crisi di Lukashenko?
Lukashennko ha sempre avuto un’opposizione, ma abbastanza ristretta rispetto alle grandi masse. Già nel ‘99 due oppositori sono spariti nel nulla e non si sa che fine abbiano fatto. Nel 2000 ci sono stati le seconde elezioni. C’era ancora un sistema multipartitico sviluppato, ma le opposizioni hanno deciso di boicottare le elezioni e col senno di poi non è stata una scelta felice. Dopo il 2000 il sistema partitico ha iniziato a morire. C’è sempre stata opposizione, ma non certo ai livelli attuali. A mio parere l’aumento dell’opposizione popolare al Presidente è stato determinato dall’ingresso nella politica di generazioni di giovani che hanno esigenze molto diverse da quelle delle generazioni precedenti. L’idea di stabilità durata 26 anni non interessa le generazioni più giovani. C’è una battuta che parla di “salari stabilmente bassi e prezzi stabilmente alti”. C’è stato anche un periodo di forte svalutaziine della moneta che ha tolto potere d’acquisto ai cittadini. Negli ultimi anni si è sviluppata una cultura e una socialità indipendente che un tempo non c’era. La vita di un giovane bielorusso era molto diversa da quella di un ragazzo occidentale. Oggi c’è una ricerca di qualcosa di diverso dalla consueta offerta statale. E’ un’opposizione spinta dalla parte più giovane della popolazione, ma è molto eterogenea. Il sentimento anti-Lukashenko stava aumentando da anni ed è esploso in questo 2020. I social hanno aiutando a rendere più evidenti i brogli.

Secondo te perché in tanti paesi ex-sovietici gli uomini al potere tentano di rimanerci “eternamente”?
E’ una cosa di cui mi capita di parlare spesso. C’è una parte di retroterra storico di quei paesi.
Si è passati dallo Zar all’URSS. Due sistemi che noi occidentali riteniamo “autoritari”.
Un altro elemento sottovalutato è che molte persone hanno paura del cambiamento perché nella storia di questi paesi il cambiamento è spesso stato sinonimo di dolore e molto sangue versato.
Tu pensa ai tempi della Rivoluzione. Lì c’è stata una terribile guerra civile e un’altrettanto tragica carestia.
Quando è crollata l’Unione Sovietica c’è stata una situazione di povertà diffusa e c’erano delle situazioni di pericolosità. Soprattutto nelle città c’era molta criminalità. Soprattutto in Russia.
Sia la Russia che la Bielorussia sono uscite da questo periodo di drammatica instabilità ancorandosi a Putin e Lukashenko e del resto, il Presidente bielorusso usa il “ritorno agli anni Novanta” come spauracchio.
Molti dicono: “Abbiamo già vissuto gli anni Novanta che sono stati durissimi. Ne siamo usciti con questi uomini. Perché cambiare e rischiare di tornare a quel decennio per poi doverne riuscire nello stesso modo?”.
Il passaggio di potere non è visto come una cosa “normale” e “tranquilla”.
La stabilità quindi è un valore da non sottovalutare per molti paesi slavi.

Il paese è compatto contro il Presidente? O c’è divisione tra provincia e città, come spesso capita?
Io ti pongo l’esempio di mia madre che è lì. Lei non ha parlato con una sola persona che avrebbe votato Lukashenko. E si parla di amici, taxisti, operai edili che le hanno fatto dei lavori in casa.
Lei non conosce nessuno che volesse votare o abbia votato Lukashenko. Loro però sono a Minsk.
Da quel che so però anche nelle città della provincia c’è stata mobilitazione.
Che sostiene espressamente Lukashenko sono gli apparati di sicurezza e la ampia burocrazia statale.
In queste settimane sono state organizzate manifestazioni di sostegno al Presidente portando autobus da tutti gli angoli del paese.
Queste manifestazioni, a differenza di quelle dell’opposizione, vengono mostrate in televisione.
La grande narrazione è che i sostenitori di Lukashenko sono persone serie, che lavorano e che non hanno né la voglia né il tempo di scendere in piazza a “combinare disastri”.
Da quel che ho visto io direi che al momento Lukashenko possa godere del sostegno di circa il 30% della popolazione. Non di più.

Ci racconti come si sono sviluppate le mobilitazioni e come si è scatenata la repressione?
Le mobilitazioni sono cominciate prima delle elezioni quando hanno arrestato il candidato che i sondaggi indipendenti davano per vincente: Viktar Babaryka.
Precedentemente avevano arrestato un altro candidato: Sjarhej Cichanoŭskij il blogger marito di Svjatlana Cichanoŭskaja che successivamente si è candidata.
A seguito di questi eventi è successo un evento importante ovvero che le tre persone che rappresentavano l’opposizione ovvero Cichanoŭskaja, Babarykae e Capkala, il terzo candidato, hanno deciso di unire le forze in sostegno della prima e hanno iniziato a fare campagna elettorale comune riempiendo le piazze con una partecipazione politica mai vista nel mio paese anche perché, dopo 26 anni con lo stesso Presidente, non c’erano grandi speranze di cambiamento.
Quando poi si è andato a votare agli osservatori indipendenti bielorussi è stato impedito, anche con la forza, l’accesso ai seggi. Allora si sono messi fuori dai seggi a contare l’afflusso di votanti ed è capitato spessissimo che se l’afflusso nelle scuole dove si votava era stato di 30 persone, i dati ufficiali affissi parlassero di 130!
Quando si è capito che i dati ufficiali davano a Lukashenko tra il 70 e l’80% dei voti le mobilitazioni e l’occupazione delle piazze è iniziata immediatamente.
Prima è stata schierata la Polizia antisommossa e successivamente l’esercito.
Sono state arrestate più di 7.000 persone spesso detenute senza poter contattare i propri avvocati.
Così le manifestazioni contro i brogli si sono trasformate anche in manifestazioni contro la repressione.
Le richieste dei manifestanti sono delle nuove elezioni senza Lukashenko e con un conteggio dei voti trasparente e provvedimenti contro chi ha condotto la repressione.

E’ vero che per la prima volta si stanno mobilitando anche i lavoratori e le lavoratrici?
Sì, tu considera che la Bielorussia si basa ancora sull’agricoltura e sull’industria pesante.
Quindi ci sono molte fabbriche.
Sono inziati gli scioperi.
A quel punto sono sono iniziate le minacce di licenziamento e i trasferimenti forzati.
Chi ha organizzato lo sciopero nella più grande fabbrica di trattori del paese è stato arrestato.
D’altro canto sono state fondate organizzazioni e casse di solidarietà per chi sciopera o per chi perde il proprio lavoro per motivi politici.
C’è un forte sostegno popolare verso gli scioperi.
Cittadini comuni si recano ai cancelli delle fabbriche al momento dell’ingresso in azienda.

Che prospettiva vedi per la Bielorussia? Vincerà lo status quo? Succederà come in Ucraina e il paese finirà nell’orbita dell’Occidente oppure c’è una vera prospettiva rivoluzionaria?
Come avrai capito io sostengo le proteste.
Uno dei passaggi obbligati però è che la Russia si tenga super partes non schierandosi con Lukashenko.
Altro elemento fondamentale è l’emergere di contraddizioni in seno al governo.
Adesso gli oppositori si stanno avvicinando all’Occidente tipo Polonia e paesi baltici.
Ma questo spostamento è stato provocato dalle ultime prese di posizione della Russia.
La gran parte della popolazione non ha nessun sentimento anti-russo e non ha intenzione di “staccarsi” come accadde con l’Ucraina.

Li stanno buttando nelle braccia dell’Occidente?
Sì. E potrebbe anche essere una strategia per poi intervenire militarmente contro la “minaccia straniera”. Del resto c’è un trattato militare di mutuo aiuto tra Russia e Bielorussia.
Per molti è incomprensibile come un uomo intelligente come Putin possa sostenere un personaggio che vola sopra le manifestazioni in elicottero e poi scende vestito con divisa e kalashnikov in mano seguito dal figlio quindicenne vestito e armato allo stesso modo.
Fino a quando Mosca continuerà a sostenerlo Lukashenko si sentirà un po’ come il “salvatore della Patria”.

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