Antifa Fest 4.0 – Milano (12-13 marzo)
ANTIFA FEST 4.0
12-13 marzo 2022, via Sant’Abbondio 4
Milano
12/13 marzo 2022, Milano – Antifa Fest 4.0
Dopo le tappe di Roma, Bergamo e Genova, torniamo a discutere teorie e pratiche dell’antifascismo del XXI secolo!
Lo stato del mondo nella crisi perenne:
Le crisi, siano esse sociali, economiche, sanitarie o ambientali, sono ormai concatenate e continue, l’una prelude e prepara quella successiva: non si tratta più di contesti emergenziali delimitati, ma di un vero e proprio paradigma dell’emergenza diventato strutturale a questa organizzazione socioeconomica. Pertanto, non si parla più di crisi del capitalismo, ma di capitalismo della crisi.
La sindemia da Covid-19 non fa eccezione, iscrivendosi pienamente nel paradigma governativo che utilizza le crisi come terreno per la proliferazione e collaudo di strumenti di controllo e di assoggettamento della popolazione. Questo spietato meccanismo utilizza la paura come leva per schiacciare la popolazione nell’ansia costante, generando insicurezza e diffidenza verso tutto ciò che è altro da sé. Si producono così soggettività predisposte ad una vita individuale del tutto atomizzata.
Col sempreverde ausilio degli organi di stampa, si alimentano pulsioni xenofobe e confusioni semantiche, la colpa della povertà e dell’emarginazione è dei poveri e non una responsabilità ben precisa del sistema capitalista.
La diffusione perpetua di paura e diffidenza genera un bisogno indotto di sicurezza, rendendo ogni forma di controllo tollerabile se non desiderabile.
Questa ennesima crisi, rispetto a quella economica del 2008, presenta un elemento di novità: l’ascesa delle destre sovraniste alla guida di significativi movimenti sociali, in tutte le loro declinazioni internazionali. Infatti, nell’ultimo decennio, le varie organizzazioni neofasciste, con le loro istanze protezioniste e xenofobe, agitando il tema della sicurezza in chiave securitaria, hanno saputo proporre risposte false a problemi complessi e reali, alimentando una guerra fra ultimi anzichè una verticalizzazione del conflitto. In tutto l’Occidente l’opzione fascista è diventata così concreta, diffusa e desiderabile.
La rinnovata popolarità e consenso di cui godono le forze di estrema destra in tutta Europa impatta inoltre in modo rilevante sulle dinamiche di genere, sulla vita delle donne, sulle maschilità non conformi, sulle soggettività lgbtq+.
Lo vediamo in atto in paesi come la Polonia, dove le forze sovraniste sono al governo, ma anche in paesi come l’Italia, dove la vita delle donne e delle persone lgbtq+ è colpita ogni giorno da diverse forme di violenza in nome di politiche familiste. E’ innegabile il nesso tra queste ultime e le politiche migratorie attuali. Due decenni di campagne mediatiche, fondate sulla retorica “dell’invasione” e del “pericolo immigrati”, hanno permesso di giustificare leggi e azioni contro i migranti, coadiuvate da interventi più o meno conformi delle milizie identitarie delle formazioni neofasciste.
Infatti, gli stati nazionali e l’Unione Europea hanno trasformato l’Europa in una fortezza, nominando i fascisti loro cavalieri di frontiera e facendo diventare il mediterraneo un cimitero di persone. Il fascismo del III millennio, come anche quello storico, non rinuncia all’ideologia contro la contaminazione e il mescolamento delle cosiddette “razze”: sessimo e razzismo non sono un corollario del fascismo, ne sono parte integrante. Il sentimento di paura generato dai governi e che alimenta la diffusione di un microfascismo antropologico è lo stesso mega-meccanismo utilizzato per la gestione dell’emergenza pandemica. In questo senso la pandemia e la paura da essa generata è diventata un eccezionale dispositivo di controllo. Il governo della paura ha pressochè annichilito i conflitti di classe, che già avevano difficoltà a manifestarsi pre-pandemia, spostando ulteriormente l’attenzione ed il dibattito pubblico sulla gestione dell’emergenza. Nella gestione di questa emergenza le scelte politiche si giustificano in nome della scienza, le regole igienico-sanitarie si confondono con quelle dell’ordine pubblico e i cittadini sono trattati come pazienti. Ma la scienza, in questo modo, perde il suo carattere apparentemente neutrale e viene invocata come tecnica per svolgere una precisa funzione governamentale. In questo scenario caotico la democrazia si qualifica come “democrazia sanitaria”, in cui la tutela della salute viene gestita come problema di ordine pubblico. Si restringe sempre più il campo dei diritti e delle libertà individuali e l’emergenza sanitaria viene gestita nell’ottica dei processi di ristrutturazione e trasformazione di cui il sistema necessita per capitalizzare l’ennesima crisi.
Il virus esiste ed è pericoloso, ne siamo consapevoli. Invece in molti cavalcano strumentalmente il malcontento della classe media impoverita, alimentando e fomentando un caotico universo negazionista, antivaccinista e complottista. Un’internazionale nera, composta delle varie formazioni neofasciste europee e nordamericane, ha investito economicamente e politicamente su scala globale nell’intrigo complottista, strumentalizzando e contribuendo a far deflagrare un fenomeno già diffuso prima della pandemia. Una strategia volta a nutrire il sospetto e ad alimentare la diffidenza, a diffondere false credenze e assolute negazioni, per rispondere ad un bisogno diffuso di disvelamento di verità in un contesto sempre più incerto, confuso e perciò destabilizzante. Una ricca occasione per salire alla ribalta, costruita a regola d’arte, dal contorno vagamente antisistemico e ribellistico. Così le organizzazioni sovraniste hanno costruito la loro egemonia nelle piazze a livello globale, di cui hanno costituito la testa e l’ordine del discorso, definendone tempi, modi e luoghi. L’opzione sovranista appare così sempre più legata alla galassia complottista, una trama che diviene ormai ineludibile per tutte le realtà antifasciste che vogliono rimanere ancorate alla realtà del presente.
Dall’analisi di questa fase storica osserviamo che la progressiva e apparentemente inarrestabile frammentazione della società ci vede contrapposti gli uni agli altri senza margine di cooperazione. Questo è più evidente nelle periferie dei grandi aggregati urbani e nelle loro province, dove le relazioni tra persone, sopraffatte da ritmi di lavoro inumani e da una esistenza meramente volta alla sopravvivenza, sono attraversate da conflitti, anche violenti, ma mai verticalizzati verso i veri responsabili. Viene a disgregarsi così quella dimensione di socialità e di comunità, già travolta dalla globalizzazione.
Tale frammentazione si riflette poi anche nella vita politica istituzionale: nei parlamenti, non solo in quello italiano, non esiste più una maggioranza definibile. Lo spettro discorsivo politico è ormai talmente ampio e confusamente variegato che istanze, parole e attitudini di destra e di sinistra si sfumano fino a confondersi.
In questo magma di sfiducia verso le istituzioni, che perdono in autorevolezza ma non in autorità, in un panorama in cui destra e sinistra hanno molto in comune e poco a differenziarle, nella frammentazione e l’ atomizzazione sociale e lavorativa, l’unico collante sociale che resta, paradossalmente, è proprio la paura. Certamente noi non possiamo fondare su di essa il nostro agire politico, ma vediamo nel riconoscerla il primo passo per rompere l’ apatia del presente, per passare poi a combatterla in ognuno ed ognuna di noi, per riscoprire il coraggio di lottare per noi stessi e con gli altri.
Un’ ipotesi percorribile potrebbe partire da questo dato di frammentazione della società combinandolo con i nostri discorsi e le nostre pratiche politiche.
Se infatti da un lato le piccole comunità territoriali sono sintomo della lacerazione di un tessuto sociale vittima della rapacità del capitalismo, dall’altro esse sono spesso foriere di un modus vivendi altro, autonomo, basato sulla solidarietà e il mutuo aiuto dal basso. Sebbene questa opzione politica fatichi a delinearsi ed affermarsi come espressione di assoluta e totale autonomia, crediamo che il modo per trasformare la guerra civile latente orizzontale, tra classi subalterne, in una forma di conflitto verticale, verso le classi dominanti, sia organizzare i territori e i loro abitanti in comunità autonome, solidali, resistenti e perciò antifasciste.
Il complesso organizzativo dell’universo mutualistico e le soggettività che lo stanno attraversando, dalle Brigate ai Gruppi di Appoggio Mutuo, passando per le più diversificate esperienze territoriali, manifestano e, al tempo stesso, realizzano un bisogno generale di appartenenza a una comunità. Integrarsi in un’entità corale, identificandosi così in un “noi”, in cui ogni “io” possa inscriversi senza perdere la propria singolarità, sfruttando le proprie peculiarità come contributo alla collettività.
La cura verso gli altri e le altre è diventata pratica resistente contro lo sfruttamento e la discriminazione dello stato capitalista e neoliberista. Le comunità resistenti sono quindi un baluardo etico, politico e territoriale contro l’avanzare del mostro neoliberista; le cure particolari che confederate possono attaccare e sconfiggere il peggior virus della modernità: il capitalismo.
Nel solco di questi ragionamenti vogliamo continuare a dibattere, a confrontarci e costruire un discorso comune, che affini le risposte ai numerosi interrogativi che come compagni e compagne ci attanagliano quotidianamente. Solo lo sviluppo di un piano discorsivo e di una conseguente azione può portarci a edificare contropotere nei territori, a creare realtà alternative alla bruttura dell’odierno status quo. La bussola per orientarsi oggi può essere la costruzione di comunità territoriali antifasciste, antirazziste, antisessiste; ma questa evoluzione deve, per forza di cose, passare per un’elaborazione corale e armonica, pena l’autoisolamento.
Per questo vogliamo creare momenti ad hoc di analisi e discussione, nei quali affrontare sinceramente i nostri limiti, dai quali ripartire per provare coralmente a plasmare una nuova realtà, tutti e tutte insieme. Per continuare a camminare in sinergia, ognuno nei propri territori, con le proprie specificità, ma dandoci forza reciprocamente.
Vi aspettiamo a Milano il 12 -13 Marzo
Programma:
Sabato 12 marzo
12.00 – 14.00 benvenuto e accoglienza
14.00 – 18.00 plenaria di presentazione AF e discussione della traccia principale
18.00 – 19.00 momento GKN ( da integrare con loro specifica)
19.00 – 22.00 aperitivo + cena + djset
Domenica 13 marzo
10.00 colazione
10.30 – 13.00 tavoli di discussione tematici
13.00 – 14.00 pranzo
14.00 – 16 assemblea plenaria di chiusura lavori
Ospitalità:
Viene garantita l’ospitalità per gli ospiti nazionali e internazionali nelle due strutture di riferimento:
Zam (via Sant’ Abbondio 4 MIlano) e Baronata (via Faenza 12/7 Milano) gli spazi saranno comprensivi di servizi igienici, docce e riscaldamento.
Necessario portarsi sacco a pelo e materassino.
Necessaria la prenotazione per favorire la logistica e trovare le soluzioni più confortevoli.
Dato che invitiamo tutt i partecipant a restare (per chi può) fino al 16 marzo per poter partecipare al corteo in memoria di Dax, vi chiediamo nel caso di specificarlo così da organizzare gli spazi per le permanenze più lunghe.
Per prenotare scrivere a auroradice@protonmail.com specificando: realtà di provenienza (specificare in caso di singol*), città, numero di ospiti e eventuali richieste specifiche.
Logistica del festival:
tutto l’evento si svolgerà nell’area del centro sociale Zam (interno e parco esterno), le plenarie e gli eventi saranno all’esterno sotto a delle tensostrutture riscaldate, così da favorire la tutela della salute collettiva.
Due dei tavoli di lavoro verranno svolti all’interno dello spazio, mentre il restante sarà all’esterno sotto alle strutture.
Al vostro arrivo troverete tutte le indicazioni necessarie per potervi orientare nei vari spazi.
Accessibilità:
Zam si trova in via Sant’ Abbondio 4 Milano (Zona Sud Chiesa Rossa)
metropolitana: MM2 fermata Abbiategrasso (poi 5 minuti a piedi)
bus: 65 – 79
tram: 3 – 15
Adesioni:
in aggiornamento
Genova antifascista
Carpi antifascista – Carpi
Collettivo di fabbrica GKN – Firenze
LSOA Buridda – Genova
Partizan Scampia – Napoli
Azione Antifascista Roma Est – Roma
ASD Borgata Gordiani
Quarticciolo ribelle
GAM Gruppo di Appoggio Mutuo (LAC)
Marxpedia
Baia del re
ANPI Vigentina
Milano in movimento
Wellness press
Ram – restauro arte memoria
Memoria Antifascista
Partigian* in ogni quartiere
Collettivo Zam
De Gener Azione
Spazio 20092
GTA – Gratosoglio Autogestita
Comitato Autonomo Abitanti Barona
Rete Student Milano
Rosso si Spera
ANPI Stadera
Mutuo Soccorso Milano
Collettivo Lambretta
Brigata Lena-Modotti
Student* tsunami
Off Topic
Collettivo Kasciavìt
Coordinamento studentesco Azadì
Audry Anpi
Partito dei Carc
CSA Baraonda
Ecologia Politica
UNIT
ENG version:
March 12/13 2022, Milan – Antifa Fest 4.0
After the stages of Rome, Bergamo and Genoa, we return to discuss theories and practices of antifascism in the twenty-first century!
The state of the world in the perennial crisis:
Crises, be they social, economic, health or environmental, are now linked and continuous, one preludes and prepares the next: we are no longer talking about delimited emergency contexts, but a real paradigm of emergency that has become structural to this socioeconomic organization. Therefore, we are no longer speaking of a crisis of capitalism, but of a capitalism of crisis. The Covid-19 syndemic is no exception, but a phenomenon fully subscribing to the governmental paradigm that uses crisis to test on the population instruments of control and subjugation. This ruthless mechanism uses fear as a lever to crush the population in constant anxiety, generating insecurity and distrust towards everything that is other than self. In doing so, this mechanism shapes subjectivities predisposed to a complete atomization and with the evergreen help of the press, xenophobic impulses and semantic confusions are fed: the fault of poverty and marginalization is of the poor and not a precise responsibility of the capitalist system. This perpetual spread of fear and mistrust generates an induced need for security, making any form of control tolerable if not desirable.
This umpteenth crisis, compared to the economic one of 2008, presents a new element: the rise of sovereignist right-wing at the head of significant social movements, in all their international declinations. In fact, in the last decade, the various neo-fascist organizations, with their protectionist and xenophobic instances, shaking the theme of security in a securitarian key, have been able to propose false answers to complex and real problems, fuelling a war between those who are at the fringe of society instead of a verticalization of the conflict. Throughout the West, the fascist option has become concrete, widespread and desirable.
The renewed popularity and consensus enjoyed by far-right forces all over Europe also has a significant impact on gender dynamics, women’s lives, non-conforming masculinities and LGBTQ+ subjectivities. We see it happening in countries like Poland, where sovereignist forces are in government, but also in countries like Italy, where the lives of women and LGBTQ+ people are affected every day by different forms of violence in the name of familyist policies. The link between these policies and the current migration ones is undeniable.
Two decades of media campaigns, based on the rhetoric of “invasion” and “immigrant danger”, have allowed to justify laws and actions against migrants, assisted by more or less compliant interventions of identity militias of neo-fascist formations. In fact, the nation-states and the European Union have turned Europe into a fortress, appointing fascists as their border knights and turning the Mediterranean into a cemetery of people.
The fascism of the third millennium, as well as the historical one, does not give up the ideology against the contamination and mixing of the so-called “races”: sexism and racism are not a corollary of fascism, they are an integral part of it. The feeling of fear generated by governments that feeds the spread of an anthropological micro-fascism is the same mega-mechanism used for the management of the pandemic emergency. In this sense, the pandemic and the fear generated by it has become an exceptional device of control. The government of fear has almost annihilated class conflicts, which already had difficulty in manifesting themselves pre-pandemic, further shifting the attention and public debate on the management of the emergency. In the management of this emergency, political choices are justified in the name of science, health and safety rules are confused with those of public order and citizens are treated as patients. But science, in this way, loses its apparently neutral character and is used as a technique to perform a precise governmental function. In this chaotic scenario, contemporary democracy qualifies as an “health democracy”, in which the protection of health is managed as a problem of public order. The field of individual rights and freedoms is increasingly restricted and the health emergency is managed from the perspective of the restructuring and transformation processes that the system needs to capitalize on yet another crisis.
The virus exists and is dangerous, we are aware of it. Instead, many people ride instrumentally the discontent of the impoverished middle class, feeding and fomenting a chaotic universe of denials, no-vax and conspirators. A black international, composed of various European and North American neo-fascist formations, has invested economically and politically on a global scale in the conspiracy intrigue, exploiting and contributing to deflagrate this phenomenon already widespread before the pandemic. A strategy aimed at feeding suspicion and mistrust, at spreading false beliefs and absolute denials, in order to respond to a widespread need to unveil the truth in an increasingly uncertain, confused and therefore destabilizing context. A rich opportunity, built to perfection, with a vaguely anti-systemic and rebellious outline. This is how the sovereignist organizations have built their hegemony on the streets at a global level, of which they have constituted the head and the order of discourse, defining their times, ways and places. The sovereignist option thus appears more and more linked to the conspiracy galaxy, a plot that now becomes inescapable for all anti-fascist forces that want to remain anchored to the reality of the present.
From the analysis of this historical phase we observe that the progressive and seemingly unstoppable fragmentation of society sees us opposed to each other with no margin for cooperation. This is more evident in the peripheries of large urban aggregates and their provinces, where the relationships between people, overwhelmed by inhuman work rhythms and an existence purely aimed at survival, are crossed by conflicts, even violent ones, but never verticalized towards the real perpetrators. Thus the dimension of sociality and community, already overwhelmed by globalization, is disintegrating. This fragmentation is also reflected in institutional political life: in parliaments, not only in Italy, there is no longer a definable majority. The political discursive spectrum is now so wide and confusedly variegated that instances, words and attitudes of right and left are blurred to the point of confusion. In this magma of mistrust towards institutions, which are losing authority but not power, in a scenery in which right and left have much in common and little to differentiate them, in the fragmentation and social and work atomization, the only social glue that remains, paradoxically, is fear.
Certainly we cannot base our political action on it, but we see in recognizing it the first step to break the apathy of the present, to then move on to fight it in each and every one of us, to rediscover the courage to fight for ourselves and with others. A viable hypothesis could start from this fact of fragmentation of society and combine it with our political speeches and practices. If on the one hand small territorial communities are a symptom of the laceration of a social fabric victim of the rapacity of capitalism, on the other hand they are often harbingers of another modus vivendi, autonomous, based on solidarity and mutual aid. Although this political option struggles to emerge and assert itself as an expression of absolute and total autonomy, we believe that the way to transform the latent horizontal civil war in a form of vertical conflict, against the ruling class, is to organize the territories and their inhabitants in autonomous communities, supportive, resistant, and therefore anti-fascist.
The organizational complex of the mutual aid universe and the subjectivities that are going through it, from the Brigades to the Mutual Support Groups, passing through the most diverse territorial experiences, reveal and implement, at the same time, a general need to belong to a community. Resistant communities can be built integrating oneself into a choral entity, identifying oneself in a “we”, in which each “I” can inscribe itself without losing its own singularity, exploiting its own specifics as a contribution to the community. Caring for others has become a resistant practice against the exploitation and discrimination of the capitalist and neoliberal state. The resistant communities are therefore an ethical, political and territorial bulwark against the advance of the neoliberal monster. Communities that if confederated one another can attack and defeat the worst virus of modernity: capitalism.
In the wake of these arguments we want to continue to debate, to confront each other and to build a common discourse, which will refine the answers to the many questions that as comrades plague us daily. Only the development of a discursive plan and a consequent action can lead us to build counterpower in the territories, to create alternative realities to the ugliness of today’s status quo. The compass to orient ourselves today can be the construction of territorial communities that are anti-fascist, anti-racist, anti-sexist, but this evolution must, of necessity, pass through a choral and harmonious elaboration, otherwise we will be self-isolated.
For this reason, we want to create specific moments of analysis and discussion, in which we can sincerely face our limits, from which we can start again to try to shape a new reality, all together. Our aim is to continue to walk in synergy, everyone in its own territories and with its own specifics, but giving strength to each other.
We look forward to seeing you in Milan on the 12th and 13th of March
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