Appello in vista dell’imminente sgombero dell’occupazione abitativa degli ex bagni pubblici di via Esterle a Milano

Dopo lo sgombero di via Siusi di alcuni mesi fa e l’immediato intervento poliziesco contro il tentativo di occupazione di via Fortezza cui seguì un partecipato corteo di quartiere sull’asse di via Padova l’8 luglio arriva la notizia del rischio di sgombero imminente per l’occupazione di via Esterle. 

Questo l’appello di solidarietà.

Oggi, venerdì 25 agosto alle ore 17:00 inizierà una mobilitazione cittadina a difesa degli abitanti dello stabile comunale di via Esterle ai quali il Comune ha chiesto di liberare lo spazio per consegnarlo alla Casa della Cultura Musulmana che deve iniziare i lavori per la realizzazione della moschea.

Agli abitanti, lavoratori stranieri sottopagati con contratti di lavoro di breve durata, non è stata proposta alcuna soluzione abitativa alternativa nonostante da oltre un anno le persone che abitano nello stabile e la Rete Solidale Ci Siamo avevano chiesto all’Amministrazione di intervenire per evitare che nessuno finisse in strada.

Nella città di Milano nessun lavoratore con condizioni simili a quelle degli abitanti di via Esterle può permettersi di affittare una casa o una stanza sia nel mercato libero che in quello calmierato, ma neppure di accedere all’offerta di alloggi pubblici limitata alle famiglie con minori o alle persone più povere e fragili.

Per un lavoratore straniero questa condizione è aggravata da una politica razzista e discriminatoria che impedisce o rende difficile
la regolarizzazione, che favorisce forme di lavoro precario e sottopagato, che criminalizza l’immigrazione occultando le proprie responsabilità nello sfruttamento delle risorse dei paesi di origine di coloro che decidono di migrare.

Questa mobilitazione, con un presidio permanente davanti all’ingresso dello stabile di via Esterle, vuole essere un segnale chiaro e determinato di affermazione dei propri bisogni vitali contro qualsiasi accettazione passiva che ci viene imposta; vuole portare avanti e estendere il confronto e il lavoro collettivo iniziato prima dell’estate tra varie realtà cittadine che hanno
costituito una rete per il diritto all’abitare e sottoscritto una piattaforma di lotta.

L’ingresso dell’occupazione di via Esterle con lo striscione: “Insieme a questo posto il Comune vende anche gli abitanti”.

Breve cronistoria dei recenti avvenimenti

Negli ex bagni pubblici di proprietà comunale, in disuso da più di trenta anni, abitano da circa sei anni una quarantina di persone provenienti perlopiù dall’Africa centrale.

Nel mese di marzo dell’anno scorso (2022) lo stabile è stato messo a bando per destinarlo a finalità religiose e la gara è stata vinta dall’Associazione Casa della Cultura Musulmana di via Padova.

Subito dopo l’uscita del bando, la Rete solidale Ci Siamo, che ha sostenuto l’occupazione di via Esterle, si è attivata per incontrare
il Comune di Milano al fine di trovare delle possibili alternative abitative per tutte le persone che lì ci vivono.

I silenzi che sono seguiti alle nostre richieste di incontro e il segnale dato in occasione dei sopralluoghi in via Esterle, quando alle comunità religiose interessate al bando è stato concesso di visionare soltanto la parte dei locali non occupati come se la parte dello stabile con i suoi abitanti dovesse restare invisibile, hanno mostrato l’indifferenza del Comune.

Un’ulteriore conferma di questo atteggiamento si è avuta nel mese di maggio (2022) in occasione di una manifestazione pubblica davanti Palazzo Marino per chiedere al Comune di non alienare l’edificio o in alternativa di impegnarsi a trovare soluzioni abitative alternative. Anche allora nessuno rappresentate dell’Amministrazione comunale fu disponibile a incontrare una delegazione di manifestanti.

Così a metà luglio (2022) fu fatto un presidio all’interno degli uffici comunali di via Larga e ottenuto un primo incontro con l’Assessorato alla casa del Comune di Milano. Da quel primo colloquio ne sono seguiti altri, stimolati da altre manifestazioni che si sono rese necessarie di fronte al ritorno al silenzio da parte dell’istituzione comunale.

Il corteo di quartiere dell’8 luglio.

1.
Nel confronto con i diversi assessori e i vari dirigenti tecnici del Comune è sempre stata presente una delegazione composta da abitanti e attivisti, che ha ribadito le ragioni alla base di questo percorso di lotta.

Si è sempre detto che nessuno è contrario a una moschea a Milano, tanto più che la maggioranza degli abitanti è di fede musulmana, che nessuno è particolarmente affezionato ai vecchi e malandati locali di via Esterle, e che la permanenza in quegli spazi è dovuta principalmente alla mancanza di alternative abitative valide: trovarsi per strada senza un posto dove vivere comporta la perdita in un tempo breve del proprio lavoro e quindi anche dei documenti, in pratica significa tornare indietro di anni, quando si era appena arrivati in Italia.

La non contrarietà al progetto comunale è stata dimostrata nei fatti dando disponibilità ad accompagnare una delegazione di
tecnici della Casa della Cultura Musulmana all’intero dello stabile per effettuare dei rilievi tecnici necessari alla finalizzazione del bando, precisando che per organizzare quello ed eventuali ingressi futuri non era necessaria la mediazione della Questura di Milano che avrebbe spostato la questione dal tema abitativo a quello dell’ordine pubblico.

2.
Lo scopo degli incontri con l’Amministrazione comunale non era di chiedere una soluzione caritatevole né un’attenzione privilegiata ma quello di far prendere atto dell’impossibilità di accesso alla casa da parte di una gran numero di lavoratori, in particolare immigrati, con contratti a termine di breve durata, rinnovati a scadenza, e con salari bassi, di circa ottocento/mille euro al mese. Non si tratta di un aspetto marginale, ma di un problema ampio che riguarda la condizione lavorativa e abitativa di migliaia di persone che sono impiegate in settori strategici della più importante area metropolitana italiana.

Per questo motivo non è accettabile la criminalizzazione delle occupazioni abitative che in questi anni hanno rappresentato l’unica possibilità concreta di avere un tetto sopra la testa, degli spazi e dei servizi minimi per poter vivere dignitosamente, lavorare, rinnovare i documenti e mandare soldi alle famiglie nei paesi di origine.

Una criminalizzazione che era sottesa nell’iniziale chiusura al confronto da parte dell’Amministrazione comunale e che lasciava presagire l’ennesimo sgombero a sorpresa che non avrebbe dato agli abitanti nemmeno il tempo necessario a riorganizzare la propria vita, a trasportare le proprie cose, a trovare una nuova sistemazione provvisoria.

Esperienze che abbiamo già vissuto e subito una decine di volte in sette anni, l’ultima lo scorso marzo (2023) con lo sgombero dell’occupazione abitativa di via Siusi 12. Nei precedenti sgomberi come anche in quest’ultimo l’unica soluzione concreta è stata offerta dalla solidarietà degli abitanti di altre occupazioni abitative che hanno accolto e ospitato le persone e le famiglie buttate in strada affrontando così nuove difficoltà.

Il presidio davanti al Forum sull’abitare del Comune dopo lo sgombero di via Siusi.

3.
Nel corso degli ultimi incontri (maggio-agosto 2023) abbiamo fornito un censimento anonimo degli abitanti di via Esterle che riportava notizie sui dati anagrafici, la nazionalità, il permesso di soggiorno, il contratto di lavoro e il reddito medio annuo.

Una documentazione che era già stata inviata, come richiesto nel primo incontro con l’Assessorato alla Casa (luglio 2022), a
Milano Abitare – l’Agenzia per l’affitto accessibile del Comune di Milano, che sulla base di questa documentazione ci aveva comunicato che soltanto coloro che avevano un contratto a tempo indeterminato o determinato di un anno avrebbe potuto iscriversi alla suddetta Agenzia per ricevere informazioni sulle offerte di appartamenti a canone calmierati.

Nell’ultimo incontro avvenuto on line il 14 agosto 2023, in cui erano presenti Marco Granelli Assessore alla sicurezza, Lamberto Bertolè Assessore al welfare, Pierfrancesco Maran Assessore alla casa, insieme a una delegata della vicesindaco Anna Scavuzzo e a diversi dirigenti delle direzioni Sicurezza, Casa e Welfare, ci è stato detto che le uniche soluzioni trovate erano dei posti letto in alcuni pensionati e ostelli/alberghi individuati dal Comune, di cui però erano certi solo 4/6 posti presso il pensionato Belloni a 450 euro a persona, e la possibilità di rivolgersi al Centro di via Sammartini per le persone senza fissa dimora. Ma da una ricognizione che abbiamo fatto in
queste ultime ore i pensionati proposti dal Comune sono tutti al completo mentre i costi degli ostelli sono di circa 24-30 euro al
giorno e in molti casi prevedono una permanenza di solo una settimana.

Senz’altro più rilevante è stata la richiesta, più volte ribadita, di lasciare vuoto lo stabile di via Esterle entro fine agosto in modo da consentire l’ingresso dell’Associazione Casa della Cultura Musulmana dal momento che alla stipula dell’atto di cessione del diritto di superficie fra i due soggetti, avvenuta il 10 luglio 2023 (ma di cui siamo venuti a conoscenza solo il 31 luglio), il Comune si è impegnato a consegnare lo stabile libero da persone e cose entro trenta giorni, e che il periodo successivo al 10 agosto, giorno previsto per la consegna dei locali, rappresenta
una proroga concertata con la Prefettura di Milano.

Rete Solidale Ci Siamo
25 agosto 2023

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