Torna l’incubo nucleare?

Era l’8 dicembre 1987 quando il Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e il Segretario Generale del Comitato Centrale del PCUS Michail Gorbačëv firmavano a Washington il Trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) ponendo fine alla lunghissima crisi degli euromissili ed effettuando il primo passo verso una progressiva riduzione e controllo delle armi nucleari.

Reagan e Gorbačëv firmano, nel 1987, il Trattato INF

Era un mondo molto diverso da quello di oggi, ancora diviso in due blocchi. L’Unione Sovietica, definita solo qualche anno prima da Reagan “l’Impero del Male“, seppur in crisi, era ancora un potentissimo gigante militare e pochi prevedevano che dopo solo quattro anni il paese sarebbe collassato su se stesso. Il Patto di Varsavia, l’alleanza militare dei paesi dell’Est era ancora una realtà.

Ma facciamo un ulteriore passo indietro cercando di spiegare la vicenda degli euromissili.

Nel 1977 l’Armata Rossa decise l’ammodernamento del proprio arsenale di missili nucleari a medio raggio. Con “medio raggio” si intendeva la capacità di gittata che non minacciava direttamente gli Stati Uniti (a differenza di altri missili sovietici), ma impauriva i leader dell’Europa occidentale, primo tra tutti il Cancelliere della Germania Ovest Schmidt.

Nel 1979 la NATO deliberò l’installazione in Europa di più di 100 missili a testata nucleare da posizionare in Gran Bretagna, Italia e Germania Ovest.

Ai nuovi SS-20 sovietici si contrapponevano quindi i Pershing 2 e i Cruise dell’Alleanza Atlantica.

L’installazione degli euromissili generò un gigantesco movimento pacifista a livello mondiale, che per diversi anni scese nelle piazze chiedendo con forza di NON installare le armi nucleari in Europa.

In Italia, uno dei paesi dove il movimento pacifista fu più forte, il fulcro della battaglia anti-nucleare fu Comiso, base NATO in Sicilia dove avrebbe dovuto essere situata la quota italiana di missili nucleari a medio raggio.

Quella che si avviò in quei primi anni Ottanta fu una pericolosissima escalation che portò il mondo sull’orlo della catastrofe nucleare.

Pochi lo sanno, ma nell’autunno del 1983, si fu a un passo dalla guerra atomica. Il rischio fu molto simile a quello della precedente “Crisi dei missili” di Cuba del 1962.

La dirigenza sovietica era convinta che la NATO stesse preparando il colpo a sorpresa.

Fu quindi lanciata una gigantesca operazione di spionaggio e raccolta di informazioni chiamata RJAN che, coordinata da KGB e GRU (lo spionaggio militare sovietico), andò avanti dal 1981 al 1984 e il cui scopo era trovare eventuali conferme di un imminente attacco occidentale al blocco dell’Est.

Il massimo livello di paranoia fu raggiunto tra il settembre e la fine del 1983 a causa di due avvenimenti. L’abbattimento da parte dei sovietici di un aereo civile coreano – il Korean Air Lines 007 – entrato per errore nel loro spazio aereo e scambiato per un “volo spia”, che causò 269 morti e l’esercitazione “Able Archer” della NATO nel novembre di quell’anno, che Andropov e la dirigenza sovietica interpretarono come cortina fumogena per il primo colpo nucleare.

Copertina del Time del 1983

L’opinione pubblica viveva nella paura del conflitto, una paura che ebbe pesanti ripercussioni sull’immaginario collettivo con la produzione di una serie di pezzi musicali e film che parlavano dell’apocalisse nucleare e dello scontro Est-Ovest tra cui brani come Enola Gay, Vamos a la playa, “Spara Yuri” e “99 Luftballons” o film come “The Day After” o War Games”.

Dalla metà degli anni ’80 il vento cominciò a cambiare e la crisi del blocco sovietico portò alla firma di una serie di accordi che “misero in sicurezza” l’arsenale atomico per più di 20 anni.

In questi giorni la questione nucleare torna d’attualità in un relativo disinteresse però dell’opinione pubblica mondiale. Un disinteresse dovuto anche al fatto che almeno due generazioni nel frattempo sono nate e cresciute senza conoscere l’incubo della distruzione reciproca e totale.

Il presidente Trump ha accusato la Russia di aver messo in servizio un nuovo missile da crociera che può essere lanciato da terra e ha quindi annunciato la decisione di uscire dal trattato INF che prevedeva la distruzione di tutti i missili basati a terra con gittata compresa tra i 500 e 5.500 km.

L’Europa non ha voce in capitolo, in quanto il trattato INF è stato firmato da USA e URSS. La Russia sì, perché ha ereditato il trattato dopo la dissoluzione dell’URSS. Ma qualcosa é arrivato alla stampa internazionale; per l’Europa ha parlato il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, che ha accusato la Russia di mettere a repentaglio la sicurezza del continente europeo. E non poteva essere altrimenti, dal momento che la NATO é sempre stata un’appendice della potenza militare degli Usa. Mentre Federica Mogherini, Alta Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha rivolto un appello affinché il trattato sia preservato e rispettato da tutti.

La motivazione addotta dal presidente Trump, riconfermata dal segretario di stato Mike Pompeo e dalla Nato, é un’accusa che manca di prove concrete. L’addebito verso la Russia di aver sviluppato e schierato segretamente un sistema missilistico proibito non viene affatto documentato. Mentre al contrario è sotto l’occhio di tutti il costante e continuo allargamento della NATO a est (disattendendo le promesse fatte ai sovietici a fine anni ’80) tanto che volendo, gli americani potrebbero piazzare i missili tattici in paesi come i Baltici e la Polonia ovvero a pochi minuti di volo da Mosca. É invece molto plausibile che l’Amministrazione americana intenda rimettere in discussione questo trattato come ha già fatto con tanti altri (nucleare con Iran, commerciale con Cina). Gli Usa vogliono avere le mani più libere per contenere una Russia rinforzata dopo il crollo sovietico e una Cina, nuova potenza mondiale del XXI secolo.

Le tappe della progressiva espansione a est della NATO

Non dimentichiamo che i missili prodotti e messi in servizio dalla Cina possono colpire le basi americane stanziate nel Pacifico Occidentale. La Cina ha sviluppato missili intercontinentali, capaci di colpire il territorio USA, e bombardieri in grado di sganciare bombe nucleari multiple.

Gli Sati Uniti intendono muoversi nello scacchiere asiatico per bilanciare la potenza cinese. Hanno intenzione di schierare, in Giappone e Corea del Sud, i loro sistemi missilistici.

Ricordiamoci che nel 2021 scadrà il trattato New START (New Strategic Arms Reduction Treaty), siglato fra Russia e Stati Uniti nel 2010, e che prevedeva la limitazione delle armi nucleari per entrambi i paesi.

Il quadro mondiale é molto complesso perché oltre a Usa e Russia che detengono il 90% degli ordigni nucleari, ci sono altri paesi dotati di armamenti nucleari: Cina, Francia, Gran Bretagna, India, Pakistan, Corea del Nord e Israele. Poi ci sono i paesi interessati all’energia nucleare: Iran, Turchia, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti.

Gli armamenti nucleari costano cari ma la strategia militare, l’economia e le relazioni internazionali portano inevitabilmente verso una nuova corsa agli armamenti. Se i vecchi trattati riflettono il mondo delle superpotenze del XX secolo é realistico pensare che la responsabilità condivisa delle sorti del mondo porti ad un trattato per le armi nucleari che coinvolga tutte le potenze mondiali.

Non esistono armi nucleari tattiche per arrivare alla pace. Hiroshima e Nagasaki, quasi interamente distrutte dalla bomba atomica, sono rimaste un fatto dolorosamente circoscritto solo perché gli USA erano l’unica nazione a detenere la bomba atomica. Oggi il mondo si presenta molto più complicato e pericoloso. Occorre una politica all’altezza del XXI secolo.

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