Turchia – Giornata di ordinaria epurazione

14516549_1300075433345443_2212585846840533212_nIn Turchia l’ondata di arresti e sospensioni che è seguita al tentativo di Colpo di Stato del 15 Luglio sembra non avere fine. Martedì 4 Ottobre 12.800 poliziotti, sono stati rimossi dal loro incarico. In un breve comunicato pubblicato sulla loro pagina web la direzione centrale della Polizia turca ha dichiarato che questi poliziotti, di cui almeno 2.400 in posizioni di comando, sono sospettati di fare parte o di vere relazioni con Izmet, il movimento dell’Imam e magnate Fetullah Gülen, movimento ora considerato una vera e propria organizzazione terroristica (FETO) che avrebbe progettato il fallito Colpo di Stato del 15 Luglio.

Al movimento religioso facevano capo in vario modo diverse istituzioni: scolastiche, mediche, sociali, sindacali, e chiunque ne abbia fatto parte è un potenziale nemico dello stato. Da qui la destituzione di migliaia di poliziotti sparsi nelle 81 province del paese, che non avrebbero partecipato alla realizzazione del Colpo di Stato, come non lo hanno fatto i tanti insegnanti, magistrati, dottori eccetera che hanno perso il loro lavoro quando non sono in carcere.

Non hanno proprio niente a che fare con i Gülenisti invece la radio e la televisione nelle cui sedi la polizia, questa volta dall’altro capo della barricata, ha fatto irruzione nello stesso giorno. IMC-TV era una delle 12 televisioni, prevalentemente curde, la cui chiusura per motivi di sicurezza era stata decisa nel corso di un vertice a cui era a capo Erdogan in persona; questa televisione trasmetteva soprattutto programmi per l’infanzia in lingua curda. La revoca della licenza e l’ordine di chiusura è stato emesso anche per 11 radio; una di queste è Özgür Radyo, letteralmente “ Radio Libertà”. Attiva a Istanbul dal 1995 , questa radio ha inteso la libertà come la possibilità di dare voce in particolare a tutte le minoranze della Turchia, oppresse per qualsiasi motivo: religioso, etnico, sociale. Ed è cosi che per 21 per gli studi di Özgür Radyo sono passati armeni, curdi, aleviti, gay e lesbiche, transessuali, che hanno potuto parlare, mandare in onda i loro programmi, trasmettere anche nella loro lingua, quando ve ne era una.

Ho visitato gli studi della radio pochi giorni prima dell’arrivo della polizia, quando tutta la redazione già sapeva che prima o poi sarebbero arrivati e li stavano aspettando, giorno e notte, per resistere fino alla fine e farsi portare via con la forza gridando “Siamo i guardiani della libertà”. Le immagini drammatiche di una giornalista trascinata a terra per i capelli descrivono tristemente gli standard di democrazia della Turchia post golpe. Dove lo stato di emergenza promosso per tre mesi nei giorni immediatamente successivi al tentativo di Colpo di Stato, è stato proprio in questi giorni rinnovato. Per altri tre mesi quindi il governo potrà, fra le altre cose, disporre arresti e rimozioni per semplice decreto, senza il bisogno del via libera di un giudice. In questo modo fino ad adesso sono state incarcerate 32 mila persone e 70 mila sospese e messe sotto inchiesta. Interi settori pubblici come quello della giustizia e dell’istruzione sono paralizzati o rallentati, in combinato con la crisi economica la disoccupazione è in aumento; non si contano i mezzi di informazione, le pagine web, i blog e i social account che sono stati bloccati. Ali Erdogan, una nota scrittrice turca è in carcere dal 16 Agosto a Istanbul per la sua attività nel giornale curdo Özgür Gündem, e solo pochi giorni fa è stato arrestato anche il giovane scrittore e insegnante Murat Özyasar dopo perquisizione a casa sua da parte delle squadri antiterrorismo. Can Dundar, l’ex direttore del quotidiano Cumhurriyet, su cui pende una richiesta di 30 anni di carcere per aver pubblicato foto che testimoniavano il passaggio di armi all’ISIS, è fuggito all’estero, e a sua moglie è stato ritirato il passaporto per non permetterle di raggiungerlo.

L’impressione è quella di un quadro monolitico di repressione, un linea piatta priva di interferenze. Ma a tre mesi dal fallito golpe e dopo aver appoggiato Erdogan nella difesa della democrazia, il maggiore partito di opposizione sta mostrando scontento e preoccupazione crescenti, qualche timida manifestazione, tra sindacati e movimenti sociali, comincia a fare capolino. Non è dato sapere se e quando la paura lascerà spazio alla disperazione e le tensioni si manifesteranno. Ma la politica del terrore contro il terrore, a lungo andare può mostrare la corda.

Una nostra collaboratrice all’estero

Photo of Italo Rondinella

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